“Lo scorso fine settimana una marea di persone ha riempito le strade davanti all’assemblea nazionale a Seoul chiedendo l’impeachment del presidente Yoon Suk-yeol”, scrive il sociologo Shin Jin-wook su Hankyoreh. “Gente di tutte le età si sono ritrovate e hanno manifestato insieme. I più anziani hanno intonato le canzoni della resistenza contro la dittatura militare, i più giovani hanno portato le bacchette luminose che si usano ai concerti k-pop, cantato e ballato. Montesquieu diceva che se il principio del governo democratico è la virtù civica, la paura è il principio del dispotismo. Nella cultura liberale e spensierata della società coreana di oggi, quanto è inadatta la dittatura? Eppure la storia a volte mette in scena l’esistenza parallela di cose che non possono coesistere. Oggi la Corea del Sud è a un bivio: andare verso la dittatura o difendere la democrazia? Definire la dichiarazione della legge marziale del 3 dicembre ‘disordine’ o ‘farsa’ non solo è una forma di compiacenza, ma attenua la gravità dell’accaduto. E valutare la forza o la resilienza della democrazia coreana è troppo ottimistico. Bisogna affrontare la verità: la democrazia coreana è stata portata sull’orlo del precipizio. L’essenza di questo incidente non è che un presidente squilibrato ha maldestramente dichiarato la legge marziale per un capriccio ma che è stato subito fermato dai politici, dalla stampa e dalla società civile. Chi è al potere ha pianificato ed eseguito con cura le mosse per rovesciare il governo e prendere il controllo permanente del potere. Ma l’insubordinazione, l’incapacità di eseguire gli ordini e la confusione nella leadership militare si sono combinate con il caso per permettere all’assemblea nazionale di revocare la legge marziale. L’idea che il rovesciamento della democrazia e dell’ordine costituzionale sia uno dei metodi della politica è diffusa in tutto lo schieramento conservatore. Questo è lo sfondo del tentato golpe. La domanda da porsi non è ‘perché Yoon ha fatto una cosa simile?’, ma ‘com’è stato possibile tutto ciò?’”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1593 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati