09 maggio 2013 00:00

“Il governissimo come è stato fatto in Germania, qui non è attuabile”, Enrico Letta, 8 aprile 2013. “Il governissimo predisporrebbe il calendario di giorni peggiori”, Pier Luigi Bersani, 8 aprile 2013. “In Italia non è possibile che, neppure in una situazione d’emergenza, le maggiori forze politiche del centrosinistra e del centrodestra formino un governo insieme”, Massimo D’Alema, 8 marzo 2013.

Non ci sarebbe molto altro da aggiungere, se non che almeno un grande merito il governo di Enrico Letta ce l’ha. Ha reso manifesto quello che da tempo, in molti, sospettavano: il Partito democratico non è più un partito di centrosinistra. Gli ultracorpi democristiani hanno avuto la meglio. Il Pd è ormai un partito moderato, saldamente ancorato al centro, blandamente attento ad alcuni temi sociali. Pronto ad allearsi con la destra di Silvio Berlusconi in nome della “situazione d’emergenza”.

In fondo il governo di Mario Monti non era poi molto diverso, con la differenza che – per pudore o per timore – i due partiti che l’appoggiavano avevano preferito non esporsi troppo, mandando avanti dei “tecnici” apparentemente più neutri e presentabili. A questo punto resta solo da capire dove sia finita la sinistra. Non le sue ragioni, non i suoi elettori: quelli ci sono, e sono come sempre molti. Dove sia finita la sinistra in termini di spazi e di leadership. È da anni che è scomparsa, e la sua assenza è un danno per tutti, anche per chi di sinistra non è.

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