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La miniserie capolavoro di Alfonso Cuarón, Disclaimer, si conclude con un caso straordinario di riconciliazione hegeliana anche se la narrazione si affida a sovrapposizioni multiple senza un collasso finale chiaro. Com’è possibile?

Catherine Ravenscroft, famosa giornalista e documentarista, scopre di essere protagonista del romanzo Perfect stranger, firmato con uno pseudonimo. Nel libro c’è un segreto che Catherine ha sempre cercato di nascondere e che la dipinge come una madre e una moglie pessima, il cui tradimento con un estraneo di 19 anni di nome Jonathan, mentre era in vacanza in Italia vent’anni prima, ha provocato la morte del ragazzo e ha messo in pericolo la vita del figlio di quattro anni. Il romanzo, pieno di dettagli sessuali pruriginosi, sconvolge la vita di Catherine e delle persone intorno a lei: suo marito Robert, suo figlio Nicholas e i suoi colleghi. Scopriremo che il libro è stato pubblicato dal padre di Jonathan, Stephen, ed era stato scritto dalla defunta madre del ragazzo, Nancy. Si tratta di un racconto di fantasia basato sulla ricostruzione di Nancy degli ultimi giorni di vita del figlio.

Nel finale, Catherine racconta a Stephen in uno straziante monologo la spaventosa notte precedente alla morte di Jonathan, quando il ragazzo l’ha stuprata per ore. Così, il giorno dopo, quando Jonathan si tuffa in mare per salvare Nicholas, finendo per annegare, Catherine non fa nulla per aiutarlo. La donna spiega a Stephen (e al pubblico) che la morte di Jonathan significava che non avrebbe dovuto più parlare di quella notte. E Catherine non aveva mai dovuto rivivere il trauma fino alla conversazione con Stephen, in cui è stata costretta a rivelare tutto perché l’uomo, ignaro di cosa fosse accaduto davvero, cercava vendetta.

Avvertenza ambigua

Questo fa luce sul significato del titolo della serie: Perfect stranger comincia con un disclaimer al contrario (“ogni riferimento a eventi e persone reali non è casuale”), ma il fatto che il libro sia la fantasia di Nancy suggerisce un’interpretazione standard (ogni riferimento è davvero fortuito). Le scene in cui Catherine seduce Jonathan sono quasi ridicole. Del resto si tratta delle fantasie di Nancy.

Disclaimer (Apple TV+)

Ma l’eccezionalità di _Disclaimer _sta nell’ambiguità del finale, aperto a due letture quasi simmetriche e opposte. In quella più evidente la conclusione è un momento di catarsi in cui tutti i personaggi sono costretti a fare i conti con la realtà. Dice Cuarón: “Chi ha formulato un giudizio su Catherine, dopo il finale dovrà ripensarlo. È un modo per spingere il pubblico a fare i conti con i propri giudizi”. In breve, per tornare a Hegel, il male è nello sguardo che percepisce il male attorno a sé. Il male non sta in quello che Catherine ha fatto, ma nello sguardo degli altri. E così, nel finale, si passa dall’atto di proiettare su Catherine i nostri pregiudizi e i nostri desideri a un risveglio che ci obbliga ad accettare ciò che davvero è Catherine (ma anche ciò che davvero è Jonathan e ciò che davvero siamo tutti noi).

Questa catarsi brutale è esemplificata al meglio nel destino di Stephen, che da istigatore della campagna contro Catherine e assetato di vendetta si ritrova solo nel giardino di casa a bruciare le ultime copie di Perfect stranger, ma anche tutto ciò che gli resta della moglie morta. Getta nel fuoco anche delle foto scattate dal figlio e in una si vede Nicholas mentre osserva Jonathan che violenta la madre. Fatto che Catherine ignorava. Quindi anche lei e Nicholas devono risvegliarsi e fare i conti con una realtà terribile.

Ma c’è un’altra lettura che interpreta in modo più adeguato il finale a sorpresa: e se la riconciliazione non significasse un nuovo stato di pace ma sostanzialmente una riconciliazione con le tensioni, le perversioni e le inconsistenze che caratterizzano la vita sociale e soprattutto la sessualità? Non basta condannare lo stupratore e accettare la verità rivelata da una donna che finalmente trova il coraggio di raccontare tutto. Le fantasie morbose che attribuiamo al nemico, infatti, fanno parte della nostra identità, quindi dobbiamo imparare a conviverci.

Prima di tutto, il personaggio di Jonathan è moralmente ambiguo: ha stuprato Catherine, ma la mattina dopo, in spiaggia, paga con la vita un atto eroico. Traumatizzata, Catherine non fa nulla mentre lui annega. È fedele a suo marito nella realtà, ma fantastica sulla possibilità di tradirlo. La sera, prima dello stupro, non reagisce al flirt di Jonathan ma dice a se stessa: “Forse più tardi fantasticherò su questo momento”. Ciò indica che le versioni immaginarie nascondono una verità libidica.

Sovrapposizione quantistica

Alla fine Catherine è scagionata dalla sua colpa e riconosciuta come vittima, ma è giusto notare che (a parte Jonathan) la persona che riteniamo più colpevole è un’altra donna, Nancy, che nel libro deforma la realtà. È lei la responsabile della narrazione che spinge Stephen, Robert e Nicholas a una versione dei fatti su cui proiettare paure e fantasie. Nancy è patologicamente attaccata al figlio. Un attaccamento che rispecchia l’autoproclamata felicità di Catherine il giorno prima dello stupro, quando era sola con il figlio e senza il marito intorno. Flirtare non indica forse un’ombra in questa felicità? La stessa felicità nella solitudine insieme al figlio la raggiunge nuovamente alla fine. Anche se la felicità finale è un’amara riunione tra persone segnate, esiste comunque una chiara dimensione cristiana nell’epilogo.

È possibile che io stia proiettando questa ambiguità all’interno della serie? Non credo, perché in questa direzione puntano già diversi elementi formali: la rivelazione non-lineare della storia e l’uso della tecnica del narratore inaffidabile, tanto che gli eventi accaduti in Italia sono raccontati prima dalla prospettiva speculativa di Nancy e poi dal resoconto in prima persona di Catherine. Entrambi questi elementi evocano il principio di sovrapposizione quantistico: la realtà in sé (e non solo la percezione che ne abbiamo) si afferma unicamente quando vi vengono sovrapposte alternative immaginate.

Queste alternative non sono semplicemente malvagie, ma contengono una dimensione sorprendentemente utopistica. Alla fine Catherine non perdona Robert, e giustamente: non può perdonargli di aver provato sollievo quando ha scoperto che lei è stata vittima della violenza di Jonathan, perché per lui accettare che la moglie sia stata stuprata è più semplice che fare i conti con l’idea di una notte di sesso consenziente. Dobbiamo seguire questa strada fino alla fine: la notte di sesso appassionato non è solo il frutto dell’immaginazione di Nancy, ma qualcosa che sarebbe potuto accadere e che sarebbe stato meglio se fosse accaduto. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1593 di Internazionale, a pagina 85. Compra questo numero | Abbonati