Prima di morire, nel luglio scorso, Roberto Calasso, editore e anima della casa editrice Adelphi, ha scritto due brevi libri di memorie. Uno (Bobi, Adelphi) racconta dell’incontro con il critico e scrittore Roberto Bazlen. Questo risale a una fase più antica della sua vita, trascorsa a Firenze durante la guerra. La forma frammentaria dei ricordi restituisce con efficacia il tempo rarefatto dell’infanzia, quando l’autore giocava con soldatini e figurine interagendo con i familiari (la madre Melisenda, figlia del pedagogista e partigiano Ernesto Codignola; il padre Francesco, storico del diritto; il fratello Gian Pietro, futuro regista), gli amici, le tate e i contadini.

Con il trascorrere delle pagine, e il passaggio dai giochi alle letture (Baudelaire, Brontë, Proust), Calasso da archeologo del bambino che era (e che aveva scelto per sé il buffo nome che dà il titolo al libro) si fa storico del tempo in cui visse, segnato dall’occupazione tedesca della città. Il drammatico arresto del padre, insieme allo storico dell’arte antica Ranuccio Bianchi Bandinelli e al geografo Renato Biasutti, accusati dell’omicidio di Giovanni Gentile e poi liberati, è raccontato con asciuttezza per lampi (immagini, estratti di documenti, brevissimi commenti di testimoni). Si chiude il libro con l’impressione di aver visitato un territorio scomparso in cui erano già stati gettati semi destinati a germogliare. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1435 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati