La sera del 4 maggio 1986 a Londra successe qualcosa di straordinario. Un piccolo miracolo dovuto alla fusione assoluta di un’artista lirica all’apice dei suoi mezzi sconfinati (aveva quarant’anni) e un direttore d’orchestra deciso ad aprirle tutti gli orizzonti espressivi possibili, plasmando il suo gesto per portarla sempre più lontano. E poi c’è Richard Strauss, musicista del quale sia la cantante sia il direttore (e la sua orchestra!) conoscono ogni sortilegio. E ci portano in un un viagio del quale ci sembra di non percepire mai la fine. Tutto ha l’impronta dell’infinito: quello delle tessiture e dei riflessi orchestrali; quello di una linea vocale dal fiato inesauribile e dai colori che si rinnovano costantemente; quello del genio di Strauss, del quale ci sono proposti, oltre ai lieder, due estremi: la farsa del Bourgeois gentilhomme e i malefici di Salome. Un concerto vertiginoso.
Sylvain Fort, Diapason

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Questo articolo è uscito sul numero 1459 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati