Molti artisti tentano di superare i confini tra i generi e di essere originali. Ma farlo bene è tutto un altro paio di maniche. Nell’ultimo disco di Sudan Archives la violinista e cantautrice statunitense gioca con arrangiamenti imprevedibili e trova una solida via di mezzo, che le permette di raccontare la sua storia attraverso ritmi e narrazioni dinamiche. Non appena finisce il primo brano, Home maker, ci si sente già avvolti dagli archi lussureggianti e dai ritmi di batteria. Il modo in cui Sudan Archives costruisce i pre ritornelli dà molta profondità alla struttura di queste canzoni, aggiungendo un senso di mistero su dove andranno a parare le melodie. Il ritmo lento di una canzone come ChevyS10 mostra quanto tempo e cura la musicista dedichi a ogni dettaglio di Natural brown prom queen. Anche se ci sono alcuni punti dell’album che possono essere visti come pause o tracce da saltare, in realtà canzoni come Loyal (EDD) s’inseriscono alla perfezione nella storia che sta raccontando, fondamentali per cogliere appieno il concetto alla base dell’album. Natural brown prom queen è autobiografico e pieno di personalità, alterna brani soul a lenta combustione a flussi rap spacconi, ed è come un melting pot musicale. Non tutto è perfetto e qualche pezzo suona come un passo falso, ma nel complesso Sudan Archives ha raggiunto l’equilibrio sonoro che le permette di esprimersi pienamente.

Ryan Dillon, Glide Magazine

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1478 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati