Che sia nei tuoi programmi di viaggio o meno, Liverpool è di certo una meta pop. La musica riecheggia in ogni strada e s’infila tra i moli. La senti nel traghetto che attraversa il fiume Mersey. Molti visitano la città pensando ai Beatles, ma anche se i fab four non fossero esistiti, la lista di band e musicisti nati lungo le rive del Mersey è straordinaria. Frankie Goes to Hollywood, Orchestral Manoeuvres in the Dark (Omd), The La’s, Echo & the Bunnymen.

Sono quasi sul punto di perdermi la British music experience, il museo della musica rock e pop britannica, meravigliandomi di quanto siano piccoli alcuni dei costumi di Ziggy Stardust, il tour di David Bowie, quando un pezzo delle Spice Girls sparato ad alto volume mi riporta sulla terra.

Il British music experience, malgrado le interruzioni delle Spice Girls, è un paradiso per gli amanti della musica. È ospitato in parte del Cunard building (un elegante edificio nel centro della città). Il museo parte dalle origini, dal jazz e dallo skiffle, per arrivare fino alle celebrità di oggi, compresa l’evoluzione della produzione in studio. Ci sono cabine dove puoi provare batterie, chitarre e tastiere. Si può anche imparare a ballare. All’interno della struttura non mancano i momenti surreali, come quando all’improvviso spunta l’ologramma di Boy ­George per cantare a gran voce Do you really want to hurt me. Fermandomi davanti alle immagini delle star sui palchi di tutto il mondo, qualcosa del loro desiderio di gloria, del carisma che riesce a catturare l’attenzione di decine di migliaia di persone, mi lascia senza fiato.

Il Cunard building è una delle cosiddette “tre grazie” di Liverpool, un trio di edifici costruiti all’inizio del novecento come dimostrazione del potere e della ricchezza della città, quando era ancora uno dei maggiori porti del mondo. Mi addentro nella parte dell’edificio non dedicata al museo della musica per dare un’occhiata alle ex biglietterie della celebre compagnia di navigazione Cunard line. Oggi si viene qui per registrare i bambini nati a Liverpool.

Passato glorioso

Se parli con persone di una certa età, non è difficile sentire racconti sui Beatles e sul Cavern club (un locale noto per aver ospitato varie esibizioni di gruppi beat britannici), ma finisco a chiacchierare con George McAleavey, in pausa dal suo lavoro di addetto alle pulizie. Mi racconta che suo nonno, Thomas, sopravvisse all’affondamento del transatlantico Lusitania nuotando per più di venti chilometri fino a riva. “Era un pompiere ed era salito sul ponte per fumare. Aveva una cicatrice sulla fronte perché era stato colpito in testa con un remo mentre cercava di salire su una scialuppa di salvataggio”, dice George. “Oggi non sarei qui se non ce l’avesse fatta”. Liverpool è una città amichevole. Forse è per il legame con l’Irlanda: oggi il 75 per cento della popolazione rivendica un’origine irlandese e il singolare accento scouse deriverebbe dalla combinazione di inflessioni di marinai irlandesi, gallesi e scandinavi. Gli abitanti sono orgogliosi di essere di Liverpool e non c’è da sorprendersi, perché la città ha molti pregi.

Faccio un tour in un’altra delle grazie, il Royal liver building, dove un ascensore ci porta rapidamente in cima. All’interno della torre dell’orologio viene proiettato un breve video, fuori, sulla terrazza accanto, possiamo ammirare i due famosi liver birds, Bertie e Bella, due enormi cormorani che si trovano nelle due torri dell’orologio. Alte cinque metri e mezzo, le due creature mitiche guardano in direzioni opposte, a quanto si dice per un motivo preciso: una verso il mare per assicurarsi che i marinai tornino a casa sani e salvi, l’altra verso la città per controllare che i pub siano ancora aperti.

Le tre grazie sono miracolosamente sopravvissute ai bombardamenti della seconda guerra mondiale, e le nuove costruzioni della città fanno sembrare ancora più preziosi gli edifici georgiani e vittoriani superstiti. Le due cattedrali, che si trovano agli estremi di Hope street, sono relativamente nuove, mentre il Cavern club non è quello di un tempo.

Una replica del locale originale può essere visitata come parte dell’interessante, ma sicuramente semplificata, esperienza offerta dal tour Beatles story, dove amici e familiari della band hanno registrato ricordi audio. Il Cavern era originariamente un magazzino di frutta tropicale e si dice che l’odore impregnasse tanto l’ambiente da attaccarsi perfino ai clienti, che potevano essere riconosciuti dal “profumo del Cavern”. I Beatles si sono esibiti lì 292 volte. Souvenir e cianfrusaglie sui Beatles sono ovunque. Più tardi, all’Albert dock (un complesso architettonico dell’area portuale di Liverpool), mi stupirà un ritratto della band, nella vetrina di un negozio di dolci, realizzato con migliaia di caramelle. Il Cavern club è stato chiuso nel 1973 per un progetto sotterraneo della ferrovia britannica, mai realizzato, e oggi è stato ricostruito su parte della superficie originale. Anche se non c’è una metro­politana, Liverpool è una città in cui ci si muove molto facilmente a piedi e che ha un ottimo sistema di trasporti pubblici, con treni locali che collegano anche la periferia.

Liverpool è una città amichevole. Forse è per il legame con l’Irlanda: oggi il 75 per cento della popolazione rivendica un’origine irlandese

Salire su un’opera d’arte

Una mostra sulla storia dei paesaggi realizzati da artiste è stata inaugurata alla Lady Lever art gallery e rimarrà aperta fino al 18 agosto.

Liverpool ha molte gallerie d’arte, anche se la Tate Liverpool è chiusa per ristrutturazione fino all’anno prossimo. Durante la mia visita, uno sciopero dei musei cittadini aveva determinato la chiusura di altri luoghi, tra cui la Walker art gallery.

In poco più di mezz’ora di treno si può arrivare a Crosby beach, dove c’è l’installazione Another place, dell’artista Antony Gormley, che ha sparso cento figure umane in ghisa a grandezza naturale sulla riva e in mare, fino a un chilometro dalla costa.

Un giro sul Mersey ferry equivale a salire su un’opera d’arte, dato che sir Peter Blake, famoso per aver ideato (insieme a Jann Haworth) la copertina dell’album dei Beatles Sgt. Pepper’s lonely hearts club band è stato incaricato nel 2015 di creare il design in vernice mimetica del traghetto come parte delle committenze artistiche per il centenario della prima guerra mondiale. Le navi con la vernice mimetica, come ho scoperto dai pannelli informativi a bordo, usavano degli esuberanti motivi geometrici per confondere il nemico ed essere più difficili da colpire.

Le strade che attraverso mi sembrano stranamente familiari. In parte è dovuto al fatto che Liverpool ha spesso sostituito città come New York, Londra, Mosca e Chicago in film e serie tv, tra cui Animali fantastici, Harry Potter, Peaky blinders e Batman. L’hotel Titanic è gemello di quello di Belfast, la nave era stata registrata qui a Liverpool. L’albergo è ricavato in un ex magazzino di rum e i moli al suo esterno hanno visto in azione Capitan America, ma anche Taylor Swift nel suo video per I can see you. La spa nel seminterrato mi fa sentire come una vera diva del cinema.

L’aura di celebrità è rafforzata dalla scoperta che la squadra di calcio del Liverpool usa questo albergo quando gioca in casa la sera. Jürgen Klopp, l’allenatore, è quasi un dio da queste parti, e dato che alloggio qui proprio la sera prima che il Liverpool vinca sullo Sparta Praga per 6 a 1, tengo gli occhi ben aperti per vedere se riesco a incontrarlo. Nella hall si aggirano uomini più o meno attraenti in scarpe da ginnastica, ma non fanno parte della squadra, sono fisioterapisti e persone che sperano di trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Cerco di capire quanto valgono i giocatori messi insieme e scopro che la cifra supera gli ottocento milioni di sterline. Una somma enorme. Non sorprende che stasera ci sia un buttafuori alla porta. Prendo l’aereo per andare a casa prima del calcio d’inizio, ma tornerò presto in questa città affascinante, in cui c’è tanto da vedere e da fare. ◆ nv

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Questo articolo è uscito sul numero 1562 di Internazionale, a pagina 73. Compra questo numero | Abbonati