Chi conosce la vicenda del sommergibile nucleare russo affondato nel mare di Barents nel 2000, durante un’esercitazione, sa già come va a finire il film di Thomas Vinterberg. Forse questo è uno dei motivi per cui il film, basato sul libro di Robert Moore del 2002, dà la priorità alle emozioni rispetto alla ricostruzione, concentrandosi sulla tensione, sulla solidarietà tra i componenti dell’equipaggio e sulla loro disperazione. Matthias Schoenaerts, nei panni di un ufficiale innamorato del mare, dà una malinconica fisicità al film. Si muove con la grazia di un eroe, ma ha gli occhi del condannato. Qualcosa di simile si potrebbe dire per Colin Firth, che interpreta il commodoro britannico le cui offerte d’aiuto sono respinte dalle autorità russe. Il film insiste sulle reazioni a quella che fu un’umiliazione per la Russia di Putin, ma funziona meglio quando rimane attaccato ai suoi tragici personaggi.
Bilge Ebiri, The New York Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1521 di Internazionale, a pagina 74. Compra questo numero | Abbonati