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Washington torna al dialogo multilaterale

Joe Biden dopo l’annuncio della vittoria alle elezioni presidenziali a Wilmington, Delaware, 7 novembre 2020. (Kevin Lamarque, Reuters/Contrasto)

La prima qualità di Joe Biden è quella di non essere Donald Trump. Questo spiega l’immenso sospiro di sollievo tirato a Parigi, Berlino, Ottawa o Seoul, capitali che in un modo o nell’altro hanno sofferto lo stile del presidente uscente. Con la stessa chiave di lettura possiamo interpretare i silenzi o le reazioni ambivalenti dei leader più vicini a Trump, da Londra a Mosca, da Budapest a Brasília e Gerusalemme.

Ma Joe Biden non può essere definito soltanto per ciò che non è. Il prossimo presidente sarà giudicato per le sue azioni concrete, e in questo senso ha già fornito un indizio annunciando che il suo primo atto alla guida degli Stati Uniti sarà quello di rientrare nell’accordo di Parigi sul clima, da cui il paese è ufficialmente uscito la settimana scorsa. È una notizia importante per tutto il pianeta.

È probabile che gli Stati Uniti di Biden riabbracceranno la diplomazia multilaterale, rinnegata da Trump in nome dell’unilateralismo e dell’America first. Per esempio, possiamo aspettarci che Biden confermi l’adesione del paese all’Organizzazione mondiale della sanità e al programma di vaccinazioni per tutti, entrambi bocciati da Trump.

Entusiasmo e apprensione in Europa
Ma non sarà un ritorno alla diplomazia dell’era di Obama, anche perché il mondo è profondamente cambiato a causa dell’azione erosiva della presidenza Trump e dell’ascesa di diversi poli di potere. Biden non avrà né i mezzi né l’intenzione di imporre nuovamente l’egemonia degli Stati Uniti.

La vera sfida dell’era Biden sarà quella di strutturare un nuovo mondo multipolare che sta emergendo in modo caotico, come possiamo constatare ogni giorno. Per riuscirci, il presidente eletto intende resuscitare una coalizione di paesi democratici che il suo predecessore trattava a volte peggio dei suoi nemici.

Joe Biden ha promesso che nel primo anno del suo mandato organizzerà un vertice per la democrazia che riunirà gli stati e le società civili per creare un fronte unito. Per il momento il progetto è ancora troppo vago per capire se si tratterà semplicemente di un’alleanza contro Pechino o se invece ci sarà un vero sforzo di rinnovamento democratico dopo anni di regressione e minacce autoritarie.

L’Europa affronta questa nuova fase con entusiasmo, ma anche con un pizzico di apprensione. Se il ritorno a una diplomazia più prevedibile e amichevole è sicuramente benvenuto, nessuno sa ancora in quali condizioni Biden potrà governare, con un paese in difficoltà, un senato potenzialmente ostile e un trumpismo tutt’altro che sconfitto.

Gli europei sono divisi tra il sentimento espresso dalla cancelliera Angela Merkel – che conosce bene Biden, è convinta che l’amicizia transatlantica sia indispensabile e propone di lavorare insieme – e i timori manifestati da Clément Beaune. Il segretario di stato per gli affari europei della Francia ha sottolineato su Twitter che “sarebbe sbagliato convincersi che tutto sia cambiato. L’Europa deve prima di tutto contare su se stessa”. Tra i due messaggi non c’è solo una differenza di stile.

Il dibattito tra Francia e Germania, e in generale tra i 27 paesi europei, servirà a stabilire come posizionarsi all’interno del nuovo rapporto transatlantico, e quale dose di autonomia pretendere per l’Europa. Paradossalmente era più semplice combattere con Donald Trump, ma questo non è certo un motivo per rimpiangerlo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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