09 settembre 2013 15:15

È passato: l’ennesimo figlio con gli esami di riparazione. La madre al telefono chiede dettagli dei voti e dei compagni. Nel gruppo seduto ai tavolini del bar in piazza – sole settembrino e flemma del sabato - ci sono altri genitori di adolescenti.

Parte un brindisi rumoroso e improvvisato tra calici di bianco e tazze di caffè. La conversazione, che si stava avvitando tra Siria, governo, papa e Berlusconi, sterza subito, e vengono fuori tre storie vere.

Storia di Gabriele e di Francesco. Francesco frequenta il secondo anno dell’istituto alberghiero. Vuole fare lo chef. Si becca debiti in biologia, francese e matematica. È un bravo ragazzo, i genitori lavorano ma sono fiduciosi che tra giugno e luglio si dia da fare con lo studio. Però lui ha uno strano comportamento evitante e uno sguardo un po’ così.

Sono i primi di agosto e la famiglia sta partendo per le vacanze: il padre, Gabriele, chiede a Francesco se va tutto bene. Si sente rispondere “lascio la scuola”. Il ragazzo ci si è tormentato sopra per due mesi. Ne ha parlato con gli amici. È così certo di non farcela che non ha neanche provato ad aprire un libro. Andrà a lavorare perché non vuole più pesare sulla famiglia.

“Mi è suonato un gong nella testa”, dice Gabriele. “A sedici anni non molli: devi lottare”. Vacanze cancellate. Poiché è impossibile trovare, ad agosto, i prof per le ripetizioni, Gabriele – che fa tutto un altro mestiere, ma è un tipo determinato e di talento – prepara un piano di battaglia con il figlio: studieranno insieme. “La prima settimana è stata un massacro”, dice.

Poi, in pochi giorni, Gabriele fa fuori il libro di biologia, ri-raccontandolo al figlio dalla prima all’ultima pagina. Rispolvera il suo antico francese inventandosi conversazioni. Per matematica, a dare una mano c’è un compagno che fa il liceo scientifico. Risultato: in tre settimane Francesco recupera tre materie. In biologia prende otto. Sette in francese. Ce la fa, per un pelo, anche con matematica.

Storia di Fabio e di Marco. Marco frequenta il terzo anno del liceo classico. Si becca un tre in greco e un quattro in latino. Va ai corsi di recupero, ma in realtà ciancica svogliato sui libri per tutto luglio senza cavare un ragno dal buco. Quando non ce la fa cerca online le versioni tradotte e, già che c’è, si spara un paio d’ore su World of Warcraft. Sennò – tra l’altro, è un buon lettore – fa notte su un romanzo.

Bisogna inventarsi qualcosa: Fabio è un amico di famiglia, bravissimo latinista e potrebbe dare una mano, ma solo negli ultimi dieci giorni di agosto. Dai, dieci giorni non possono bastare a recuperare sul serio un anno di greco e latino del classico.

Eppure bastano: quattro ore intensive di greco al mattino. Tre di latino al pomeriggio. Ogni versione fatta integrando spiegazioni di grammatica, racconti sull’autore e la cultura del tempo, aneddoti. “Non solo era interessante: era divertente. Io passavo di lì e mi mettevo di nascosto ad ascoltare”, dice la madre di Marco. Il quale ce la fa con un sette in latino e un sette in greco.

Storia di Elena e di Margherita. Margherita frequenta il penultimo anno del liceo linguistico con indirizzo giuridico. È curiosa, ha interessi eclettici. Si becca un debito in economia.

La madre è una giornalista economica: rilegge i testi insieme a lei. “La tua spiegazione la capisco”, dice Margherita alla madre, “ma il libro non può voler dire una cosa così semplice. Guarda qui com’è complicato”. Invece è semplice e Margherita recupera perfettamente economia.

Tutto è bene quel che finisce bene? Sì e no. Da qualche parte ci dev’essere un baco. Una voragine di tempo perso e di occasioni sprecate. Troppo facile dar la colpa ai ragazzi, ai professori, alle famiglie o perfino ai libri di testo. Intanto il baco resta lì, in agguato, nascosto in qualche interstizio dell’anno che sta cominciando, pronto a rosicchiare altro tempo e altre occasioni. Bisognerebbe stanarlo. Magari, dargli un nome.

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