Un soldato ucraino nella regione di Charkiv, 1 maggio 2023. (Dimitar Dilkoff, Afp)

Negli ultimi dieci anni le spese militari dei paesi dell’Unione europea che aderiscono alla Nato sono aumentate del 46 per cento: da 145 miliardi di euro nel 2014 a 215 miliardi nel 2023. È una cifra equivalente al pil della Grecia. Ma un simile aumento, nota un recente rapporto di Greenpeace, “è in contrasto con la stagnazione delle economie europee”.

Nei paesi presi in considerazione, tra il 2013 e il 2023 il pil reale è aumentato di poco più dell’1 per cento in media all’anno e l’occupazione del 9 per cento. Anche gli investimenti in altri settori sono stati inferiori a quelli negli armamenti: la spesa nell’istruzione è aumentata del 12 per cento, nella protezione ambientale del 10 e nella sanità del 34. In Italia nel 2023 ogni cittadino pagherà 436 euro di spese militari, una cifra cresciuta del 30 per cento in dieci anni.

Quali sono gli effetti di questi investimenti per l’economia? In Germania una spesa di un miliardo di euro in armamenti porta a un aumento della produzione interna di 1,2 miliardi di euro, in Italia solo di 741 milioni di euro, perché una parte della spesa è per le importazioni. L’effetto sull’occupazione è di seimila posti di lavoro aggiuntivi in Germania e tremila in Italia.

Ma che succede se il miliardo si spende per l’istruzione, la salute o l’ambiente? La produzione aumenta molto: in Italia arriva a 1,9 miliardi di euro nel caso di investimenti per l’ambiente, a 1,5 miliardi nella sanità e a 1,2 miliardi nell’istruzione. E cresce anche il numero di nuovi posti di lavoro: 14mila nell’istruzione, 12mila nella sanità, diecimila nell’ambiente. Le spese militari sono un problema da ogni punto di vista. Anche volendo mettere da parte questioni etiche e morali, è difficile affermare che una maggiore militarizzazione risolva i conflitti. Anzi, c’è il rischio che li aggravi o ne faccia esplodere di nuovi. E pure in termini economici è un cattivo affare: gli stessi soldi investiti per l’ambiente, l’istruzione e la salute avrebbero migliori effetti sulla crescita e sull’occupazione e porterebbero grandi benefici alla qualità della vita e dell’ambiente.

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Questo articolo è uscito sul numero 1540 di Internazionale, a pagina 7. Compra questo numero | Abbonati