Una serie di scosse di terremoto ha colpito l’Afghanistan occidentale la mattina del 7 ottobre uccidendo almeno 2.400 persone, anche se le autorità taliban parlano di quasi tremila morti. Si stima che i feriti siano quattromila e gli sfollati nelle province di Herat, Badghis e Farah 1.400.

La provincia di Herat è stata la più colpita dal sisma di magnitudo 6,3 e dalle successive violente scosse di assestamento. Il distretto di Zinda Jan, a circa quaranta chilometri dal capoluogo, ha subìto i danni più gravi, con tredici villaggi gravemente colpiti. Fazulhaq Ahadi, che lavora nel mondo dell’informazione e vive a Herat, racconta che molti dei villaggi, se non sono stati rasi al suolo dal terremoto, sono stati comunque distrutti almeno per il 50 per cento. “Qui vivevano le persone più povere, in semplici case di fango”, dice Ahadi al telefono pochi istanti dopo una scossa di assestamento. Spiega che la devastazione nei villaggi di Zinda Jan è un esempio di quello che succede quando un disastro naturale colpisce un’area remota già segnata da anni di sottosviluppo e insicurezza. Durante il governo sostenuto dall’occidente a Zinda Jan scoppiarono molte autobombe, ci furono attacchi su strada ed esponenti del governo e delle forze di sicurezza furono uccisi. “C’erano aree raggiungibili solo dopo un’ora e mezza di tragitto sulle strade sterrate non asfaltata”, prosegue Ahadi. “Pensate a come si potranno trasportare i morti e i feriti”.

Nella provincia di Herat si continuano ad avvertire scosse di assestamento, e questo non fa che aumentare il senso di paura. A Herat Sayed Wesal Fahim, 23 anni, racconta che nelle due notti successive al sisma migliaia di persone hanno scelto di dormire all’aperto per non rischiare di trovarsi in casa durante una scossa. “La gente dorme per strada, vicino alle rotonde, nei parchi, purché non sia vicino a edifici alti”, spiega Fahim, che ha da poco abbandonato gli studi perché non poteva permettersi la retta.

Il disastro arriva appena un anno dopo un altro violento terremoto, di magnitudo 5,9, che aveva provocato almeno mille morti nelle province orientali di Paktika e Khost.

Soccorsi difficili

Iran, Pakistan, Cina, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Qatar hanno promesso al governo taliban un sostegno nei soccorsi. Ma, visti i tagli agli aiuti per l’Afghanistan decisi dalle agenzie internazionali, si teme che Kabul avrà maggiori difficoltà a soccorrere i feriti e gli sfollati rispetto al passato. Ad agosto l’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato un appello per raccogliere 125 milioni di dollari e poter continuare così a sostenere 33 ospedali nel paese. Nello stesso mese, il Comitato internazionale della Croce rossa ha dichiarato che avrebbe smesso di finanziare 25 ospedali gestiti dal governo, tra cui quello di Herat, la città con il maggior numero di feriti. Fahim ha visto con i suoi occhi l’impatto di queste scelte all’ospedale provinciale, che non serve solo Herat, ma l’intero Afghanistan occidentale: “È stracolmo, hanno dovuto visitare e curare le persone fuori, in giardino”.

Le aziende locali stanno cercando di fare il possibile, fornendo gratuitamente beni di prima necessità e medicinali. “Alcune farmacie private stanno distribuendo bende, garze e antidolorifici a chiunque sembri aver riportato ferite per il terremoto”, dice Fahim.

Il World food program, che non molto tempo fa aveva annunciato di dover tagliare gli aiuti per dieci milioni di persone nel paese, ha inviato squadre sul posto che hanno cominciato a distribuire biscotti ad alto contenuto energetico a settecento famiglie in tre distretti di Herat. In una dichiarazione online l’agenzia ha riferito di essere pronta “a raggiungere con generi alimentari o denaro fino a 70mila persone colpite dal terremoto”.

Il ministro dell’economia ad interim Din Mohammad Hanif ha promesso che i soccorsi per le vittime del sisma saranno al centro delle preoccupazioni del governo. Anche il ministero della difesa ha inviato soccorsi nelle aree più colpite. “L’intero governo è in quei villaggi, ma c’è molto da fare”, dice Ahadi, confermando che nella zona sono operative delle squadre che stanno facendo un buon lavoro.

Anche la popolazione civile si è mobilitata, arrivando da tutto il paese. “Questa gente è stata ignorata per tanto tempo”, continua Ahadi. “È bello sapere che ci sono persone che vengono a dare una mano”. La solidarietà verso i superstiti si è diffusa nelle grandi città. A Kabul, Hasibullah Popal, 32 anni, fa parte di un gruppo di ottanta persone che raccoglie denaro da parenti e amici in Afghanistan e all’estero per aiutare chi in questo momento è in difficoltà. “In caso di disastri naturali, soprattutto terremoti e inondazioni stagionali, cerchiamo di prestare soccorso”, spiega. Il gruppo ha raccolto più di mille dollari in 48 ore. A Jalalabad, capitale della provincia orientale del Nangarhar, alcuni giovani hanno allestito una tenda per raccogliere fondi. Murshid Khan Murshid, che dà una mano per organizzare i volontari, spiega che “tante persone vengono qui e danno quel che possono”.

Nel frattempo anche le celebrità e gli imprenditori del paese si stanno dando da fare per sostenere le vittime. La stella del cricket Rashid Khan ha dichiarato che donerà ai sopravvissuti i compensi delle partite della coppa del mondo che sta giocando in India. La sua fondazione ha anche lanciato una campagna di raccolta fondi. Ma ci vorrà molto tempo prima che gli afgani riescano a riprendersi, spiega Ahadi: “La gente ha paura e questa paura non passerà facilmente”. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1533 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati