Steve Scalise (al centro) e Jim Jordan (a sinistra), candidati alla carica di presidente della camera dei rappresentanti (Kevin Dietsch, Getty Images North America)

Il 9 ottobre si è aperta una settimana decisiva per il Partito repubblicano: l’ala moderata e quella di estrema destra cercheranno di trovare un accordo sul nome del successore del presidente della camera dei rappresentanti Kevin McCarthy, destituito il 3 ottobre.

La destituzione di McCarthy ha messo a nudo le divisioni che attraversano il partito a un anno dalle elezioni presidenziali.

Quella di presidente della camera dei rappresentanti è la terza carica dello stato dopo presidente e vicepresidente.

I principali leader repubblicani puntano a un’intesa sul successore di McCarthy entro l’11 ottobre.

La mancanza di un presidente ha causato la sospensione della maggior parte delle attività parlamentari in un momento in cui il congresso deve trovare un accordo sulla nuova legge di bilancio e prendere una decisione sull’invio di aiuti aggiuntivi all’Ucraina, ed eventualmente a Israele.

L’attacco lanciato il 7 ottobre dal gruppo palestinese Hamas ha aumentato la pressione sui repubblicani. Ma le tensioni all’interno del gruppo parlamentare, e il profondo disaccordo su varie questioni politiche, sono così forti che i negoziati potrebbero durare a lungo.

Due repubblicani hanno già presentato la loro candidatura: Steve Scalise, vice di McCarthy, e Jim Jordan, presidente della commissione giudiziaria, legato all’ex presidente Donald Trump.

Trump, candidato alle primarie repubblicane in vista delle presidenziali del 2024, si è schierato con Jordan, assicurandogli il suo “pieno sostegno”.

A sorpresa, Trump si è anche detto disponibile ad assumere la presidenza ad interim della camera “per un periodo di trenta, sessanta o novanta giorni”. Il presidente della camera non deve infatti necessariamente essere un deputato. Ma la proposta di Trump non è considerata un’opzione concreta dai principali analisti politici.

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