L’11 novembre il tribunale di Roma ha rinviato alla corte di giustizia dell’Unione europea la decisione sul trattenimento di sette migranti, portati da una nave militare in Albania dopo essere stati soccorsi nel Mediterraneo centrale. Nell’attesa del parere della corte, i richiedenti asilo saranno liberati e riportati in Italia.
Dopo che i primi 16 migranti erano stati tutti rilasciati a metà ottobre, il governo italiano guidato da Giorgia Meloni, ha insistito sul progetto di tenere attivi i due centri di detenzione in Albania, istituiti dal protocollo con Tirana, firmato nel novembre del 2023, che prevede dei centri extraterritoriali italiani sul suolo albanese.
Per questo il 21 ottobre il governo italiano ha approvato un nuovo decreto indicando una lista di 19 paesi considerati sicuri, ma il tribunale di Bologna, Palermo e Roma hanno chiesto un parere alla corte di giustizia dell’Unione europea sul decreto, ritenendolo in contrasto con le leggi europee e in particolare con la direttiva procedure.
In un comunicato stampa l’11 novembre il tribunale di Roma ha spiegato: “I giudici hanno ritenuto necessario disporre rinvio pregiudiziale alla corte di giustizia dell’Unione europea, formulando quattro quesiti, analogamente a quanto già disposto nei giorni scorsi da due collegi della stessa sezione […]. Il rinvio pregiudiziale è stato scelto come strumento più idoneo per chiarire vari profili di dubbia compatibilità con la disciplina sovranazionale emersi a seguito delle norme introdotte dal decreto legge”.
Per il tribunale di Roma il decreto paesi sicuri è in contrasto con le norme europee, perché Bangladesh ed Egitto, i due paesi di provenienza dei migranti trasferiti in Albania, non possono essere considerati sicuri in tutto il loro territorio e verso qualsiasi persona, come ribadito anche da una sentenza della corte di giustizia europea il 4 ottobre e quindi la normativa italiana è in contrasto con quella europea. Per questo i giudici di Roma hanno chiesto un parere alla corte che ha sede in Lussemburgo. La risposta potrebbe arrivare tra sedici o diciotto mesi.
Uno degli otto migranti portati in Albania era già stato liberato poche ore dopo l’arrivo e riportato in Italia. In seguito a un accertamento medico, infatti, il ragazzo era risultato affetto da disturbi psicologici e quindi non idoneo alla procedura accelerata che può riguardare solo persone considerate non vulnerabili.
In un caso analogo il 25 ottobre nella sua richiesta di un parere alla corte di giustizia dell’Unione europea, il tribunale di Bologna aveva scritto: “Si potrebbe dire, paradossalmente, che la Germania sotto il regime nazista era un paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari, oltre 60 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile. Lo stesso può dirsi dell’Italia sotto il regime fascista. Se si dovesse ritenere sicuro un paese quando la sicurezza è garantita alla generalità della popolazione, la nozione giuridica di paese di origine sicuro si potrebbe applicare a pressoché tutti i paesi del mondo, e sarebbe, dunque, una nozione priva di qualsiasi consistenza giuridica”.
La giurista Chiara Favilli, docente di diritto dell’Unione europea all’università di Firenze, commenta la decisione del tribunale di Roma dicendo: “C’era da aspettarselo, visto come si sono mossi i tribunali italiani negli ultimi giorni. Quando in un determinato caso un giudice rileva un contrasto tra la norma italiana e quella europea può fare tre cose: non applicare la norma italiana, rinviarla alla corte di giustizia dell’Unione europea oppure alla corte costituzionale italiana. Il decreto sui paesi sicuri deve essere conforme al diritto dell’Unione europea”.
Per Favilli, anche se è stato chiesto un parere di urgenza, potrebbero volerci dai tre ai diciotto mesi per avere una risposta dalla corte europea e nel frattempo il governo potrebbe continuare a trasferire forzatamente i richiedenti asilo in Albania. “È necessario rispettare la normativa europea. Tra l’altro è in virtù di questa normativa che abbiamo introdotto la lista dei paesi sicuri, quindi poi non possiamo decidere di dare il significato che vogliamo alla definizione di ‘paese sicuro’”, continua l’esperta.
“La regola dovrebbe essere quella di sottoporre i richiedenti asilo alla procedura ordinaria di asilo. Solo in casi eccezionali si può ricorrere a quella accelerata. Dovrebbe essere solo per persone che arrivano davvero da paesi sicuri, non secondo la convenienza degli stati”. Su questo punto per Favilli la posizione già espressa dalla sentenza della corte di giustizia del 4 ottobre è molto chiara.
Gli attacchi alla giudice Albano
Intanto aumenta la tensione tra esecutivo e magistratura. Il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, ha attaccato la giudice del tribunale di Roma, Silvia Albano, che è sotto protezione per avere ricevuto minacce, in seguito alla decisione di sei giudici del tribunale di Roma (lei compresa) di non convalidare il trattenimento del primo gruppo di migranti arrivato in Albania il 18 ottobre. “La magistrata Albano dice che non ha in tasca il libretto di Mao Tse Tung, ma la costituzione? Sono contento. Le regalerò degli occhiali così la leggerà meglio prima di emettere alcune sentenze che sono risultate invasive delle competenze di governo e parlamento. Con gli occhiali giusti i testi si leggono meglio”. Poi ha aggiunto: “Stiamo peggio che in Corea del Nord”, e ancora “il paese pericoloso non è l’Egitto, ma è l’Italia finché ci sono persone del genere a gestire la giustizia”. Gasparri ha annunciato poi che presenterà un’interrogazione al ministro della giustizia Carlo Nordio, per chiedere che sia mandata un’ispezione al tribunale di Roma.
Sul caso è intervenuto anche il vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini sui social network postando la foto della giudice sotto protezione: “Quei giudici, pochi per fortuna, che invece di applicare le leggi le stravolgono e boicottano, dovrebbero avere la dignità di dimettersi, di cambiare mestiere e di fare politica con Rifondazione comunista. Sono un problema per l’Italia”. Albano che non ha partecipato all’ultima decisione del tribunale di Roma dell’11 novembre, è intervenuta il 10 novembre a un convegno di Magistratura democratica dicendo che sulla questione “c’è stato un pronunciamento unanime di tutte le comunità dei giuristi, dall’unione delle camere penali alle associazioni dei professori di diritto dell’Unione europea: tutti hanno sostenuto che sulla supremazia del diritto europeo non ci si può fare nulla”.
Il protocollo con l’Albania è contestato anche dal punto di vista economico: è stato aperto infatti un fascicolo da parte della corte dei conti, che sta esaminando due esposti presentanti da parlamentari di Italia Viva e del Movimento cinque stelle, che ipotizzano un danno erariale per il trasferimento forzato di sedici migranti in Albania il 18 ottobre.
Durante un question time alla camera, il ministro dell’interno Matteo Piantedosi ha chiarito che per l’operazione è previsto un budget di 134 milioni all’anno per cinque anni, con una spesa complessiva che si aggira intorno ai 670 milioni. Per Piantedosi si tratta di “un investimento” che consentirà di abbassare le spese per la gestione della prima accoglienza straordinaria “che oggi sono pari a circa un miliardo e 700 milioni all’anno”.
Nelle voci di spesa previste dal protocollo ci sono anche quelle relative al “vitto e alloggio” delle forze di polizia italiane, circa trecento persone. Si tratta di uno stanziamento che sfiora i nove milioni di euro (8.897.200) per la locazione di strutture alberghiere a Shëngjin, con alloggio in camere singole, “ristorazione e connessi servizi” per un costo giornaliero per ogni agente di 80 euro.
Questo articolo è tratto dalla newsletter Frontiere.
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