Cultura Suoni
Land is inhospitable and so are we
Mitski (Ebru Yildiz)

Il settimo disco di Mitski è pieno di pedal steel, violini, cani ululanti e trombe tex-mex. Stavolta l’artista, acclamata come “la migliore giovane cantautrice americana”, suona come il fantasma vendicativo di Nancy Sinatra, mentre descrive un paese allo stremo. Nata in Giappone nel 1990 da padre statunitense e madre giapponese, Mitski Miyawaki ha vissuto in tredici paesi diversi. “Non mi sono adattata a nessuno di quei posti, ma mi sono sempre considerata americana”, ha detto nel 2016. Stabilitasi negli Stati Uniti a quindici anni, è rimasta traumatizzata quando ha capito che non apparteneva neanche a quel luogo. Oggi sta rafforzando le sue crude narrazioni country con un tocco di melodramma che la fa sembrare una donna persa per le praterie con stivali alti fino alla coscia. “Crescendo ho imparato che sono una bevitrice”, confida nel pezzo d’apertura Bug like an angel. Il suo tocco geniale è quello di aggiungere un coro che offre un senso di consolazione comunitaria. Ho apprezzato i momenti più bizzarri dell’album, quando Mitski porta nelle orchestrazioni una goccia sperimentale di Scott Walker, come in The deal. Le sottili melodie di The land is inhospitable and so are we hanno bisogno del loro tempo per conquistare. Quindi dategli tempo e spazio di notte, quando siete soli, per permettere alla loro oscurità selvaggia di risplendere.
Helen Brown, The Independent

Protect your light
Irreversible Entanglements (Piper Ferguson)

Se mai c’era una band perfetta per la storica etichetta jazz Impulse!, quello era il quintetto free degli Irreversible Entanglements. Ora, dopo tre album con la più piccola International Anthem, è successo e, si spera, per loro ci saranno più visibilità e riconoscimento. Gli Irreversible Entanglements si sono formati nel 2015 quando la poeta Camae Ayewa (in arte Moor Mother), il sassofonista Keir Neuringer e il bassista Luke Stewart hanno preso parte a una manifestazione di Musicians against police brutality a New York. Gli otto brani del loro ultimo album si rivolgono sia agli oppressori sia agli oppressi, attraverso una sequenza di lamenti, grida e inni di battaglia. Come la musica di Fela Kuti, quella del gruppo statunitense è tanto un’esortazione a cogliere l’attimo quanto una denuncia dell’ingiustizia e dello sfruttamento. C’è un punto di partenza per ogni brano: a volte è un ostinato giro di basso, altre un ritmo di batteria, altre ancora una melodia dei fiati, da cui in seguito si sviluppa il resto del brano. In effetti, spesso vengono suggeriti paragoni con il quartetto di Ornette Coleman insieme a Don Cherry.
Chris May, All About Jazz

A symphonic celebration. Musica dai film di Hayao Miyazaki

Alfred Hitchcock e Bernard Herrmann o Steven Spielberg e John Williams sono celebri coppie regista-compositore. Un’altra è Hayao Miyazaki e Joe Hisaishi, i padri fondatori del giapponese Studio Ghibli, che ha realizzato molti film d’animazione familiari a bambini, genitori e nonni. La musica di Hisaishi per i dieci film di questo disco riflette l’arguzia, la giocosità e il fascino del lavoro di Miyazaki, per esempio nel Castello errante di Howl (2004), con la fantasia musicale di un tema di valzer che accompagna dodici coloratissimi minuti del film. Come direttore d’orchestra, arrangiatore e produttore di questo album, Hisaishi non poteva desiderare una squadra migliore: la Royal Philharmonic Orchestra, il coro della Tiffin school, il Bach Choir e Grace Davidson, soprano dalla voce eterea di tanti film, danno il massimo con la vera festa corale di Ponyo sulla scogliera (2008). Entusiasmante anche la sincopata Hey let’s go da Il mio vicino Totoro (1988). Altri titoli portano ulteriori delizie, per esempio Kiki – Consegne a domicilio (1989), dove il tema di apertura ha l’innocenza infantile che è il marchio di fabbrica Ghibli. Miyazaki e Hisaishi sono un binomio regista-compositore che sta bene in compagnia con Blake Edwards e Henry Mancini, i maghi della Pantera rosa.
Adrian Edwards, Gramophone

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1530 - 22 settembre 2023

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