Editoriali

Una risposta europea alla Russia

Ancora una volta, la Russia mette l’Europa di fronte alle sue responsabilità: minacciando l’Ucraina con una pressione militare intensa ed evidente, Mosca sfida gli europei a reagire, insieme al loro alleato statunitense. Eterogenea, plurale e multiforme, l’Europa è mal equipaggiata per parlare con una sola voce e agire di conseguenza. Ma è fondamentale che mantenga la sua unità e adotti la fermezza necessaria.

Gli europei sono coinvolti in alcune delle trattative diplomatiche in corso con la Russia. Attraverso la Nato, i cui trenta paesi sono in maggioranza europei. Con l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), dove sono tutti rappresentati. E in maniera ridotta nel “formato Normandia”, con cui Francia e Germania cercano dal 2014, insieme a Russia e Ucraina, di trovare una soluzione al conflitto del Donbass. Gli Stati Uniti informano regolarmente gli europei dei loro negoziati bilaterali con la Russia. Ma l’Unione europea non partecipa alle discussioni, e questo è un problema. L’Unione è l’organizzazione europea più integrata e quindi la più direttamente toccata da una crisi grave ai suoi confini e da un’eventuale riorganizzazione dell’ordine militare del continente. Se vuole imporsi come partner a pieno titolo, tuttavia, l’Unione deve innanzitutto accordarsi su un messaggio chiaro, unitario e deciso nei confronti di Mosca. A dicembre ha assicurato che un’aggressione contro l’Ucraina avrebbe “gravi conseguenze e un costo elevato”. Resta da determinare quali misure sarebbero adottate e cosa le farebbe scattare.

Dal 2014 l’Europa è riuscita a non dividersi sulle sanzioni in risposta all’annessione russa della Crimea, riconfermate ogni sei mesi. Di fronte alla nuova sfida russa ha mantenuto con Washington un fronte notevolmente unito, tenendo conto delle diverse sensibilità dei paesi dell’Unione. Ora bisogna fare di più, intraprendere azioni concrete, prendere coscienza del fatto che alcune sanzioni, per essere davvero dissuasive, infliggeranno un costo anche alle economie europee e che ogni aggressione dev’essere punita. Il presidente russo Vladimir Putin sa perfettamente come sfruttare le divisioni tra gli europei. Dargli l’opportunità di farlo in questa crisi sarebbe disastroso. Ma è anche agli Stati Uniti che i 27 paesi dell’Unione devono rivolgere un messaggio chiaro, unitario e deciso: il futuro del continente europeo non può essere negoziato senza l’Unione. ◆ ff

La minaccia dei superbatteri

I superbatteri non sono una novità, ma nei prossimi anni se ne parlerà sempre più spesso. Tra meno di trent’anni i batteri resistenti agli antibiotici potrebbero infatti causare un numero di morti simile a quello dei tumori. Uno studio pubblicato dalla rivista The Lancet ipotizza che ogni anno 1,2 milioni di persone muoiano per infezioni comuni che non rispondono agli antibiotici. A questi bisogna aggiungere i cinque milioni di pazienti colpiti in ospedale da infezioni che ne accelerano o causano la morte.

Il fenomeno non è dovuto a un’evoluzione naturale, ma all’uso improprio degli antibiotici nell’ultimo mezzo secolo: dall’abitudine di non rispettare le prescrizioni a quella di assumerli per disturbi per i quali non sono indicati, come l’influenza o la tosse. Ad aggravare il problema contribuisce l’impiego degli antibiotici come trattamento preventivo negli allevamenti intensivi, in cui qualsiasi infezione si propaga molto rapidamente. Inoltre mettere a punto nuovi antibiotici è sempre più difficile. Le grandi case farmaceutiche hanno abbandonato questo settore a causa della scarsa redditività e della possibilità che lo sviluppo di una resistenza impedisca di recuperare gli investimenti. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità nel 2019 sono stati investiti appena 120 milioni di euro nella ricerca di nuovi antibiotici, contro gli 8,6 miliardi dedicati alla ricerca sul cancro.

Così stiamo perdendo il principale strumento contro le infezioni, che ogni anno salva milioni di vite. Non è assurdo ipotizzare che l’umanità possa ritornare ai tempi in cui qualsiasi infezione e qualsiasi ferita potevano essere letali. In futuro potremmo morire per le stesse malattie comuni che uccidevano i nostri bisnonni. Solo un controllo più stretto sull’uso degli antibiotici e il finanziamento pubblico della ricerca potranno smentire le previsioni. ◆ as

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1445 - 28 gennaio 2022
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