11 novembre 2019 14:16

Luiz Inácio Lula da Silva ha trascorso gli ultimi 19 mesi della sua vita in una cella di 15 metri quadrati. L’ex presidente più famoso della storia del Brasile era finito nella prigione federale di Curitiba il 7 aprile 2018, dopo che l’allora giudice del caso lava jato, Sergio Moro, oggi ministro della giustizia, lo aveva dichiarato colpevole di riciclaggio di denaro e corruzione con la ristrutturazione di un appartamento sulla spiaggia di Guarujá (a São Paulo).

Non era l’unico caso per il quale Lula da Silva era dietro le sbarre: l’ex presidente ha sei procedimenti pendenti, principalmente per corruzione. Ecco perché la sua uscita di prigione sembrava lontana.

Finché il 7 novembre la corte suprema brasiliana ha stabilito che le pene detentive non possono essere eseguite prima che siano esauriti tutti i gradi di processo. Il team legale di Lula da Silva non aveva precedentemente potuto fare ricorso a questa giurisprudenza, ed è per questo che questa sentenza lo ha fatto uscire di prigione. Questa delibera sarà utile anche ad altri 4.895 detenuti brasiliani, che hanno già cominciato a presentare le proprie richieste di scarcerazione. Come Lula.

La libertà di Lula è, secondo gli analisti, una sconfitta per l’operazione lava jato e il suo giudice principale, Sergio Moro, che ha fatto di Lula il suo prigioniero più iconico.

Lungi dal vedere un Lula da Silva indebolito dalla prigione, l’ex presidente brasiliano è uscito forte e determinato a cambiare il suo destino. “È stato necessario resistere e combattere contro il lato marcio dello stato, della polizia, del pubblico ministero, della giustizia. Hanno lavorato per criminalizzare la sinistra, Lula e il Partito dei lavoratori “, sono state le sue parole quando ha lasciato la prigione.

Mentre era in carcere Lula ha perso suo fratello, Genival Inácio da Silva, 79 anni, vittima di un cancro ai polmoni. Ha chiesto il permesso di andare al suo funerale ma due giudici glielo hanno negato, sostenendo che non c’era tempo per la logistica richiesta dalla scorta di polizia. Un mese dopo è morto di meningite suo nipote, Arthur Araújo, sette anni. Ma in questi mesi Lula ha anche incontrato il suo nuovo amore: Rosângela da Silva, detta Janja, sociologa e attivista del Partito dei lavoratori. Ha 52 anni, lavora per la compagnia statale Itaipu Binacional e vive a Curitiba.

Dietro le sbarre Lula ha dovuto rinunciare alla sua candidatura presidenziale, in cui tutti i sondaggi gli davano la vittoria. Aveva designato al suo posto l’ex sindaco di São Paulo Fernando Haddad, che è stato sconfitto da Jair Bolsonaro, presidente del Brasile dal 1 gennaio 2019.

“Abbiamo avuto delle elezioni atipiche in Brasile. Siamo sinceri. Il ruolo delle notizie false nella campagna elettorale, la quantità di bugie e il proliferare dei troll sono state cose folli. E poi la mancanza di sensibilità da parte dei settori della sinistra che hanno deciso di non unirsi”, ha dichiarato in un’intervista al quotidiano El País.

Lula è libero e, anche se non ha rivelato i suoi piani per il futuro, intanto è stato a São Paulo per incontrare la sua famiglia e i colleghi del sindacato dei metalmeccanici. Ha in programma di visitare il paese e recuperare il terreno perduto.

“Bolsonaro governa un paese in cui la sinistra è debole e sconnessa. Lula resta il suo più grande simbolo, il ricordo di tempi migliori che i poveri mantengono nel cuore, in un paese in cui razza e classe quasi coincidono”, ha detto il giornalista Martín Schapiro sul portale Zenith.

Il mercato, nonostante aspettasse la libertà di Lula in qualsiasi momento, ha reagito negativamente alla notizia.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Anche se Lula non può candidarsi, potrà tornare all’attività politica e, con le elezioni comunali del prossimo anno, potrebbe cominciare a cambiare lo scenario politico.

“Jair Bolsonaro, che finora ha dovuto affrontare il ‘fuoco amico’ dei politici del suo governo, del suo partito e dei suoi alleati, potrebbe beneficiare di un effetto centripeto che di solito è legato alla polarizzazione politica”, aggiunge Shapiro.

Il quotidiano brasiliano O Globo anticipa il panorama che si apre nel paese: se i sondaggi sono corretti, le due figure con il più grande supporto oggi tra i brasiliani –Lula e Sergio Moro – vivranno un secondo round del capitolo cominciato anni fa quando è esploso il caso lava jato. Con un cambio di scenario: Lula fuori di prigione e Moro ministro.

“Voglio che tutti sappiano che Moro non ha imprigionato un uomo. Volevano imprigionare un’idea e le idee non si rinchiudono, non si uccidono. Il popolo brasiliano è l’unico che può salvare questo paese”, ha detto Lula in un videomessaggio pubblicato sul suo account Twitter non appena ha lasciato il carcere. “Abbiamo bisogno di un governante serio”, ha detto.

Bolsonaro non ha ancora commentato il rilascio di Lula.

Curitiba, la città che ha accolto l’ex presidente nei suoi giorni peggiori, passerà alla storia per questo nuovo inizio. Lula è tornato.

(Traduzione di Stefania Mascetti)

Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano colombiano El Espectador.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it