Gli americani adorano vedere le loro istituzioni distrutte sullo schermo. Che sia a opera di alieni, zombi, meteoriti o altro, è una fantasia che non smettiamo di inseguire. Senz’altro indulgendo nelle proprie fantasie si diventa insensibili a esse. Il film è ambientato in una versione del presente in cui una combinazione di strategie di uomini forti e movimenti secessionisti ha fratturato gli Stati Uniti in varie fazioni armate e politicamente non specificate. Come e perché siamo arrivati qui non sembra importante per Lee (Kirsten Dunst) e Joel (Wagner Moura), due reporter di guerra, insensibili agli orrori che raccontano, diretti a Washington per intervistare il presidente assediato. Li accompagnano Jessie (Cailee Spaeny), una fotografa giovane e inesperta che ha il mito di Lee e un anziano reporter che vuole arrivare in prima linea. La mancanza di un punto di vista politico nel film è stata oggetto di critiche. Ma davvero vogliamo vedere un film che tenti di spiegare quale politica può condurre alla guerra civile? Mostrandoci in modo realistico come potrebbero andare le cose Alex Garland sembra più invitare alla riflessione che lanciare un grido di allarme. Non lo fa per suscitare emozioni ma per farci chiedere come mai non proviamo più nulla di fronte alle immagini della guerra.
Bilge Ebiri, Vulture

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Questo articolo è uscito sul numero 1559 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati