Quando l’8 giugno 2018 Anthony Bourdain si è impiccato in un hotel francese era all’apice del successo. Vent’anni prima era uno chef competente ma sconosciuto. Poi il best seller Kitchen confidential (Feltrinelli 2005) ha cambiato tutto dando il via a una serie di ambiziosi programmi tv che giravano intorno al concetto: “Giro tutto il mondo, mangio un sacco di schifezze e fondamentalmente faccio quello che mi pare”. Centinaia di episodi lo hanno reso famoso e invidiato per un lavoro che tutti avrebbero voluto fare: viaggiare e mangiare. Nella nuova e documentata biografia Down and out in paradise, Charles Leerhsen cerca di capire cosa l’abbia spinto a uccidersi e perché, a diversi anni di distanza, tante persone continuano ancora a pensare a lui. Sul primo aspetto Leerh­sen prova a fare delle ipotesi. Sicuramente beveva molto, assumeva steroidi ed era infelice. Era diventato qualcosa che lui disprezzava: un personaggio televisivo. Lo era diventato alle sue condizioni, ma forse essersi trasformato in un marchio per lui era intollerabile. The Economist

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Questo articolo è uscito sul numero 1484 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati