Per la dodicesima volta, il 14 giugno il parlamento libanese non è riuscito a eleggere un nuovo presidente. Nessuno dei due candidati – Jihad Azour, ex ministro delle finanze e capo del dipartimento per il Medio Oriente e l’Asia centrale del Fondo monetario internazionale, e Suleiman Frangieh, leader del movimento Marada, sostenuto da Hezbollah – ha ottenuto gli 86 voti necessari per essere eletto al primo turno. I deputati di Hezbollah hanno poi abbandonato l’aula per impedire di raggiungere il quorum al secondo turno, quando basta la maggioranza assoluta. Anthony Samrani, direttore del quotidiano libanese L’Orient-Le Jour, commenta che “la crisi rischia di durare a lungo”. Il paese è guidato da un governo dimissionario con poteri ridotti dalla conclusione del mandato del presidente Michel Aoun, il 31 ottobre 2022. Il 15 giugno alcuni manifestanti hanno assaltato diverse banche in un sobborgo di Beirut. Chiedevano di poter avere accesso ai loro risparmi bloccati.

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Questo articolo è uscito sul numero 1517 di Internazionale, a pagina 33. Compra questo numero | Abbonati