Questo è il diciottesimo album di Damien Jurado e s’inserisce all’interno di un catalogo di ottima qualità. La musica del cantautore di Seattle è sempre stata influenzata dal cinema, per questo è del tutto naturale che alcune delle nuove canzoni siano ambientate ai margini dell’industria di Hollywood. Anche stavolta, come capita spesso nella musica di Jurado, non capiamo esattamente cosa pensano i protagonisti dei brani, ma l’ambiguità di fondo non toglie nulla alla forza emotiva di quello che ascoltiamo: per questo Roger – un racconto straziante su un uomo di mezza età che fa un bilancio della sua vita attraverso la musica che ama – è una delle canzoni più disarmanti e commoventi mai scritte dal musicista di Seattle. Jurado, che è ancora un nome di culto nonostante il suo catalogo invidiabile, è rimasto fermamente allergico agli stereotipi del cantautorato, e forse è l’avversione per questi modelli a tenere il pubblico di massa a debita distanza e a rendere album come Reggae film star così gratificanti per chi lo segue fedelmente da tempo.
Janne Oinonen, The Line of Best Fit

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Questo articolo è uscito sul numero 1467 di Internazionale, a pagina 102. Compra questo numero | Abbonati