Fin dalla sua collaborazione al brano The mint di Earl Sweatshirt nel 2018, il rapper newyorkese MIKE ha orbitato nello stesso spazio dell’hip hop sperimentale di cui Sweatshirt è considerato un pilastro. Questo percorso continua nel suo ottavo progetto, Beware of the monkey, anche se i metodi e le lezioni apprese dal precedente Disco!, il lavoro più pop della sua carriera, hanno dato nuove sfumature alla sua personalità. Il brano di apertura nuthin I can do is wrng ci dà il benvenuto, e sembra di stare in prima fila in un locale umido nel seminterrato. MIKE rappa in modo disinvolto, del resto questo è il suo marchio di fabbrica. Sembra annoiato, ma in realtà è semplicemente a suo agio con quello che scrive. Fa rime sul dolore e la determinazione come se avesse già vissuto un centinaio di vite. Pesca campionamenti dai cimiteri delle radio am, creando uno stile che fa pensare a una versione inquietante del vecchio funk riesumato da Kanye West. Ma non mancano momenti pop, come quando prende in prestito un beat reggae di Sister Nancy per Stop worry! o No curse lifted (rivers of love), dove si sconfina nelle colonne sonore di videogiochi. MIKE continua a sfogliare vecchie collezioni di vinili e nastri danneggiati per trovare quel perfetto connubio tra lo-fi e hip hop moderno. Usa le chitarre latine in Tapestry per costruire atmosfere romantiche. La sua strategia per fare la spola tra nostalgia e modernità non è mai scontata. Ecco un ragazzo di neanche 25 anni che ama i suoni antichi del passato, e riesce a usarli bene anche nel 2023.
Tim Sentz, Beats Per Minute

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Questo articolo è uscito sul numero 1493 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati