Se le presidenziali si decidessero in base ai manifesti elettorali, in Nigeria trionferebbe senz’altro Bola Tinubu, il candidato dell’All progressives congress (Apc, al potere). Il suo volto sorridente appare a ogni angolo del paese. “Ma i manifesti non votano”, osserva un collaboratore di Peter Obi, il candidato di un partito minore che, a sorpresa, figura in testa nei sondaggi.

La corsa alla presidenza della Nigeria – tradizionalmente una competizione tra i candidati dei due partiti più grandi – pare incerta e caotica. I nigeriani, chiamati alle urne il prossimo 25 febbraio, sono più poveri di otto anni fa. Buona parte della colpa è attribuita al presidente uscente, Muhammadu Buhari, che ha governato in modo inadeguato per due mandati. Secondo l’istituto di sondaggi Afrobarometer, l’89 per cento dei nigeriani pensa che il loro paese stia andando nella direzione sbagliata. Sotto la presidenza di Buhari l’economia si è fermata e le violenze si sono diffuse: nel 2021 almeno diecimila persone sono state uccise da bande criminali, da gruppi terroristici o dall’esercito.

Eppure, nonostante tutti i suoi problemi, la Nigeria è la più grande democrazia dell’Africa e ha l’occasione di rinnovarsi. Non è una questione da poco per un paese che nella sua storia ha vissuto cinque colpi di stato. Il passaggio a tecnologie moderne per le operazioni di voto renderà più complicati i brogli. Ci si aspetta un’affluenza da record. Tra i giovani, che sono il 40 per cento degli elettori registrati, si percepisce “un risveglio senza precedenti”, dice Opeyemi Oriniowo della Nigeria youth futures fund, un’ong con sede a Lagos. Sono segnali importanti in un continente dove la democrazia sembra in crisi. Al momento i candidati che possono sperare nella vittoria sono tre. Per conquistare la presidenza non basta ottenere il maggior numero di voti a livello nazionale, ma bisogna raggiungere almeno il 25 per cento delle preferenze in due terzi dei 36 stati in cui è divisa la Nigeria, più la capitale federale. Se nessuno dovesse soddisfare questi criteri si andrebbe al ballottaggio.

**Le ombre dei candidati **

Quali fattori determineranno il nome del vincitore? Anche se il paese è afflitto da numerosi problemi, le posizioni politiche dei candidati non saranno decisive: sui temi più importanti, le loro proposte sono molto simili. Altri elementi avranno un peso maggiore. Alcune personalità influenti possono assicurare enormi quantità di voti, in modo più o meno legittimo. “Saranno i leader del campo a dirci per chi votare”, dice Falmata Abdulrahman mentre allatta la figlia in un campo profughi nel nordest. L’intimidazione e la compravendita di voti sono piuttosto diffuse. “Siamo in balia di delinquenti e banditi”, spiega Ahmadu Duste, che alle ultime elezioni ha lavorato in un seggio. “Ho visto personalmente degli elettori accettare denaro”.

Tinubu, 70 anni, può contare su un percorso agevolato verso la vittoria, grazie alle sue risorse economiche e al suo partito, che controlla 21 dei 36 stati nigeriani. Prevede di vincere nel sudovest, la sua roccaforte, e spera che la sua fede islamica gli permetterà di affermarsi nel nord, dove i musulmani sono la maggioranza. Tuttavia è possibile che molti elettori, stremati dalle violenze e dalle difficoltà economiche, decidano di penalizzare il partito al potere. Inoltre bisogna considerare i timori legati alle condizioni di salute del candidato, che è stato costretto a saltare alcuni eventi della campagna elettorale. C’è anche chi mette in dubbio la sua integrità: l’anno scorso Tinubu ha patteggiato in un processo in cui era accusato di controllare in segreto il 70 per cento di un’azienda privata incaricata di riscuotere le tasse nello stato di Lagos, ai tempi in cui era governatore. Tinubu ha negato di aver commesso illeciti.

Anche il principale candidato dell’opposizione è al centro di sospetti. Atiku Abubakar, 76 anni, del People’s democratic party (Pdp), è un ricco ex funzionario doganale che è stato anche vicepresidente. Nel 2010 una commissione del senato statunitense dichiarò che era coinvolto nel trasferimento di 40 milioni di dollari di “fondi sospetti”. Anche lui si diceva innocente. In gran parte del paese i leader religiosi cristiani e musulmani spingono la popolazione a votare in base alla loro fede. Questa tendenza potrebbe ostacolare Abubakar, musulmano del nord che però è iscritto a un partito sostenuto soprattutto dai cristiani del sud.

Alle prossime elezioni è probabile che Peter Obi, che non è legato ai due partiti dominanti, intercetti buona parte del voto cristiano. “Il mio pastore mi ha detto di votare per lui”, conferma Lydia Adamu, una cristiana praticante. Obi, 61 anni, è un ex governatore e imprenditore. Deve la sua popolarità anche al desiderio disperato della popolazione di trovare un’alternativa ai politici venali che da tempo dominano il panorama nigeriano. Molti elettori sono attratti dal suo stile semplice ed energico, e lo considerano più onesto dei rivali. Kayode Fayemi, un consulente di Tinubu, riconosce che Obi otterrà probabilmente l’80-90 per cento dei voti nel sudest, sua regione d’origine. Altri sminuiscono i giovani sostenitori di Obi, insinuando che siano solo “guerrieri da tastiera” neanche registrati per votare. Tuttavia, a un raduno recente, Obi si è rivolto al pubblico dicendo: “Se avete la tessera elettorale, alzate la mano”. La risposta è stata una marea di braccia sollevate.

Ci si aspetta che il risultato sarà comunque legittimo, anche se difficilmente il voto sarà libero, regolare e pacifico. Gli uffici elettorali sono stati più volte attaccati, mentre nelle aree dove sono presenti gruppi jihadisti i seggi saranno praticamente inesistenti. Per non parlare dell’eventualità che gli sconfitti decidano di ricorrere alla violenza. Un aspetto preoccupante è che alcuni candidati, nei loro discorsi, hanno messo in guardia dal possibile ritorno ai colpi di stato. Ma per fortuna oggi sarebbe estremamente difficile portarne a termine uno. Anche se i candidati sono tutt’altro che perfetti, il ritorno dei militari al governo sarebbe un male ancora più grande per la Nigeria. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1499 di Internazionale, a pagina 48. Compra questo numero | Abbonati