In un negozio di Beja, una cittadina nel centro del Portogallo, Hermínia Tojal è indecisa su quale olio d’oliva scegliere. Sugli scaffali ci sono marche e prezzi diversi. Sua figlia le ha ricordato che non tutti gli oli vanno bene per condire le insalate, le patate con il baccalà o il pesce. A causa del colesterolo alto Tojal deve stare attenta alla dieta. Dopo aver letto tutte le etichette alla ricerca dell’olio più economico, alla fine prende la sua decisione: una bottiglia da un litro a 5,49 euro. “È carissimo!”, esclama. La sua delusione aumenta quando una commessa le spiega che quel prodotto è indicato solo per la frittura, perché è un misto tra olio vergine e olio raffinato.

“Per i condimenti è preferibile l’olio extravergine”, aggiunge l’impiegata indicando l’apposito scaffale, dove le bottiglie sfoggiano etichette dalla grafica ricercata e un prezzo di 9,99 euro al litro. “È assurdo! Un litro d’olio a 9,99 euro?”. Il paradosso è che Beja è l’epicentro della regione in cui si produce l’85 per cento dell’olio portoghese. “Una donna come me, vedova e con una pensione misera, non se lo può permettere”, spiega Tojal. La stessa situazione si ripresenta in tutti i centri commerciali di Beja, con piccole variazioni.

A settembre le quotazioni medie portoghesi hanno confermato un aumento dei prezzi: l’olio extravergine si vendeva mediamente a 7,36 euro al litro, mentre quello vergine a 6,82 euro. Secondo i dati ufficiali, nella stagione 2022-2023 “il mercato è stato caratterizzato da un’offerta bassa e da una domanda elevata”. Le stime dell’Istituto nazionale di statistica parlano di “una produzione di circa 126mila tonnellate”, con un calo del 40 per cento rispetto all’anno precedente, quando era stata la più abbondante mai registrata in Portogallo (210mila tonnellate).

Il crollo del raccolto di olive, e quindi della produzione di olio, nasce dalla combinazione della normale alternanza nella produzione (per cui, di solito, a un’annata abbondante ne segue almeno una più scarsa) e una serie di fattori meteorologici avversi, a cominciare da periodi di siccità estrema. Le ondate di calore, precedute da intense gelate hanno danneggiato gli oliveti, sia quelli irrigati sia soprattutto quelli coltivati “in asciutto”, che ricevono acqua solo dalle precipitazioni di pioggia. Insieme, queste condizioni hanno causato l’aumento dei prezzi dell’olio. “Fino a un anno fa si poteva trovare a 3,5 euro al litro. A settembre del 2023, invece, era arrivato a 8,5 euro”, spiega Nuno Santos, presidente della Casa dell’olio, un’associazione portoghese per la promozione dell’olio d’oliva. I primi segnali di crisi erano arrivati già nel 2022, quando “il prezzo all’origine è aumentato di più del 50 per cento rispetto alla stagione precedente”, precisa Santos. “Questa dinamica ha provocato una contrazione degli acquisti tra il 20 e il 25 per cento a partire da maggio”, spiega Santos, sottolineando che il Portogallo “ha già vissuto due anni consecutivi di siccità”, una situazione anomala che rende incerte le prospettive della stagione 2023-2024.

Patrícia Duarte, segretaria generale della Federazione nazionale delle cooperative agricole degli olivicoltori (Fenazeites), è d’accordo con le argomentazioni di Santos e aggiunge: “Pagare l’olio sette, otto o anche nove euro al litro ha un impatto notevole sul bilancio familiare. Nelle condizioni attuali i portoghesi non possono permettersi di pagare questi prezzi” (il reddito medio in Portogallo, a parità di potere d’acquisto, è due terzi di quello italiano, ndr). L’olio, componente fondamentale della cucina nazionale, è stato sempre alla portata di tutte le tasche, mentre ora “sta diventando un prodotto di lusso”, precisa Duarte. Secondo lei il Portogallo rischia di affrontare una situazione catastrofica. “Improvvisamente”, dice, il settore “si è trovato di fronte una serie di sfide mai viste prima”.

Una situazione anomala

Germano Carvalho vive nella località di Pias, nella regione di Alentejo al confine con la Spagna. Coltiva un oliveto irrigato con l’acqua della diga di Alqueva e lui definisce assurda la situazione attuale. Pensa che nella nuova stagione i prezzi “continueranno a salire”, confermando la tendenza attuale della sua regione. Da parte sua, Aníbal Martins, presidente della Fenazeites, ammette che “l’olio d’oliva non è mai stato commercializzato a un prezzo così alto”. Afferma che “il settore è nel suo periodo d’oro”, ma è una moneta a due facce: “Arriverà un momento in cui ai prezzi alti seguiranno prezzi bassi”.

Anche il consulente agricolo Francisco Pavão, presidente dell’associazione dei produttori della provincia di Trás-os-Montes e Alto Douro, elenca i danni dovuti a due anni consecutivi segnati da un forte calo della produzione. “Ormai l’oliveto tradizionale, coltivato in asciutto, ha bisogno di una quantità sempre maggiore di irrigazione supplementare per sopravvivere”, spiega. E propone la costruzione di piccole dighe che possano garantire un approvvigionamento idrico adeguato.

Resteremo senza?

Mentre la produzione della nuova stagione tarda ad arrivare sul mercato, emerge una preoccupazione ulteriore: l’olio potrebbe scarseggiare? I segnali associati alla crisi della siccità sono ancora più evidenti in Spagna, principale produttore mondiale di olio, che deve affrontare il terzo anno consecutivo di cattivi raccolti.

Uno degli ultimi rapporti di mercato pubblicati dal ministero spagnolo dell’agricoltura, della pesca e dell’alimentazione conferma che alla fine di giugno le riserve di olio risultavano ridotte di 455mila tonnellate. Analizzando il calo anche alla luce di quello registrato nello stesso periodo del 2022 (809mila tonnellate) “emerge il rischio che le scorte si riducano quasi a zero” con l’avvio della stagione 2023-2024, ha dichiarato al sito Olive Oil Times Juan Villar, uno dei più grandi specialisti mondiali della filiera dell’olio.

Anche il rapporto trimestrale dell’Unione europea sulle prospettive agricole a breve termine sottolinea che la riduzione delle scorte potrebbe innescare “nuovi rincari del prezzo dell’olio”. Il fatto che le difficoltà comincino fin dalla fase della raccolta potrebbe comportare un ulteriore incremento. Le precipitazioni registrate nell’ultima settimana di ottobre potrebbero influire sull’evoluzione dei prezzi, soprattutto se l’acqua piovana garantirà in Andalusia un livello di produzione nell’ordine delle 800mila tonnellate. Con un’area dedicata agli oliveti superiore a 1,5 milioni di ettari, la regione produce l’83 per cento dell’olio spagnolo. Il settore rappresenta il 30 per cento dell’economia agricola andalusa.

La Spagna produce quasi il 60 per cento dell’olio dell’Unione europea e il 45 per cento a livello mondiale. L’area occupata dagli oliveti si estende per 2,8 milioni di ettari. Nel paese predomina l’oliveto tradizionale in asciutto (70,2 per cento), mentre il restante 29,8 per cento è occupato da terreni irrigati, di cui il 23,2 per cento in regime intensivo e il 9,5 per cento in regime superintensivo.

Gli ultimi dati relativi al 2022-2023 divulgati dalla Commissione europea confermano un calo del 40 per cento nella produzione a livello continentale rispetto all’anno precedente. Secondo le ultime valutazioni, la produzione di olive nei paesi dell’Unione europea si è fermata a 1,4 milioni di tonnellate nella stagione appena conclusa, molto lontano dai 2,3 milioni di tonnellate del 2021-2022 e dalla media di 2,1 milioni di tonnellate registrata nei precedenti cinque anni.

Lo scenario che è emerso spaventa il settore olivicolo europeo anche per un altro fattore: i cali accentuati nella produzione in tutti i paesi del bacino del Mediterraneo possono disincentivare l’acquisto di olio. “Negli ultimi vent’anni il consumo era passato da due a tre milioni di tonnellate. Poi, in appena un anno, si è dimezzato”, riferisce Manuel Bernardino Ramos presidente dell’associazione culturale Casa do Alentejo. Se la carenza di olio sul mercato fosse confermata peggiorerebbe la crisi del settore.

Anche considerando la pioggia caduta alla fine di ottobre, la prevedibile riduzione del volume della produzione spagnola comporterà una mancanza di olive nei frantoi. Gli imprenditori spagnoli sono riusciti ad acquistare una quantità di olive sufficiente per soddisfare i mercati internazionali (che Madrid vuole assolutamente mantenere), ma tra i produttori portoghesi c’è chi si rifiuta di vendere in anticipo le olive coltivate nell’Alentejo. Bento Sargento, proprietario di circa 200 ettari di oliveti tradizionali nel cuore delle montagne del Ficalho, proprio al confine con la Spagna, ha confermato l’interesse spagnolo: “Mi hanno contattato per comprare la produzione ancora sull’albero, ma ho rifiutato”.

Ladri d’olio

La crisi ha fatto aumentare l’ondata di furti. L’associazione degli olivicoltori e dei frantoi portoghesi, in collaborazione con il comando territoriale della guardia nazionale di Beja, ha predisposto azioni di sensibilizzazione tra gli agricoltori per “combattere il furto ricorrente di olive nel distretto”, mentre l’Autorità per la sicurezza alimentare ed economica ha fatto dei controlli sul territorio, sequestrando più di una tonnellata di olive rubate.

Da sapere
L’oro giallo
I principali produttori mondiali di olio d’oliva nella stagione 2022-2023, % del mercato (Fonte: International olive council, Ine)

In Portogallo i furti seguono le dinamiche tradizionali e restano circoscritti agli oliveti. In Spagna, invece, sono diventati più sofisticati e i ladri colpiscono direttamente i frantoi. In uno dei casi più clamorosi, raccontato dal quotidiano El Mundo, hanno forzato la porta di uno stabilimento di Cordova, hanno collegato le cisterne alle autobotti e sono fuggiti dopo aver travasato più di cinquantamila litri di olio extravergine, per un valore superiore a 500mila euro.

Il prezzo dell’olio vola anche in Italia, dove nel 2023 i furti di olive potrebbero superare quelli accertati nel 2022. Si tratta spesso di piccole ruberie, come dimostra la notizia di un uomo fermato con tre sacchi di olive e un bastone che serviva per scuotere gli alberi e far cadere i frutti.

In Grecia gli agricoltori hanno provato a limitare i furti ricorrendo alla tecnologia, proteggendo non solo le olive che sono ancora sugli alberi ma anche l’olio conservato nei magazzini. La soluzione è un’oliva di plastica – del tutto identica a una reale – dotata di un trasmettitore gps. L’oliva-spia viene nascosta negli oliveti e se viene allontanata di tre o quattro metri dall’albero invia un segnale d’allarme. Anche la Spagna sta adottando lo stesso metodo.

“I furti di olive ci sono sempre stati”, ammette l’agricoltore Bento Sargento, sottolineando che finora c’è stata una certa tolleranza quando le olive vengono semplicemente consumate da chi le ruba. Ma oggi, a causa dell’incremento del prezzo dell’olio, il volume dei furti ha raggiunto livelli senza precedenti.

Oltre a questo, l’aumento vertiginoso del valore dell’olio ha attirato l’interesse degli speculatori, che hanno messo gli occhi sulle attività olivicole in Spagna e Portogallo: ricorrono a nuove tecniche agricole per accrescere la produttività degli alberi e da quando il prezzo dell’olio è raddoppiato, all’inizio del 2023, hanno realizzato profitti enormi.

Carlos Pereira do Amaral, presidente dell’assemblea generale dell’associazione degli agricoltori di Campilhas e dell’Alto Sado, nel sud del Portogallo, ha lanciato l’allarme: “Se non aiuteremo gli agricoltori, tra poco saranno tutti assorbiti dai fondi d’investimento stranieri. Sta già succedendo, ora”. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1539 di Internazionale, a pagina 60. Compra questo numero | Abbonati