Il presidente colombiano Gustavo Petro a Bogotá, il 1 maggio 2024. (Raul Arboleda, Afp)

Il presidente colombiano Gustavo Petro ha annunciato il 1 maggio la rottura delle relazioni diplomatiche con Israele, definendo il governo guidato dal primo ministro Benjamin Netanyahu “genocida” per la sua condotta di guerra nella Striscia di Gaza.

Israele ha reagito accusando Petro di voler “premiare” il gruppo palestinese Hamas, che ha accolto con favore l’annuncio del presidente colombiano.

Nei mesi scorsi Petro aveva criticato più volte l’offensiva israeliana a Gaza, seguita all’attacco senza precedenti di Hamas in territorio israeliano del 7 ottobre.

“Domani romperemo le relazioni diplomatiche con lo stato d’Israele a causa del suo governo genocida”, ha affermato Petro in un discorso tenuto a Bogotá davanti a migliaia di sostenitori.

“Non possiamo accettare lo sterminio di un intero popolo”, ha aggiunto il presidente colombiano. “Se muore la Palestina, muore l’umanità”.

Il ministro degli esteri israeliano Israel Katz ha accusato Petro di “antisemitismo”. “Il presidente colombiano aveva promesso di ricompensare gli assassini e gli stupratori di Hamas, e oggi ha mantenuto la promessa”, ha scritto sul social network X.

“Apprezziamo il gesto del presidente colombiano Gustavo Petro”, ha affermato Hamas in un comunicato, invitando gli altri paesi dell’America Latina a rompere le relazioni con Israele.

La Bolivia, che ha un presidente di sinistra, e il Belize, piccolo stato dell’America Centrale, avevano già rotto le relazioni diplomatiche con Israele a causa dell’offensiva nella Striscia di Gaza.

Il Sudafrica, che sostiene la causa palestinese da anni, ha richiamato tutti i suoi diplomatici da Israele all’inizio di novembre.

Il 20 febbraio Petro aveva accusato Israele di commettere un “genocidio”, esprimendo solidarietà al suo collega brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, contestato dal governo israeliano dopo aver paragonato l’offensiva nella Striscia di Gaza alla Shoah.

Il presidente colombiano aveva anche sospeso l’acquisto di armi prodotte in Israele, uno dei principali fornitori delle forze di sicurezza del paese sudamericano.