A metà marzo, più di due settimane dopo il naufragio di un’imbarcazione sulla costa calabrese, le acque del mar Mediterraneo stavano ancora portando a riva quello che restava: assi di legno, parti del motore, scarpe di bambini, corpi. Quest’anno la stagione dei migranti annegati è arrivata in anticipo.

A quattrocento chilometri di distanza, al largo di Trapani, alcuni volontari imparavano le tecniche del soccorso in mare in vista dei viaggi futuri dei migranti e delle tragedie che continuano a succedere, anche se ogni volta i paesi ricchi si comportano come se si trattasse di una nuova crisi. Al corso di addestramento partecipavano sia veterani sia persone alle prime armi: insegnanti, paramedici, studenti e marinai. Anche uno chef.

La domenica è arrivato un ospite speciale, un ragazzo che si mimetizzava tra gli altri indossando lo stesso casco blu e la stessa giacca a vento di tutti i partecipanti, anche se molti di loro gli lanciavano sguardi furtivi e qualcuno lo fissava sfacciatamente. È il prezzo della popolarità. In Italia, dov’è nato, è molto conosciuto, si chiama Ghali, che in arabo significa “prezioso”. Nell’estate del 2022 Ghali, che nella vita fa il rapper, ha donato all’associazione non profit Mediterranea, organizzatrice del corso di Trapani, un gommone a chiglia rigida. Nato a Milano da genitori tunisini, ha detto che l’acquisto del gommone è stato “la cosa più rap che potesse fare”. “Ma non è abbastanza”, ha precisato più volte. Ha chiamato l’imbarcazione come il titolo di una canzone del suo ultimo disco: Bayna, che in arabo vuol dire “vederci chiaro”. Il Bayna avrebbe dovuto essere usato a fine settembre 2022, ma non aveva partecipato a nessuna missione di soccorso. Era intrappolato nelle correnti della politica italiana. Dall’ottobre 2o22 il paese ha un nuovo governo, guidato da Giorgia Meloni, leader del partito di estrema destra Fratelli d’Italia. Prima di diventare presidente del consiglio Meloni diceva che bisognerebbe affondare una nave per il soccorso in mare. Poi le ha definite “traghetti” del Mediterraneo. L’attuale governo ha fatto di tutto per limitare l’attività in mare delle navi umanitarie che pattugliano le acque italiane. La Mare Jonio, imbarcazione di Mediterranea, è l’unica a battere bandiera italiana e a essere soggetta alla legge nazionale.

Manovra d’avvicinamento

La tragedia del naufragio in Calabria – 94 persone morte e undici disperse – ha riacceso il dibattito su come il governo italiano affronta le traversate dei migranti in mare. La visita di Ghali a Trapani per inaugurare il Bayna è stata organizzata nella speranza che l’attenzione dei mezzi d’informazione potesse scuotere l’opinione pubblica e velocizzare il processo che avrebbe dovuto autorizzare la Mare Jonio a prendere il mare in primavera, quando i migranti nelle acque del Mediterraneo sarebbero aumentati.

Dopo aver indossato il giubbotto di salvataggio, Ghali è salito a bordo di uno dei due gommoni di Mediterranea, cercando di rendere il suo metro e novantacinque il meno ingombrante possibile. I volontari sono stati divisi in due squadre: un gommone è stato usato nel ruolo della nave in difficoltà, sull’altro c’erano i soccorritori. Ghali era sul primo.

La manovra di avvicinamento e di primo contatto può essere molto pericolosa. Per eseguirla i soccorritori devono conquistare la fiducia dei migranti velocemente: affermando la propria autorità ma evitando di sembrare minacciosi. Dopo giorni trascorsi in mare, spesso alla deriva, c’è il rischio che le persone si precipitino per scendere, rischiando di capovolgere l’imbarcazione. I volontari sul gommone insieme a Ghali si erano esercitati per tutto il fine settimana. Quando hanno visto il gommone di salvataggio hanno cominciato ad agitarsi e a urlare in inglese: “Hey! Hey! Siamo qui!” . “Siamo una nave italiana, vi aiuteremo, ma dovete mantenere la calma”, ha risposto in inglese dall’altro gommone Gabriele Mantici, un volontario che di professione fa lo skipper.

“Venite! Venite!”, gridavano dal gommone su cui si trovava Ghali. A quel punto l’imbarcazione ha cominciato a oscillare. “Sedetevi”, ha detto Mantici con fermezza. “Siamo qui per salvarvi. Vi porteremo su quella nave laggiù”, e ha indicato la Mare Jonio, “ma dovete stare calmi”. “Per favore! Per favore!”, imploravano gli altri. A quel punto Ghali, che si era calato nella parte, si è alzato di scatto e ha agitato le braccia. Il gommone ha ripreso a ondeggiare. Fabio Gianfrancesco, vicecoordinatore per le operazioni di soccorso di Mediterranea, e professore di filosofia a Roma, si è fermato per dare qualche delucidazione a Ghali. “È molto importante la sua posizione”, gli ha spiegato, indicando Mantici. “Chi parla è più in alto, sta in piedi con una gamba sul bordo. Questo aiuta le persone a concentrarsi su di lui”.

“Va bene, vi passo un giubbotto di salvataggio”, ha detto Mantici. “Dovete indossarli e allacciarli”, ha aggiunto, mimando il gesto di infilarsi il giubbotto e di chiudere la cintura. “Quando lo avrete indossato tutti vi faremo salire a bordo uno alla volta. Ma dovete stare calmi”.

Ghali durante un’esercitazione organizzata da Mediterranea. Trapani, 19 marzo 2023 (Andrea Frazzetta)

Gianfrancesco si è sporto in avanti per intervenire: “La comunicazione gestuale è l’unico modo per essere sicuri di trasmettere il messaggio”, ha spiegato. Le persone sul gommone con Ghali si sono avvicinate tutte insieme per afferrare i giubbotti di salvataggio. A quel punto l’imbarcazione si è sbilanciata. “Indietro! Indietro!”, ha detto Mantici rivolgendosi al suo equipaggio. Il gommone di soccorso ha arretrato. “Se fate così non possiamo aiutarvi”, ha detto al gruppo di Ghali. “Dovete stare calmi e ascoltare. Va bene?”. Quando il gommone su cui era Ghali ha smesso di oscillare, quello di soccorso si è avvicinato per dare i giubbotti di salvataggio. Dopo che tutti li hanno allacciati, è cominciato il trasferimento dei passeggeri.

Sulla Mare Jonio, dopo l’esercitazione, Ghali ha visto che il Bayna era stato gonfiato. L’idea di donarlo gli era venuta più di un anno prima. Ora, finalmente, poteva toccarlo. “Che bomba!”, ha detto. Erano in pochi sul ponte più alto a osservare Ghali mentre scriveva il nome Bayna sullo scafo. Molti dei volontari si stavano preparando per tornare alla loro quotidianità.

Quando gli è stato chiesto chi immagina possa essere salvato grazie al Bayna, Ghali ha risposto: “Questi volontari stanno salvando i miei amici, le loro famiglie, i miei fratelli. Provo gratitudine. I miei fratelli che salvano i miei altri fratelli. Stanno salvando anche me”.

Nel ritornello di uno dei suoi più grandi successi, Cara Italia, il rapper canta: “Quando mi dicono ‘Va’ a casa’, rispondo ‘Sono già qua’, io T.V.B. cara Italia”.

Non è solo chi è xenofobo a non considerare italiani le persone come Ghali. Anche i suoi fan spesso gli chiedono: “Quando sei arrivato in Italia?”. La percezione diffusa che Ghali sia straniero nasce in parte dalla concezione che l’Italia ha di sé, ovvero di un paese caratterizzato da un’epopea di emigrazione ma non da una storia d’immigrazione. Ghali ha ribaltato questa immagine raccontando la sua realtà di figlio di immigrati tunisini in canzoni talmente popolari da essere usate per gli spot di multinazionali come la Bmw, McDonald’s e la Oreo. Cara Italia è stata scelta per una campagna pubblicitaria della Vodafone.

Anche se Ghali è nato in Italia, ha dovuto compiere diciott’anni per diventare cittadino del paese, al termine di quello che ha definito un procedimento complicato. In Italia non si applica lo ius soli, per cui ai nati sul territorio nazionale da genitori non italiani non è assegnata automaticamente la cittadinanza. Nel brano Flash­back Ghali canta:

Intervistatori mi chiedono: ‘Ius soli?’

Credo soltanto che siamo più soli.

Chi è nato in Italia da cittadini stranieri o chi c’è arrivato prima di compiere diciotto anni è definito un immigrato di seconda generazione, mentre negli Stati Uniti i figli degli stranieri sono considerati americani di prima generazione.

Nel 2018 l’Italia contava circa 1,3 milioni di minorenni di seconda generazione, tre quarti dei quali nati in Italia. Rappresentano il 13 per cento della popolazione italiana con meno di diciotto anni.

La madre di Ghali ha lasciato la Tunisia quando aveva vent’anni. Il rapper racconta che il padre, arrivato anni dopo, era un trafficante di droga che entrava e usciva dal carcere e dalla vita del figlio, fino a quando ha deciso che non voleva più vederlo. Dopo il secondo arresto del padre e l’esaurimento di quello che Ghali chiama haram flus (denaro sporco) la madre ha cominciato a fare pulizie negli ospedali e nelle case. In quegli anni Ghali sentiva che lui e lei erano soli contro il mondo. “Mia madre è con me nella guerrilla”, canta in Flashback. Nel 2003 lo ha portato a vedere il film 8 Mile, il cui protagonista era il rapper Eminem. Ghali è rimasto folgorato da quella “roba americana”, il rap. Poco dopo, un ragazzo tunisino più grande di lui gli ha fatto scoprire Joe Cassano, un rapper morto nel 1999 a 25 anni, regalandogli una raccolta di canzoni rap italiane. Ghali l’ha divorata. Scoprire che il rap poteva essere fatto anche in italiano, una lingua che amava, è stata una rivelazione. Ghali ha cominciato ad ascoltare il rap italiano in un momento in cui gli artisti emergenti, come aveva fatto Eminem, raccontavano le loro lotte personali, spesso da emarginati.

Le estati in Tunisia

Andrea Bertolucci, giornalista ed esperto di rap italiano, contrappone quell’approccio alla prima fase del rap in Italia, tra gli anni ottanta e novanta, quando era stato scelto dai movimenti di sinistra, e creava testi che esprimevano idee politiche di ampio respiro. Secondo Bertolucci, Cassano è stato “un vero paroliere e un precursore”, perché ha scelto di parlare di sé con introspezione. In ogni caso, spiega: “Dato che le grandi case discografiche non erano interessate al rap, non subiva censure. Era un genere sovversivo, libero”.

Ghali, che da bambino trascorreva le estati in Tunisia, all’epoca governata da un regime autoritario, è stato conquistato visceralmente da quella libertà. Ascoltando i rapper italiani e statunitensi che denunciavano la brutalità della polizia, Ghali non poteva fare a meno di pensare che in Tunisia per una canzone del genere si poteva essere arrestati. L’anno in cui ha scoperto il rap si è trasferito con la madre in una casa popolare a Baggio, un quartiere alla periferia di Milano. Lì la musica è diventata uno strumento per legare con gli altri ragazzi. Ancora oggi la sua cerchia ristretta è composta soprattutto da persone che ha conosciuto a Baggio. “Anche prima di diventare famoso è sempre stato famoso per noi”, racconta il suo amico Nathan Bonaiuti, figlio di un’eritrea. Presto Ghali ha cominciato a registrare tracce nella sua stanza, facendolo con discrezione per evitare che la madre lo sentisse dire parolacce. Poi distribuiva i suoi demo in giro per il quartiere. “Il rap ha dato senso a tutto. Nessuno mi può impedire di dire cosa penso”.

Ma la libertà che il ragazzo trovava nel rap contrastava con la sua realtà quotidiana. Ghali racconta di essersi sempre sentito italiano. “All’asilo, con le suore, recitavo l’Ave Maria”. Eppure il suo documento di riconoscimento era chiaramente diverso da una normale carta d’identità. Era un promemoria del fatto che lui e quelli come lui erano “ospiti”. Quel rifiuto era alimentato dai mezzi d’informazione. “In tv non ho mai sentito nessuno dire ‘tunisino’ in senso positivo. Solo ‘ tunisino ha stuprato’, ‘tunisino arrestato’, ‘tre ragazzi di origini tunisine membri dell’Isis’. Mi vergognavo anche del mio nome”.

Steccato di Cutro, Calabria, 26 febbraio 2023 (Andrea Frazzetta)

Quando era ancora un adolescente, Ghali si è esibito sul palco con i più grandi artisti rap italiani. “Era swang (fico) avere un arabo”, racconta. Dopo un po’ ha deciso di cantare da solo, sicuro che avrebbe avuto successo. “Stavo raccontando una storia che non era stata raccontata e sapevo che c’era altra gente come me”, spiega. “Mi sono innamorato del rap italiano, ma non mi sentivo rappresentato. Sapevo che i figli degli immigrati cominciavano a esistere in Italia ma che nessuno raccontava la loro storia”. E così Ghali ha raccontato la sua vita, usando un mix linguistico che costituisce il suo gergo quotidiano. Nei suoi testi ci sono frasi in cui il soggetto, il verbo, l’oggetto e gli aggettivi sono tutti in lingue diverse. L’ironia prevale sull’aggressività. Anche se molte cose lo facevano arrabbiare: “Ma se avessi espresso questa rabbia non avrei avuto nessuna possibilità. Ero penalizzato dal fatto di essere un arabo. Dovevo piacere. Non volevo essere accettato solo dai ‘ragazzi di strada’, volevo essere accettato nelle famiglie italiane. Volevo essere riconosciuto come un artista nazionale”.

La sua esaltazione della madre gli ha sicuramente permesso di farsi amare da molte mamme italiane, un gruppo di fan insolito per un rapper (nel brano Wily Wily si definisce “Figlio di ma’ e i suoi sacrifici”). Nel 2018 il suo concerto al Mediolanum forum di Assago è stato trasmesso in diretta. La telecamera ha inquadrato la folla che cantava mentre Ghali passava da una lingua all’altra. Il pubblico è andato in visibilio quando Ghali ha portato sul palco la madre che sventolava una bandiera italiana.

A volte l’amore di Ghali per l’Italia ha impedito agli italiani di capire le sue critiche al paese. Molti interpretano la canzone Cara Italia, il cui video ufficiale ha più di cento milioni di visualizzazioni su YouTube, come una lettera d’amore, quando in realtà è una sorta di rimprovero.

Ma che politica è questa?

Qual è la differenza tra sinistra e destra?

Cambiano i ministri, ma non la minestra

Il cesso è qui a sinistra, il bagno è in fondo a

destra […]

C’è chi ha la mente chiusa ed è rimasto indietro, come al Medioevo

Il giornale ne abusa, parla dello straniero come fosse un alieno

Senza passaporto, in cerca di dinero.

“Dicono ‘Guarda quanto ama l’Italia. Ha scritto una canzone per l’Italia’”, conferma Ghali, con frustrazione. “‘Che bravo ragazzo. Che bravo straniero! È straniero ma è bravo’. Io però non sono né bravo né straniero”. Ghali non rivendica solo la sua appartenenza. Mentre l’Italia si divide tra chi abbraccia il multiculturalismo e chi vorrebbe arginarlo, gli immigrati di seconda generazione sono esclusi dal dibattito nazionale. Secondo Bertolucci la musica di Ghali ha “finalmente dato voce a una comunità che non ha mai avuto una rappresentanza politica, sociale, religiosa o addirittura linguistica”. Il giornalista sottolinea che oltre all’uso di riferimenti condivisi da molti figli di immigrati, l’innovativo mix tra italiano, arabo, francese, spagnolo e inglese di Ghali “ha creato un suo territorio di rivendicazione linguistica per chi, come lui, si sentiva escluso”. Bertolucci considera la sua musica uno “strumento di avvicinamento culturale” per gli italiani. Come canta Ghali in Bayna: “Tu sogni l’America, io l’Italia. La nuova Italia”. Nella vita e nella musica del cantante il Mediterraneo è una presenza costante, un elemento che lega e allo stesso tempo separa i destini di chi vive sulle sue sponde. Nelle estati trascorse dalla famiglia in Tunisia, Ghali era consapevole del fascino delle sirene del mare. Molti tunisini lasciano il paese alla ricerca di una vita migliore, ma chi non ha il visto affronta una traversata costosa e piena di pericoli. Ghali ha sentito spesso gli adulti piangere perché un amico o un parente era annegato tentando di arrivare in Italia.

In Tunisia e in altri paesi del Nordafrica le persone che tentano l’avventura nel Mediterraneo sono chiamate harraga (quelli che bruciano), perché quando raggiungono l’Europa danno fuoco ai documenti di riconoscimento per impedire alle autorità di scoprire chi siano e da dove vengano. Esiste un intero filone musicale che racconta l’harga, la traversata. Le canzoni affrontano temi ricorrenti: il desiderio di partire, i pericoli del viaggio, la sofferenza di chi vive in esilio, l’accettazione della volontà divina. Quando si trovano in acque agitate, i migranti cercano di farsi forza cantando insieme. Anche Ghali ha scritto una canzone sull’harga.

Un’estate, a sedici anni, arrivato in Tunisia, il ragazzo si è vantato con un cugino tunisino delle meraviglie della sua vita a Milano. Qualche tempo dopo il cugino, poco più grande di Ghali, è sparito. La sera è tornato a casa coperto di grasso di motore. Lo avevano trovato nascosto in una barca diretta in Italia. Per anni Ghali si è sentito in colpa pensando che le sue parole avrebbero potuto causare la morte del cugino. Basandosi su quell’esperienza ha scritto il testo della canzone Mamma: nel video un ragazzo tunisino con una felpa della nazionale italiana si prepara a scappare nel cuore della notte. Ghali canta:

Lui guarda me, le mie Nike Air e pensa che

Sia easy fare il cash ma non sa che così non è

E finirà come gli altri a fare wesh wesh, bang bang.

Ma Ghali capisce che non riuscirà a convincerlo, perché sa che se fosse nato in Tunisia anche lui avrebbe fatto la stessa scelta. E quindi si rivolge al mare:

Mare o mare, non ti agitare

Mi raccomando, portalo in salvo

Mare o mare, ti prego non ti agitare o annego

Mi raccomando che arriva, portalo in salvo a riva.

Ghali è stato da sempre consapevole del dramma delle traversate e delle morti in mare, ma tempo fa gli italiani non lo erano, e così gli europei che vivevano in paesi lontani dal Mediterraneo. Le cose sono cambiate nel 2014, quando i viaggi sono più che triplicati, anche a causa della primavera araba. L’Europa è stata colta di sorpresa, come se avesse dimenticato l’esistenza dei paesi sull’altra sponda del Mediterraneo. Il mare è diventato un cimitero e un campo di battaglia politico. Dal 2014 più di 27mila persone sono morte o scomparse durante le traversate, soprattutto perché l’Europa ha considerato il Mediterraneo un confine da difendere e non una zona in cui predisporre operazioni di ricerca e soccorso. Le imbarcazioni come Mare Jonio cercano di colmare questo vuoto.

Per contrastare gli sbarchi l’Unione europea ha tentato di fermare le partenze dai porti africani, chiudendo il rubinetto invece di occuparsi delle tubature. Bruxelles ha appaltato la gestione delle frontiere a paesi sull’altra sponda del Mediterraneo, in cui gli standard sul rispetto dei diritti umani sono bassi. Ha adottato questo metodo dopo la crisi dei migranti del 2015, quando quasi un milione di persone (di cui l’80 per cento in fuga da Siria, Afghanistan e Iraq) è sbarcato in Europa. Molti di loro erano partiti dalla Turchia e così nel 2016 l’Unione europea ha accettato di versare ad Ankara sei miliardi di euro in cambio della promessa di impedire che i migranti salpassero dalle coste turche (un’intesa che ha rafforzato il regime autoritario di Recep Tayyip Erdoğan sul fronte interno e internazionale ).

Le violenze della Libia

L’anno successivo l’Italia, con l’approvazione dell’Unione europea, ha firmato un accordo con la Libia, ex colonia italiana, ottenendo dal governo di Tripoli l’impegno a ridurre il numero di partenze. Le organizzazioni per la difesa dei diritti umani criticano quell’accordo, documentando una lunga serie di casi in cui i migranti sono stati uccisi, torturati, schiavizzati e violentati dai libici. Anche se l’accordo con la Libia è stato promosso dal Partito democratico, il politico italiano più associato al sentimento contrario ai migranti è il leader della Lega Matteo Salvini. Come fa oggi Meloni, già nel 2018 Salvini, che era vicepresidente del consiglio, sosteneva che le navi delle ong “incitassero” i migranti a partire, come se i motivi non fossero le condizioni di vita nei paesi d’origine. In più di un’occasione ha negato a una nave umanitaria il permesso di attraccare. Salvini è sotto processo per uno di questi episodi. Tra i testimoni dell’accusa c’è anche Richard Gere, che aveva fatto visita ai migranti a bordo della nave.

In un remix del 2019 della canzone Vossi Bop, del rapper britannico Stormzy, Ghali ha preso di mira Salvini definendolo un “politico fascista”, secondo cui chi è arrivato con un gommone non può restare in Italia. Nella canzone Ghali ha immaginato una scena ambientata durante una partita di calcio del Milan (di cui è tifoso, come Salvini) in cui la presenza del leader della Lega rovina l’ambiente. “Sono un artista e fare politica non è necessariamente il mio compito”, ha dichiarato Ghali. “La mia musica racconta la mia storia e il rap, che è nato come denuncia sociale e che da sempre è il mio pane quotidiano, era il mezzo migliore per soddisfare la mia esigenza di prendere una posizione nei confronti di chi sfrutta la paura per creare un nemico”.

Salvini, che all’epoca era probabilmente l’uomo più potente del paese, ha risposto su Twitter pubblicando un link a un articolo di Vice Italia intitolato “Ghali che attacca Salvini in un pezzo con Storm­zy è pura gioia”, e cita la frase incriminata della canzone prima di aggiungere: “Mi insulta ma la sua musica non mi dispiace, è grave?”, con tanto di emoji con gli occhiali da sole.

L’idea che Ghali sia straniero nasce dalla concezione che l’Italia ha di sé

Il mese successivo Salvini ha fatto una scommessa azzardata tentando di diventare presidente del consiglio, ma alla fine ha causato solo un cambiamento della coalizione al governo. Il nuovo esecutivo non ha applicato i cosiddetti decreti Salvini. La pandemia, intanto, era dietro l’angolo. Quando il mondo è entrato in lockdown, gli spostamenti si sono quasi interrotti ed è calato drasticamente anche il numero di sbarchi. Poi il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha chiesto a Ghali di scrivere il testo del video della campagna post-lockdown del comune. “Volevamo dare un volto e una voce alla città che fosse in grado di rappresentare una nuova generazione di milanesi, emblema di una società interculturale e impegnata”, spiega Sala. “Ghali ha trovato le parole per parlare a tutti”.

Un venerdì sera, al ristorante Bice – un’istituzione milanese in cui si incontrano professionisti e famiglie borghesi – una donna sulla sessantina in tailleur è uscita mentre entrava Ghali. “Pensavo fossi in Marocco”, gli ha detto sorpresa. In effetti l’ultimo post su Instagram del rapper era stato da Marrakesh.

Ghali non aveva una prenotazione e il ristorante era affollato. Era disposto ad aspettare, ma la cameriera, visibilmente emozionata, è riuscita a trovargli un tavolo in un angolo. Bice si trova nel cosiddetto quadrilatero della moda, il cuore della moda italiana, che ha abbracciato Ghali. I clienti del ristorante si sono accorti che si trattava di un personaggio famoso. Resta da capire quanti sapessero che era italiano. È questa qualità di Ghali – il fatto che potrebbe venire da molti posti – ad aver attratto il mondo della moda italiana, afferma Federico Sarica, responsabile dei contenuti della rivista GQ Italia. Il motivo per cui esisteva il vuoto riempito da Ghali è semplice: “l’Italia è da sempre un paese molto in ritardo”, dice Sarica. Il fatto che Ghali sia alto e abbia un bell’aspetto ha aiutato. La Benetton lo ha scelto come ambasciatore del marchio nel 2021 perché “incarna i valori fondativi del multiculturalismo e dell’integrazione”, definendolo “uno degli artisti più influenti della sua generazione”. Ghali ha disegnato una collezione presentata dalla Benetton nell’autunno 2021, di cui fanno parte hijab (il velo islamico che copre i capelli) per uomini e vestiti con scritte in arabo.

“Ghali è stato un’assoluta novità per l’Italia”, ha spiegato sul quotidiano la Repubblica Roberto Saviano, autore di Gomorra. Secondo Saviano, Ghali è evidentemente italiano – “È milanista!” – ma senza nascondere le sue origini tunisine. Questa sintesi immediata, spiega il giornalista, permette all’artista di normalizzare gli immigrati di seconda generazione e di umanizzare quelli che rischiano la vita in mare. Saviano cita la canzone Mamma, che secondo lui “è servita a comprendere il dramma delle partenze più di qualsiasi trasmissione, libro, film. Perché racconta di come e perché un ragazzo decide di partire e non nasconde le contraddizioni”.

Karima Moual è una giornalista italiana nata in Marocco, che scrive proprio di queste contraddizioni, come gli ostacoli all’integrazione e la mancanza di opportunità. “Nonostante io sia italiana rimango sempre ‘la giornalista di origine marocchina’”, spiega. Secondo Moual, l’Italia non è capace di “riconoscere che c’è una generazione che è pienamente italiana, che ha un background migratorio ma è integrata e che qui vuole stare, non è che vuole ‘tornare’. Qui ha il suo futuro”. Parlando di Ghali, Moual sottolinea che “finalmente c’è qualcuno di seconda generazione, uno ‘straniero’, che supera i limiti. Non è più il tunisino. Ghali è Ghali”.

Lo scontro con Salvini

Sarica mette in guardia contro il rischio di trasformare Ghali in un simbolo o di pensare che l’Italia “somiglia più a Ghali che a Meloni”. Secondo Moual: “L’oggi è di Meloni”, spiega, perché è presidente del consiglio. Ma sottolinea anche che a vincere le elezioni sono stati la paura e il desiderio di negare l’esistenza di una generazione “che invece è integrata e italiana a tutti gli effetti”. Questa visione “è slegata dalla realtà, e questa realtà è la realtà di Ghali”.

Il rap per prendere posizione rispetto a chi sfrutta la paura per creare un nemico

Nell’estate 2021 gli sbarchi sono di nuovo aumentati. A novembre la scena immaginata da Ghali nel remix di Vossi Bop è diventata realtà: il rapper e Salvini si sono trovati entrambi a San Siro per tifare il Milan, seduti a poca distanza l’uno dall’altro. Quando un giocatore nero del Milan ha segnato Salvini ha esultato. In un video diventato virale si vede Ghali mentre urla contro Salvini, trattenuto dai suoi amici. “Assassino, tu che cazzo esulti? Ha segnato un negro. Un negro come me, come tanti di quelli che fai morire in mare. Vergognati!”.

Ghali al porto di Trapani, 19 marzo 2023 (Andrea Frazzetta)

Poco dopo Ghali ha preso contatto con Mediterranea per sostenerla di più, rispetto alle piccole donazioni che aveva già fatto. Il 19 luglio 2022 ha annunciato su Instagram: “Mi sono comprato una barca”, allegando un video clip dal vivo di Mamma e alcuni brani di canzoni in cui aveva parlato delle traversate, di cui uno tratto da Bayna. Il caso ha voluto che il giorno successivo il governo italiano è caduto. Le elezioni si sono svolte il 25 settembre e Meloni ha trasformato l’immigrazione in un elemento centrale della sua campagna elettorale, parlando di sostituzione etnica e promettendo un blocco navale. Il giorno delle elezioni Ghali ha votato nella sua vecchia scuola di Baggio, pubblicando su Instagram la foto della sua scheda elettorale e del suo passaporto italiano. “La tua sfiducia nella politica italiana e il tuo diritto di voto sono due cose separate. Il diritto di voto è una delle forme di libertà individuale più importanti che abbiamo e c’è chi prima di noi ha combattuto una vita intera per ottenerlo. Non essere pigro e non trovare scuse”.

Supporto psicologico

Meloni ha vinto le elezioni ottenendo alla camera dei deputati il 26 per cento dei voti. Ha formato un governo di coalizione con la Lega e Forza Italia. Nel 2023 Meloni ha continuato a concentrarsi sulla lotta all’immigrazione con il codice di condotta per le navi delle ong, cercando di diminuire le operazioni di soccorso. A fine gennaio ha firmato un accordo sul gas con la Libia da quasi otto miliardi di euro, in cui prometteva di fornire altre cinque navi per bloccare i viaggi dei migranti.

Ghali ha commentato su Instagram: “È assurdo pensare che una parte delle tasse che paghiamo da cittadini italiani viene data alle guardie costiere libiche per imprigionare, torturare, schiavizzare e privare di ogni diritto umano migliaia e migliaia di profughi nei lager libici. Ogni anno il nostro governo fa accordi con la Libia per questo. Come qualche giorno fa ha fatto chi ci rappresenta. Sì, se chiedi ai diretti interessati ti risponderanno che lo fanno per una questione di sicurezza e per il nostro paese e che non sanno cosa accade in Libia una volta che rispediamo indietro queste persone. Tutte bugie, sanno tutto da sempre e continuano a farlo”.

Meloni stava cercando di stringere un accordo simile anche con la Tunisia. Poi il 21 febbraio il presidente tunisino Kais Saied ha esposto la sua versione della teoria della sostituzione etnica: ha detto che c’è un complotto per sostituire i tunisini con i migranti neri subsahariani, da lui definiti “orde di criminali”. La violenza scatenata da quelle parole ha spinto molti migranti a fuggire in preda al panico. I trafficanti hanno fatto affari d’oro. “Mi vergogno di Saied come mi vergogno di Salvini”, ammette Ghali.

Il 22 febbraio, nonostante l’inverno e il mare gelido, un barcone carico di migranti è partito dalla Turchia. Ognuno degli almeno 185 passeggeri – soprattutto afgani, ma anche iraniani, siriani, pachistani e iracheni – aveva pagato ottomila euro per salire a bordo. Le nuove leggi introdotte da Meloni per ostacolare le operazioni di soccorso sono entrate in vigore il giorno successivo, e le autorità italiane hanno sequestrato una nave di Médecins sans frontières. La Mare Jonio, con il Bayna a bordo, era bloccata nel porto di Trapani.

La sera del 25 febbraio Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, ha avvertito le autorità italiane che l’imbarcazione partita dalla Turchia era diretta verso le coste calabresi. Poco prima dell’alba l’imbarcazione è naufragata vicino alla costa. I pescatori hanno notato i migranti che richiamavano la loro attenzione con le torce dei telefoni, e si sono precipitati ad aiutarli.

La tragedia è avvenuta sulle spiagge di Steccato di Cutro, un piccolo centro abitato che in bassa stagione è popolato da appena 450 persone. Le strade del paese sono intitolate a città e paesi lontani – via Oslo e via Zurigo, via Atene, Dublino, Praga, Barcellona, Tbilisi, Tirana, Niger, Etiopia – come per invitare i turisti di tutto il mondo. E invece, poco lontano, sulle rive del mare sono affiorati i problemi del mondo.

Da sapere
Gli arrivi a Lampedusa

◆ Tra il 12 e il 13 settembre 2023 a Lampedusa sono sbarcate più di seimila persone (dati aggiornati alla mattina del 13 settembre). Un neonato è morto perché l’imbarcazione su cui si trovava si è rovesciata prima dell’arrivo della guardia costiera. Sull’isola si sono vissuti momenti di forte tensione quando agenti della guardia di finanza hanno fatto una carica contro i migranti, già provati dal caldo e dalla fatica, ammassati da ore al molo Favaloro in attesa di essere trasferiti all’hotspot di contrada Imbriacola. Intanto Francia e Germania hanno deciso di bloccare gli ingressi dei migranti dall’Italia. Ansa


Quel dramma ha suscitato grande cordoglio. Nella vicina Crotone, dove sono stati trasferiti sopravvissuti e cadaveri, molte persone si sono messe in fila in una scuola in cui erano state sistemate le bare. C’è chi ha lasciato animali di peluche davanti ai feretri dei bambini e dei neonati. I familiari delle vittime si sono gettati sulle bare. La disperazione ha lasciato il posto alla rabbia quando si è scoperto che le autorità italiane sapevano dell’arrivo del barcone e avevano inviato la guardia di finanza, invece della guardia costiera, trattando la questione come un problema di sicurezza e non come un’operazione di salvataggio. Il mare era mosso e la guardia di finanza era tornata a indietro. Nessuno aveva pensato di fare altro. Le istituzioni locali, regionali e statali, invece di salvare le vite in pericolo, hanno allestito una grande (e più costosa) operazione di recupero dei corpi. Dopo quasi un mese dal naufragio Vincenzo Voce, sindaco di Crotone, ha detto che tutti i partecipanti all’operazione avevano “bisogno di supporto psicologico. È dura recuperare i resti di un corpo che è stato venti giorni in acqua”.

Quando la gestione dei corpi è diventata un problema, il sindaco e il consiglio comunale del piccolo centro di Marcellinara si sono accorti che, anche nel caso in cui i familiari delle vittime avessero voluto che fossero sepolte in Calabria, non c’erano cimiteri adatti al rito musulmano. Per questo hanno dedicato parte del cimitero locale alla sepoltura dei morti di fede islamica. Vittorio Scerbo, il sindaco, ha parlato di un “piccolo gesto”. Ripetendo quelle che erano diventate le parole d’ordine delle autorità di Marcellinara, ha aggiunto: “L’abbiamo fatto per i morti, lo possiamo fare anche per i vivi” .

Meloni ha dato la colpa della tragedia agli scafisti, promettendo di mettere fine a episodi del genere eliminando le traversate e aggiungendo che avrebbe preteso “la massima collaborazione dagli stati di provenienza”. Ad aprile la presidente del consiglio ha concluso un accordo per la gestione delle frontiere con la Tunisia. Il governo ha inoltre emanato un decreto proponendo una serie di misure, tra cui pene più dure per trafficanti e scafisti, un ridimensionamento dei programmi di integrazione e l’apertura di nuovi centri di detenzione (i Centri di permanenza per il rimpatrio) e d’accoglienza per ospitare le persone in attesa di una risposta alla richiesta d’asilo, che può arrivare anche dopo due anni. La proposta è diventata legge a maggio. Il viaggio di Ghali a Trapani dopo la tragedia di Cutro ha attirato l’attenzione sulla situazione di Mediterranea, ma non ha contribuito a liberare la Mare Jonio dal blocco. Secondo Laura Marmorale, presidente della associazione, il sostegno di Ghali è stato comunque importante: “Non sono molti i personaggi pubblici che si sono impegnati per sostenere le operazioni di soccorso civili e parlare di temi difficili e divisivi come l’immigrazione e i salvataggi in mare”, spiega. “Quando qualcuno ha il coraggio di farlo, diventa subito bersaglio dell’odio e degli insulti online, oltre che degli articoli rabbiosi della stampa di destra. Facendosi avanti, Ghali ha messo a rischio la sua carriera”.

Ghali riconosce di aver subìto le conseguenze di quel gesto, ma le considera inevitabili. Più che altro è deluso dal fatto di non aver ricevuto il sostegno da quelli che chiama “gli italiani influenti”. Quando ha donato il Bayna ha avviato anche una campagna di raccolta fondi per comprare un secondo gommone. Le persone che hanno donato e condiviso il suo messaggio sui social network “sono solo persone come me. Figli di migranti”, spiega. “Questo è l’aspetto che più mi preoccupa. Mi chiedo se bisogna per forza vivere sulla propria pelle certe cose per capire”.

Con l’estate sono ripresi anche gli sbarchi, i salvataggi e le tragedie in mare. A giugno l’imbarcazione Adriana, carica di migranti, si è ribaltata al largo delle coste della Grecia, provocando la morte di più di seicento persone.

La partenze continuano

A metà luglio Meloni, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il primo ministro olandese Mark Rutte sono andati in Tunisia per annunciare, insieme a Saied, un altro accordo, in base al quale l’Unione europea pagherà sostanzialmente Tunisi per impedire ai migranti di salpare. E questo nonostante si susseguano i resoconti degli abusi commessi dalle autorità tunisine nei confronti dei migranti neri.

La Mare Jonio, intanto, non è ancora autorizzata a navigare. Ghali ha da poco compiuto trent’anni e racconta di aver dedicato il 2023 a “ricalibrare”. Nel brano Pare, il rapper canta:

A volte bisogna rinascere
Per lasciarti indietro cose che
Poi distruggo perché non distruggano me.

Ghali sta approfondendo la conoscenza dell’islam. Durante il Ramadan è andato in Arabia Saudita per la prima volta, compiendo l’umrah (un tipo di pellegrinaggio) con la madre. Nelle sue preghiere ha inserito anche l’organizzazione Mediterranea. In ogni caso ci tiene a precisare di aver sempre creduto in Dio. La differenza è che dopo aver sentito per anni di dover “soffocare le proprie origini, tradizioni e convinzioni per integrarmi in una società che non ti accetta per come sei”, ora le condivide pubblicamente. Avrebbe voluto che quando era bambino ci fosse stato almeno un italiano famoso con il coraggio di fare la stessa cosa. “Mi sarei vissuto alcune giornate molto meglio”.

A luglio Ghali è andato in Tunisia. All’alba del giorno in cui è partito, ancora sveglio dopo il concerto della sera prima a Milano, ha dato un’occhiata ai messaggi su Instagram, che non leggeva da tempo. È rimasto sorpreso dal numero enorme di tunisini che nei mesi precedenti lo avevano pregato di aiutarli a pagare la traversata. In un surreale colpo di scena, tra i messaggi ce n’era anche uno del ragazzo che aveva interpretato il ruolo da protagonista nel video di Mamma.

“Nonostante tutte le brutte notizie e nonostante la pericolosità, le persone continuano a partire e mi chiedono aiuto”, sottolinea Ghali da un bar tunisino affacciato sulle acque turchesi del Mediterraneo. Spiega che l’argomento ricorrente, secondo cui i nordafricani non hanno un motivo legittimo per partire perché non fuggono dalla guerra, trascura il punto fondamentale. “In Tunisia impari da giovane che non avrai la possibilità di sognare”, racconta. “Se in Italia si può ancora sognare, allora per un ragazzo tunisino è giusto partire, anche solo per sognare, per averne il diritto”.◆ as

Alia Malek è una giornalista e avvocata statunitense d’origine siriana. Ha scritto Il paese che era la nostra casa. Racconto della Siria (Enrico Damiani Editore 2018).

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Questo articolo è uscito sul numero 1529 di Internazionale, a pagina 60. Compra questo numero | Abbonati