L’8 dicembre del 2013 una folla urlante si raduna in un viale che porta al centro di Kiev. L’obiettivo della manifestazione è abbattere dal suo piedistallo una statua di marmo di Lenin alta circa tre metri e mezzo. Appena la statua cade, i giovani ucraini, avvolti da bandiere e striscioni gialli e azzurri, cominciano a distruggerla a colpi di martello, mentre un nostalgico comunista cerca di proteggere con il suo corpo quello che rimane dell’icona di Lenin. È il momento più significativo dell’Euromaidan, la serie di violente proteste in Ucraina che ha portato alla deposizione del governo filorusso di Viktor Janukovyč e all’entrata in carica del governo europeista di Petro Porošenko. Dopo la rivoluzione arancione, in un momento in cui l’Ucraina poteva costruirsi un futuro, è cominciata invece un’ossessiva revisione del passato sovietico: è il cosiddetto Leninopod, ovvero “la caduta dei Lenin”, il divieto di esibire simboli dell’Unione Sovietica che Porošenko ha trasformato anche in una legge. L’apice grottesco si è raggiunto a Odessa, dove una statua di Lenin è stata trasformata da un’artista locale in un gigantesco Darth Vader. In un episodio del 2017 del podcast 99% Invisible, Julia Barton racconta la tensione che ha diviso Ucraina e Russia attraverso la storia dei simboli che richiamano un passato di cui entrambe le parti non possono fare a meno.

Jonathan Zenti

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Questo articolo è uscito sul numero 1450 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati