Da qualche anno in Francia molte vittime di abuso prendono la parola per raccontare le proprie esperienze. Rispetto ad altri paesi, in Francia il MeToo chiama più spesso in causa molestie e stupri commessi dai familiari, pratiche in cui lo squilibrio di potere e dunque la sopraffazione sono particolarmente violenti. Questo libro scritto da Neige Sinno tratta dell’incesto commesso dal patrigno sull’autrice dai sette ai quattordici anni, quando riuscì a dire a sua madre cosa avveniva, a denunciare il suo aggressore, che sottoposto a un processo fu infine condannato. Lo fa in modo stilisticamente originale (il tono resta preciso, saggistico, mai compiaciuto) e concettualmente illuminante. Sinno infatti, pur presentandosi come una vittima, non assume la postura di chi ha superato il suo trauma, né quella di una scrittrice che dà conto della propria liberazione attraverso il racconto. Il trauma è ancora presente e non c’è stata alcuna liberazione. Per questo, facendosi storica di se stessa, mette sulla pagina il proprio processo di elaborazione faticoso e creativo, riuscendo a coinvolgere il lettore. Cerca di capire cosa pensava il suo violentatore, esplora, attraverso i propri ricordi e la letteratura che l’ha aiutata a dargli un senso (Lolita di Vladimir Nabokov soprattutto), il paradosso di una relazione indicibile che nella sua ripetizione segreta corre sempre il rischio di farsi normale. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1561 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati