Fare qualcosa di diverso dopo quasi trent’anni di carriera non è mai facile. Ma con l’aiuto di un nuovo produttore con una nuova prospettiva su quello che potrebbe essere il loro suono, gli statunitensi Wilco si sono avventurati in acque ghiacciate per il loro tredicesimo album in studio. Spinto dalle idee della produttrice e cantautrice gallese Cate Le Bon, capace di trovare un punto d’incontro con la poetica malinconia del leader della band Jeff Tweedy, il suono del gruppo si è decisamente rinnovato. L’album si apre con un torbido suono di chitarra prima che Tweedy emerga dalla nebbia: in Infinite surprise la band viene gettata tra acque tranquille e formicolii di dissonanza. La maggior parte del disco è pensata per costruire progressivamente tensione, con una lenta salita verso il climax del brano che dà il titolo al lavoro ed è il centro tonale di tutto: Cousin è un teso tira e molla che riflette sull’identità individuale, mentre Tweedy canta “Sei mio cugino / mio cugino / sono te”. La batteria di Glenn Kotche è confinata e lasciata libera solo nei momenti più rari. Dopo aver lottato contro la solitudine e l’alienazione, Tweedy ci lascia con un pizzico di ottimismo nella conclusiva Meant to be. Se Cruel country del 2022 era un cenno alle radici country della band, Cousin rappresenta un al­lontanamento da quelle origini in favore di nuovi lidi sonori.
Clay Geddert, Exclaim

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Questo articolo è uscito sul numero 1531 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati