Yana (Ia Sukhitashvili) e il marito David (Rati Oneli, che ha prodotto e scritto il film insieme a Dea Kulumbegashvili, al suo debutto) sono outsider: sono testimoni di Geova in una cittadina della Georgia, dove domina incontrastata la religione ortodossa, e la loro congregazione è letteralmente sotto attacco. Yana ha abbandonato la sua carriera di attrice per sposare Davi, che è insensibile e manipolatore. Non trova conforto nella religione ed è intrappolata nelle dinamiche di genere. Inoltre è vittima della crudeltà di uno sconosciuto, che l’assale verbalmente e poi fisicamente in due delle scene del film più strazianti, anche perché mettono drammaticamente in evidenza la vulnerabilità di Yana. L’interpretazione di Ia Sukhitashvili è ancor più impressionante per come riesce a trasmettere la complessità della crisi della donna con pochi movimenti e dialoghi molto rarefatti. La sua profonda ambivalenza è mascherata dal contegno che nella comunità religiosa tutti si aspettano da lei, anche per il suo ruolo. E quel contegno forzato si riflette pienamente nell’estetica rigorosa del film. Dea Kulumbegashvili, al suo debutto, contemplando l’orrore di una vita di sottomissione ha creato un film straordinariamente avvincente.

Pamela Hutchinson, Sight and sound

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Questo articolo è uscito sul numero 1437 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati