È un disco importante, non solo perché ci sono alcune delle esecuzioni pianistiche più sorprendenti che abbiate mai sentito, ma perché mette Marc-André Hamelin al centro dell’attenzione come uno dei più importanti pianisti-compositori del nostro tempo, raccogliendo il testimone da artisti come Rachmaninov, Busoni e Godowsky. Come gli ultimi due, dà il meglio di sé come compositore ispirato dalla musica degli altri, sempre interessato a esplorare le potenzialità espressive e tecniche della tastiera. Lungo la strada sentiamo il suo debito verso Alkan, Godowsky (ovviamente), Morton Feldman e molti altri che ha maliziosamente nascosto. Eppure, per qualche misterioso processo osmotico, tutto suona inequivocabilmente hamelinesco. Il lavoro principale sono le Variazioni su un tema di Paganini, del 2011, che sono già un classico moderno. Il programma si conclude con un secondo capolavoro, la toccata su L’homme armé, un’altra opera che probabilmente entrerà nel repertorio pianistico regolare. Qualche pezzo non mi convince completamente, ma è una visione soggettiva che non coglie il punto: qui c’è un pianista di uno standard così elevato che mi chiedo se esista qualcuno di paragonabile. Aspetto con impazienza che scriva un concerto per pianoforte.
Jérémie Bigoire, Diapason

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Questo articolo è uscito sul numero 1554 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati