Father John Misty, nome d’arte di Josh Tillman, è un commentatore sociale fulminante, che fa insinuazioni ironiche sulla vita moderna, spesso raffigurata in proporzioni da luna park. Ogni tanto, però, gli piace fare il clown dentro questo mondo. Il Tillman satirico e il Tillman gonzo sono entrambi rappresentati in Mahashmashana, e spesso lui sembra intenzionato a riconciliare le due metà. A volte ci riesce, come nel brano Josh Tillman and the accidental dose, in cui prende in giro sia se stesso sia i “fascisti taciti” che incontra. Il cantautore dimostra di essere divertente anche quando affronta i demoni. Altrove, però, Tillman sembra perso nella sua testa, snocciolando versi obliqui difficili da analizzare. La traccia di apertura è una sgargiante canzone funebre che può essere descritta come “Phil Spector va a Las Vegas”, ma forse è troppo ricca di stimoli. A Mahashmashana manca la coerenza tematica dei migliori lavori di Father John Misty, ma è in parte un ritorno alla forma migliore del cantautore statunitense.
Jeremy Winograd, Slant
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Questo articolo è uscito sul numero 1592 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati