Beach House (David Belisle)

Once twice melody comincia da un’alba estiva, tra chitarre che disegnano una scena d’incantevole beatitudine. E finisce 17 canzoni dopo, immerso nell’oscurità, dove “l’universo ci raccoglie”. Un arco epico perfetto per il duo di Baltimora, che non ha mai nascosto la sua attrazione per l’infinito. Nel primo album che hanno prodotto interamente da soli, hanno creato qualcosa di sontuoso e affascinante. Once twice melody non lo ascolti e basta, ti ci perdi proprio dentro. L’evoluzione della band ricorda il paradosso della nave di Teseo, un vascello che nel corso degli anni sostituisce ogni sua parte e alla fine non resta nulla dell’originale. Alla fine la nave resta identica, ma chi può dire se è la stessa nave? I Beach House sono cambiati nei contorni, ma la sostanza è rimasta identica; da nave di legno segnata dalle intemperie si sono trasformati in un’astronave luccicante. Tra riferimenti più o meno sorprendenti, plasmano una vita che nasce dall’ascolto puro, dal piacere stesso di perdersi nella musica. Forse si è tentati di chiedersi se l’album è troppo lungo, ma più l’ho ascoltato e più è stato difficile decidere quali brani avrei potuto tagliare. Hai bisogno di spazio per proiettare un sentimento così ampio. La strada dal sole estivo all’oscuro abbraccio dell’universo è lunga, e con Once twice melody i Beach House vogliono percorrerla tutta.

Philip Sherburne,
Pitchfork

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Questo articolo è uscito sul numero 1449 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati