Quando qualche anno fa il governo cinese ha svelato il progetto di un nuovo enorme parco naturale per proteggere l’habitat dei panda selvatici, l’annuncio ha avuto un enorme consenso in ogni angolo del paese. A Wannian, però, la notizia è stata accolta con una certa preoccupazione.

Il villaggio, abbarbicato sui monti della provincia orientale del Sichuan, si trovava dentro i confini del futuro parco. Questo significava che la vita nell’area avrebbe subìto enormi cambiamenti. Il nuovo piano avrebbe introdotto pesanti restrizioni alle attività umane all’interno del parco e vietato del tutto l’estrazione di carbone nelle miniere e la produzione di energia idroelettrica. Anche se a Wannian questi settori erano già in declino, rappresentavano comunque i pilastri dell’economia della zona. I funzionari locali sapevano che molti abitanti del villaggio avrebbero perso la loro principale fonte di reddito.

“È stata una sfida enorme”, spiega Wang Meisu, una funzionaria dell’amministrazione comunale. “Erano in attività ancora decine di impianti”. Wannian è uno delle migliaia di villaggi che negli ultimi anni hanno dovuto affrontare una trasformazione radicale, da quando il governo ha cominciato a promuovere con decisione la protezione della popolazione di panda selvatici.

Il parco nazionale del panda gigante, inaugurato nel 2021, è un progetto molto ambizioso. Si estende su più di 27mila chilometri quadrati di campagna nelle province del Sichuan, dello Shaanxi e del Gansu, mette in connessione tra loro decine di aree di conservazione già esistenti e ha enormi finanziamenti. Secondo i promotori, il parco darà una forte spinta alla salvaguardia dei panda cinesi. Negli ultimi anni la specie è in recupero, con una popolazione selvatica stimata di circa 1.800 esemplari, e le autorità cinesi sono determinate a far aumentare questo numero.

In un centro di addestramento vicino a Wannian gli esperti di fauna selvatica cercano di insegnare ai giovani esemplari cresciuti in cattività come sopravvivere in natura. La speranza è che il parco possa fornire uno spazio sufficiente a consentire agli animali di riprodursi nel loro habitat naturale. C’è però un ostacolo: il territorio è già occupato. Decine di migliaia di persone vivevano già nell’area quando è stato annunciato il progetto del parco. E molte si guadagnavano da vivere grazie ad attività ora dichiarate illegali in base alle nuove disposizioni.

Per risolvere questo problema i villaggi hanno dovuto agire con coraggio. Molti, incluso Wannian, hanno cercato di trasformarsi da snodi industriali in località turistiche, puntando sul fatto che il parco nazionale attirerà molti visitatori. Wannian si è reinventato come “villaggio dei panda”, con le strade e gli edifici decorati con disegni dell’orso. Sulla strada principale sono spuntati ristoranti, ostelli e negozi di souvenir che vendono giocattoli a forma di panda. Per gli abitanti non è stato sempre facile: molti sono anziani, sono poco istruiti e raramente sono usciti dal villaggio. Alcuni parlano solo il dialetto locale e capiscono poco il cinese mandarino. Con la ripresa del turismo interno dopo la pandemia, però, c’è comunque un certo ottimismo sulla possibilità di cominciare a raccogliere i frutti di questa scommessa.

Cambiamento necessario

Wannian fa parte di un gruppo di villaggi all’estremità meridionale del parco nazionale. Già prima che il progetto fosse annunciato, era evidente che nella regione ci fossero dei problemi e servissero dei cambiamenti. Per decenni i settori d’impiego principali a Wannian sono stati quello minerario, del legname e della produzione di energia idroelettrica. Nel momento di massimo splendore, nei primi anni duemila, in questo minuscolo villaggio di poco più di mille abitanti funzionavano circa cinquanta miniere di carbone.

Centro di ricerca per la riproduzione del panda gigante, Chengdu, Cina, 2022 (Xu Jun, Vcg/Getty)

Si trattava di attività redditizie che generavano tanti posti di lavoro. “Guadagnavamo molto”, ricorda Tao Yonghu, vicesegretario del Partito comunista a Wannian e proprietario di una miniera che in quel periodo impiegava cento persone. Le miniere però erano devastanti per l’ambiente e causavano un odioso inquinamento che contaminava le riserve idriche. “Qui gli abitanti erano abituati a usare l’acqua del fiume per le attività quotidiane”, dice Tao. “In caso di maltempo, però, nel fiume finiva anche il carbone e l’acqua diventava nera”.

A metà degli anni dieci, l’irrigidimento delle norme ambientali aveva già costretto alla chiusura alcuni siti. L’annuncio del progetto del parco ha comunque generato una certa preoccupazione a Wannian. “Ogni funzionario di contea doveva occuparsi della chiusura di un’impresa e trovare il modo di convincere i proprietari”, ricorda Wang, la funzionaria comunale. “Era loro responsabilità convincere i proprietari delle aziende”. Sembrava esserci un’unica via di uscita: trasformare il villaggio in un polo turistico.

Wannian ha diversi vantaggi naturali: si trova a soli duecento chilometri da Chengdu, capoluogo della provincia del Sichuan. È inoltre circondata da una foresta di bambù, bellissima ora che l’industria pesante è stata eliminata. Il villaggio sorge inoltre all’estremità meridionale del parco ed è uno straordinario punto di arrivo per i visitatori. Il centro di addestramento per i panda nelle vicinanze, poi, è famoso in tutta la Cina. Oggi è difficile vedere i panda selvatici vicino a Wannian, ma molti abitanti raccontano di incontri avvenuti in passato.

Nel giro di poco tempo i funzionari locali hanno cominciato a pubblicizzare Wannian come “villaggio dei panda”. La località ha subìto una trasformazione totale: graziose sculture lungo le strade, murales sugli edifici, ostelli con i nomi di panda famosi.

All’inizio le cose non sono andate lisce. Zhu Yan è stata la prima abitante del villaggio ad aprire un negozio nel 2017. Ha avviato la sua attività in una posizione ottimale all’ingresso di Wannian, vicino alla strada principale. “Ma i clienti erano pochi e gli affari non ingranavano”.

In occasione delle festività nazionali, i biglietti per visitare il principale centro di ricerca sui panda finiscono nel giro di pochi secondi

Anche Chen Sha, che abita nel villaggio di Fazhan, a pochi chilometri, è stata tra le prime a rispondere agli appelli dei funzionari locali a esplorare il settore turistico. Ha aperto un piccolo ostello che serviva i pochi visitatori che all’epoca passavano dal villaggio. Chen, però, non aveva idea di cosa fare. Come molti abitanti del posto, aveva vissuto nella città vicina – dove gestiva un negozio di abbigliamento – ma di rado era uscita dal suo piccolo angolo di Sichuan e non sapeva cosa si aspettavano di trovare in un ostello i turisti cinesi della classe media. “È difficile da credere, ma all’inizio alcune stanze non avevano il bagno”, ride Chen. “Sono stati i visitatori a dirmi che non se ne poteva fare a meno! Non sapevamo quasi nulla di turismo”.

Il boom del turismo

Ora però il settore sta cominciando a decollare. Sulla via principale si contano 18 attività commerciali, tra cui ristoranti e negozi di souvenir. Gli ostelli sono più di una decina, ed erano quasi tutti pieni quando abbiamo visitato il villaggio, a luglio. Accanto al negozio di Zhu si vedono diversi turisti anziani intenti a dipingere acquerelli delle montagne attorno. Sono loro che negli ultimi due anni hanno fatto la fortuna di Zhu: coppie di pensionati che arrivano da altre zone del Sichuan con soldi da spendere: “Gli incassi continuano a crescere”, si rallegra Zhu.

Il turismo legato ai panda in generale ha vissuto un boom straordinario dalla fine del 2022, con la revoca delle restrizioni per il covid.

Chengdu, che ospita tre centri per l’allevamento di questi animali, è sempre stata molto popolare tra i turisti. Quest’anno, però, le cose hanno assunto una nuova dimensione. In occasione delle festività nazionali, i biglietti per visitare il principale centro di ricerca sui panda, in vendita online, finiscono nel giro di pochi secondi.

All’interno della struttura i turisti devono spesso fare ore di coda per vedere i panda “più famosi di internet”. Nei negozi di souvenir le riproduzioni di peluche di questi orsi superstar si vendono a 1.800 yuan (circa 230 euro), e nonostante il prezzo vanno a ruba. “Ora per averli c’è una lista d’attesa di un mese”, dice un negoziante.

Questo ha anche un effetto domino, poiché i turisti che non riescono ad accedere alle principali attrazioni di Chengdu cercano destinazioni alternative per vedere i panda. Longcanggou è una di queste.

Oggi il piccolo centro di tremila abitanti riceve circa 400mila visitatori all’anno, dice la funzionaria comunale Wang. A Wannian la commissione del villaggio stima che, grazie agli introiti generati dal turismo, il reddito medio dei residenti passerà da 19mila a 22mila yuan (da 2.440 a 2.831 euro) . “Stiamo parlando solo del reddito medio”, spiega Yang Xiaolin, il segretario del partito al villaggio. “Il 40 per cento dei residenti ha più di sessant’anni. I giovani che lavorano possono guadagnare decisamente di più”.

E gli abitanti del posto confidano nel fatto che il numero di visitatori potrà solo aumentare. Wannian presenta ancora delle evidenti debolezze in quanto destinazione turistica. Nonostante il soprannome di “villaggio dei panda”, non ce n’è nemmeno uno vivo che i visitatori possano vedere. “La struttura dove si preparano i panda alla vita selvatica non è aperta al pubblico”, spiega Tao. Il villaggio ce la sta mettendo tutta per superare questi problemi: dopo mesi di pressioni, il governo provinciale del Sichuan si è finalmente convinto a inviare diversi esemplari, che dovrebbero arrivare verso la fine del 2023.

Altri progetti prevedono l’inaugurazione di una “struttura per l’educazione alla natura”, dove i visitatori potranno imparare tutto sui panda e il loro habitat, e la creazione di percorsi escursionistici nelle montagne. Una volta completati questi progetti, Tao è convinto che Wannian diventerà una destinazione più allettante. “Alla fine del 2017 ho portato il villaggio fuori dalla povertà”, dice Tao. “Ora il nostro obiettivo è offrire a tutti una vita migliore”.

Non molto da offrire

Per molti abitanti del posto la vita è sicuramente migliorata da quando è stato presentato il piano del parco nazionale. Prima di aprire il suo negozio, Zhu aveva lavorato in un impianto per la produzione di energia idroelettrica, in una fabbrica di elettronica a Chengdu e come commerciante di abbigliamento.

Guadagnava abbastanza, ma doveva stare parecchio tempo lontano dalla famiglia. Per diversi anni ha visto i suoi due figli quasi solo in occasione delle festività nazionali. “Sono rimasti al villaggio mentre io andavo a lavorare fuori”, racconta. Con il negozio non si è arricchita, ma ora può vivere di nuovo a tempo pieno con la sua famiglia, il che era il suo vero obiettivo quando ha deciso di tornare a Wannian. E non è affatto povera: nel 2022 ha investito 40mila yuan (5.148 euro) per aprire un ristorante.

“In futuro arriveranno sicuramente molte più persone”, dice. “Dal punto di vista ambientale il villaggio è cambiato in modo significativo. Ora è un posto pulitissimo”. Nel vicino villaggio di Fazhan la gente è ancora più ottimista. L’ostello di Chen è andato di bene in meglio da quando ha ristrutturato l’attività nel 2018: i suoi incassi sono passati da 30mila a 500mila yuan all’anno (da 3.800 a 63.900 euro), così ha potuto assumere sette suoi familiari per gestire la struttura. “Prima svolgevano attività faticose, coltivavano tè o tagliavano bambù”, racconta Chen. “Ora hanno un lavoro meno pesante, le loro entrate sono stabili e destinate ad aumentare”.

Il successo del turismo ha addirittura convinto tanti ex residenti a tornare al villaggio. Quando Chen era giovane, i suoi coetanei finita la scuola dell’obbligo andavano a cercare lavoro in città, perché Fazhan non aveva molto da offrire.

“Lavorare in una miniera di carbone e alla centrale idroelettrica è noioso”, racconta. “Lo stipendio era basso. Non c’era futuro”.

Secondo Chen ora l’80 per cento di quelle persone è rientrato. E a differenza di Wannian, il turismo a Fazhan è in pieno boom. Per Chen questo è ancora fonte di preoccupazione perché ritiene che il suo villaggio si sia fatto trovare impreparato dall’aumento di visitatori di quest’anno. “I progetti del comune non sono al passo con le nuove esigenze”, dice. “Se arrivano più visitatori crescono i rifiuti e le acque di scarico; inoltre la nostra offerta di svaghi è insufficiente”.

Sfrattati

Eppure non tutti hanno tratto dei vantaggi dal parco. Huang Jianyig, 59 anni, ha lavorato per tutta la vita sulle montagne intorno al villaggio di Fazhan, dove ha fatto il taglialegna e l’agricoltore. Ora è una guardia forestale, è pagato per pattugliare le montagne e avvertire le autorità del parco al primo segnale di attività illegali di caccia, incendi o frane.

In precedenza Huang guadagnava duemila yuan (255 euro) al mese, sufficienti appena a sopravvivere. Integrava le sue entrate allevando api e coltivando bambù ed erbe medicinali, attività consentite nelle aree “non essenziali” del parco. “La gente deve sapere che il parco dei panda non può offrirci molti posti di lavoro”, dice. “Gli abitanti del villaggio non dovrebbero abbandonare l’agricoltura e la vendita dei loro prodotti”. Huang aveva perso anche la casa a causa della nuova vocazione turistica di Fazhan. Nel 2016, insieme ad altri cento residenti, aveva accettato di essere trasferito per fare posto a una nuova attrazione turistica. Dopo sette anni, però, aspettano ancora di entrare nei loro nuovi appartamenti.

“In generale sono abbastanza soddisfatto, l’ambiente è migliorato grazie alle nuove strade asfaltate e alle nuove strutture per tenersi in forma”, dice Huang. “Ma sarebbe meglio se avessimo una casa dove trasferirci definitivamente”.

È riuscito a prendere in affitto un appartamento da un parente a un prezzo relativamente basso, perciò il ritardo non gli ha procurato troppi problemi.

Tuttavia, racconta, gli abitanti più anziani del villaggio, come sua madre, che ha più di ottant’anni, hanno avuto difficoltà a trovare una sistemazione alternativa. I proprietari sono riluttanti ad affittare una casa alle persone anziane, perché pensano che se dovessero morirci sarebbe di cattivo augurio. “Purtroppo alcune sono morti prima che le case fossero pronte”, dice Huang. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1532 di Internazionale, a pagina 56. Compra questo numero | Abbonati