Da adolescente ha vissuto per qualche anno nel Värmland, una regione svedese poco abitata e piena di foreste a cui, insieme all’amico ed ex assistente JH Engström, ha dedicato il libro From back home (Max Strom 2009). Ma Anders Petersen è un uomo di città. Nato nel 1944 a Solna, nella contea di Stoccolma, è rimasto molto influenzato da un’esperienza di gioventù: un soggiorno di sei mesi ad Amburgo, in Germania, dove era stato mandato a diciassette anni per migliorare la conoscenza della lingua tedesca. Nel quartiere di Sankt Pauli, dove si era dedicato alla scrittura e alla pittura, si era avvicinato a una comunità di persone ai margini della società, che frequentavano alcuni bar della città portuale.

In quegli anni conobbe il grande fotografo svedese Christer Strömholm e quell’incontro cambiò la sua vita. Una notte, nel laboratorio della scuola di fotografia di Stoccolma, Petersen fu sorpreso a sviluppare e stampare i suoi negativi di nascosto. Notandone il talento, Strömholm lo invitò a seguire i corsi che teneva. L’anno dopo, nel 1967, riuscì a convincerlo a tornare ad Amburgo per fotografare le persone che avevano attirato la sua attenzione.

Così è nato il lavoro Café Lehmitz, in cui Petersen ha ritratto un mondo di prostitute, marinai e alcolisti del quartiere. Con immagini empatiche e crude ha mostrato senza giudizi morali gioie e disperazioni, difficoltà e tensioni, fragilità ed eccessi. “Per la prima volta mi sentivo accettato per quello che ero”, ha detto il fotografo. “Lì avevi il permesso di essere disperato, vulnerabile, di rimanere nel tuo angolo o di integrarti nella comunità. Tra quelle persone alle prese con le difficoltà della vita, c’erano molto calore e tolleranza”. Nel 1970 Petersen espose sui muri del caffè 350 fotografie di questo album di famiglia, incoraggiando i clienti a prendere le stampe in cui si riconoscevano. Il libro Café Lehmitz fu pubblicato in Germania nel 1978 e in Francia l’anno successivo, prima di uscire in Svezia nel 1982. Diventò subito un punto di riferimento, un nuovo modo di fare fotografia documentaria. Il cantante statunitense Tom Waits ne scelse un’immagine per la copertina del suo album Rain dogs.

Una nuova città

Da allora, il principio d’immersione in un universo chiuso è diventato per Petersen un metodo di lavoro, che ha poi usato in altre serie realizzate in una prigione, in una casa di riposo e in un ospedale psichiatrico. Ogni volta ha messo in luce l’essere umano, con i suoi enigmi, la sua solitudine e l’insieme di sentimenti complessi.

Per arrivare a questa profonda “verità”, il fotografo ha vissuto insieme alle persone che fotografava. Petersen spiega così il suo dilemma: “So che per fare delle buone foto, per essere alla giusta distanza, devo avere un piede dentro e uno fuori. Il problema è che finisco sempre per avere tutti e due i piedi dentro!”. Ecco perché l’artista preferisce spesso allontanarsi per qualche tempo e poi tornare.

Dopo queste serie Petersen ha girato il mondo per il progetto City diary, in cui ha ritratto piccole e grandi città – tra cui Roma, Sète, Londra, Tokyo, Valparaíso – con il suo stile inconfondibile: immagini in bianco e nero, contrastate, illuminate da flash rabbiosi, spesso verticali e statiche. Curiosamente ha avuto bisogno di molto tempo prima di riuscire a fotografare Stoccolma, la sua città, forse a causa di una paura profonda.

Dal 2015 al 2018 ha girato per la capitale svedese per farne un ritratto soggettivo, libero da elementi seducenti, in grado di sorprendere. Il risultato è in un certo senso una proiezione dell’autore negli spazi, negli abitanti che incontra e accompagna. Questo lavoro è diventato poi una mostra e un libro bellissimo.

Ora è la volta di Napoli, dove, invitato dalla Spot home gallery, Petersen ha passato in tutto un mese, probabilmente per “evitare di avere due piedi dentro” e per trovare la giusta distanza rispetto ai soggetti fotografati. Ha svolto il lavoro in tre fasi, tra maggio, ottobre e novembre del 2022. Alla fine ha scelto una sessantina di fotografie, tutte verticali, perché “quando si fotografa verticalmente, ci si avvicina alla gente”. Le ha stampate in medio e grande formato, e le presenta isolate o in grandi composizioni, come sembra preferire negli ultimi anni.

Siamo lontani dagli stereotipi sulla città, i suoi colori, la sua agitazione, ma si avverte un’incontestabile energia e la forte curiosità di un autore sempre pronto a lasciarsi stupire. Le lunghe foglie di un’agave dialogano con i tentacoli di un polpo, un uomo tiene misteriosamente un fiore nella mano destra mentre due fratelli gemelli fissano la macchina fotografica; la natura morta di una piramide di dolci sembra comunicare con le forme di un capitone in un’altra natura morta, questa volta di pesci. Mentre il ritratto, molto classico, del profilo di una ragazza dai tratti particolari appare diverso dalle altre immagini. Accanto a qualche elemento di architettura, ci sono semplici elementi scenografici, poi un cane, un soggetto ricorrente nei lavori di Petersen, che si affida molto al suo istinto, interrogandosi sull’aspetto umano e animale.

Nei suoi vagabondaggi napoletani Petersen ha attinto alle sue radici per comporre un ritratto della città che mette insieme primi piani, attimi fugaci, ritratti, prospettive complesse, dettagli apparentemente banali, offrendoci un punto di vista che stupisce e fa riflettere.

Ma oltre a questi elementi, proprio perché ogni fotografia è basata sull’emozione di un istante, questo lavoro rappresenta anche una sorta di autoritratto: “Voglio essere il più vicino possibile per sentire quello che fotografo, i miei lavori devono essere vicini quasi come un autoritratto. Voglio che le mie foto facciano parte di me, voglio sentire i miei sogni e i miei desideri”.

È Napoli quello che vediamo? Sicuramente no. Ma è la Napoli di Anders Petersen, qualcosa di probabilmente più complesso. ◆ adr

Da sapere
Le mostre e i libri

◆ Fino al 31 gennaio 2024 la serie Napoli di Anders Petersen è esposta alla Spot home gallery di Napoli, che ha commissionato il lavoro. Il libro Napoli, Anders Petersen (L’Artiere Edizioni 2023), curato dal grafico Ramon Pez, con un testo di Valeria Parrella, sarà presentato alla fiera di fotografia Paris Photo, in Francia, a novembre. La casa editrice Steidl pubblicherà quattro nuovi volumi della serie City diary, mentre per Contrasto all’inizio del 2024 uscirà, nella collezione FotoNote, una monografia aggiornata in formato tascabile. Dal 9 febbraio al 15 settembre 2024 l’Hasselblad center di Göteborg, in Svezia, presenterà una grande retrospettiva dedicata al fotografo.


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Questo articolo è uscito sul numero 1535 di Internazionale, a pagina 66. Compra questo numero | Abbonati