Profughi ad Abs, nel nord dello Yemen, 31 luglio 2023. (Essa Ahmed, Afp)

La guerra nello Yemen è cominciata nel 2015 e ha provocato centinaia di migliaia di vittime. Da una parte ci sono i ribelli huthi, appoggiati dall’Iran, dall’altra una coalizione guidata dall’Arabia Saudita e sostenuta dagli Stati Uniti.

Due ricercatori, Esther Brito Ruiz e Jeff Bachman, hanno fatto uno studio su come il New York Times, un quotidiano autorevole e capace di influenzare l’opinione pubblica internazionale, sta raccontando la guerra nello Yemen e quella in Ucraina, dove gli statunitensi sono ugualmente coinvolti. “La nostra ricerca mostra forti distorsioni nella portata e nel tono della copertura. Queste distorsioni conducono a un’informazione che evidenzia o sminuisce le sofferenze umane in un modo che apparentemente coincide con gli obiettivi di politica estera degli Stati Uniti”.

Gli articoli sullo Yemen usciti nel New York Times tra il 2015 e il 2022 sono stati 546. Quelli sull’Ucraina hanno superato questa cifra in meno di tre mesi. I titoli sullo Yemen riguardano soprattutto i singoli eventi, mentre quelli sull’Ucraina mettono più enfasi sul contesto (“Concentrandosi su fatti isolati o contestualizzati, i mezzi d’informazione sono in grado di portare i lettori a interpretazioni diverse”).

Gli studiosi approfondiscono diversi aspetti, per esempio quelli legati alla sicurezza alimentare. Le azioni russe che bloccano le esportazioni di grano sono descritte come un’arma di guerra, quelle della coalizione saudita, che pure hanno portato lo Yemen sull’orlo della carestia, sono raramente definite nello stesso modo. Gli Stati Uniti, notano Brito Ruiz e Bachman, si trovano su fronti opposti quando c’è da condannare chi infligge il maggior numero di vittime civili. Criticano giustamente la disumanità delle atrocità russe in Ucraina, mentre tacciono su quelle saudite nello Yemen.

“Il nostro studio”, concludono i due ricercatori, “suggerisce che questo atteggiamento può essere aiutato dai mezzi d’informazione”. Il punto non è stabilire una gerarchia, ma essere consapevoli che le guerre non sono raccontate tutte nello stesso modo. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1528 di Internazionale, a pagina 5. Compra questo numero | Abbonati