I fantasmi di Tantura insisteranno fino a quando l’ultimo dei testimoni e dei discendenti non morirà. Terranno duro fino a quando la verità verrà alla luce e Israele la riconoscerà. La verità non allenta mai la presa. Nonostante tutti gli sforzi per nasconderla ed eliminare chi la racconta, torna sempre a galla. Tantura, lo sconvolgente documentario di Alon Schwarz proiettato il 21 e 22 gennaio al Sundance film festival, negli Stati Uniti, dovrebbe essere mostrato a un festival israeliano. Potrebbe pacificare questi fantasmi e spingere finalmente Israele a riconoscere la verità. Questo, ovviamente, non succederà.

Pochi nomi nella mia infanzia erano carichi di significato come Tantura. Era la spiaggia di lagune blu dove andavamo dopo che mio padre comprò la prima auto, usando i soldi dei risarcimenti dalla Germania. Ma sapevo anche che quella sabbia bianca era intrisa di sangue. Tantura era il luogo in cui era morto Gideon Bachrach, unico figlio di due medici, Albina e Arthur Bachrach, cari amici dei miei genitori. Devo il mio nome a lui. Sapevo che la spiaggia di Tantura era imbevuta del suo sangue. Non sapevo, ovviamente, che era imbevuta di tanto altro sangue. Non sapevo neanche che un tempo Tantura era un incantevole villaggio di pescatori, che in qualunque altro paese sarebbe stato preservato per secoli invece di essere cancellato dalla faccia della terra, cacciando o massacrando i suoi abitanti.

Le voci che parlavano di un massacro si diffusero anni dopo. Micha Witkon, avvocato e nipote del giudice della corte suprema israeliana Alfred Witkon, mi rimproverava ogni volta che osavo accennare a quelle voci. Witkon era amico e compagno d’armi di Gideon Bachrach nella brigata Alexandroni, che conquistò Tantura. È morto da tempo e nel documentario ho sentito la sua voce registrata descrivere come un comandante della compagnia uccise con la sua pistola gli arabi, uno a uno. L’anziano Gabriel Kaufman ascolta con imbarazzo. Non ricorda. Non ci crede. “Questa non era la nostra natura. Sparare in testa a qualcuno? È quello che facevano i nazisti”.

Patetico e sconvolgente

Nel film c’è tutto. I patetici tentativi degli apparati accademici e giudiziari di schiacciare e stroncare con il loro potere lo studente Theodore Katz, che aveva scritto su Tantura la tesi conclusiva del suo master. È sconvolgente vedere gli ultimi testimoni ebrei, oggi novantenni, divincolarsi, cercare cavilli, negare e poi alla fine ammettere, quasi tutti, che ci fu un massacro, anche se non sempre usano questo termine.

Un intermezzo comico è offerto dallo storico Yoav Gelber, che rispecchia
l’establishment accademico sionista anti-intellettuale. Gelber, gongolante e traboccante di autocompiacimento, non crede ai testimoni. Non è interessato ai loro racconti. Per lui sono folclore, non storia. Mentre la giudice in pensione Drora Pilpel, puntigliosa nel farsi chiamare “dottoressa”, con il suo cagnolino bianco in braccio, ammette di non essersi scomodata ad ascoltarli quando si pronunciò sulla querela per diffamazione contro Katz. E le bizzarre sorelle del vicino kibbutz decretano all’unisono, tranne una, che un monumento alla memoria per le vittime del massacro non può essere messo lì, perché “se per loro è importante, per noi è terribile”. Guardate Tantura e vedrete i negazionisti della nak­ba al culmine della loro meschinità. Guardate Tantura e vedrete il 1948.

Sotto al luogo in cui mio padre parcheggiava la sua auto quando andavamo a Tantura, non lontano dal monumento per i soldati morti della brigata Alexandroni, c’era, e probabilmente c’è ancora, una fossa comune. Una mano crudele ne ha cancellato la memoria. ◆ fdl

Gideon Levy è un giornalista del quotidiano israeliano Haaretz, su cui cura la rubrica “Twilight zone”.

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Questo articolo è uscito sul numero 1449 di Internazionale, a pagina 55. Compra questo numero | Abbonati