Un ufficio negli Stati Uniti, anni sessanta. (Archive Photos/Getty Images)

“Immaginiamo che un dio inventivo e onnipotente offra alla nazione uno strumento in grado di favorire enormemente la diffusione di informazioni. E immaginiamo che in cambio la divinità richieda che il presidente si dimetta, che pile di documenti segreti siano resi pubblici e che il paese sia sepolto da una montagna di carta. Probabilmente pochi accetterebbero”.

È sempre interessante vedere come vengono accolte le innovazioni tecnologiche: i meccanismi sono spesso simili, con rischi e potenzialità sopravvalutati o al contrario ignorati.

L’articolo che parlava del dio inventivo, uscito sul settimanale statunitense Time nel 1976, era sulla fotocopiatrice e sulla sua diffusione “epidemica”.

In quel passaggio l’autore, Donald Morrison, si riferiva in particolare allo scandalo Watergate e al ruolo delle fotocopiatrici nella divulgazione di documenti riservati, i cosiddetti Pentagon papers, che contribuirono alla caduta del presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon.

Le fotocopiatrici (in Unione Sovietica rigidamente controllate fino al 1989) non avevano solo “alterato il corso della storia e cambiato per sempre la vita negli uffici”, ma secondo i loro detrattori stavano anche “favorendo gli sprechi, incoraggiando la pigrizia, soffocando la creatività e violando le leggi sul copyright”.

Time raccontava che le fotocopiatrici avevano reso fin troppo facili le copie (favorendo così l’insinuarsi di “una nuova impersonalità”) e si allarmava perché alcuni datori di lavoro avevano cominciato “a permettere ai loro dipendenti di usarle per uso personale”. Tra le misure per scoraggiare gli eccessi, il giornale si augurava che i produttori fermassero la “corsa alla costruzione di macchine sempre più veloci e convenienti”.

Ma l’articolo concludeva rassegnato con le parole di un giornalista di Publisher’s Weekly, Chandler B. Grannis, che potrebbero valere anche per tante altre innovazioni tecnologiche: “Esistono e saranno usate, legalmente ed eticamente o meno”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1527 di Internazionale, a pagina 7. Compra questo numero | Abbonati