Visto da lontano sembrava un normalissimo pranzo d’affari. Tre uomini di mezza età, in maniche di camicia, chiacchieravano amabilmente in spagnolo davanti a piatti di guacamole, chicharrón ed enchiladas. Ma l’argomento della conversazione, all’interno di un affollato ristorante dell’hotel Marriott Marquis di Houston, negli Stati Uniti, era tutt’altro che ordinario: i tre stavano cercando il modo di continuare a muovere montagne di denaro in uno schema di corruzione internazionale.

Era l’inizio del marzo 2020. Javier Aguilar, un uomo di 46 anni dall’aria giovanile con una camicia a righe, stava spiegando perché il flusso di denaro per le mazzette si era interrotto. Raccontava che il suo datore di lavoro, la Vitol, azienda olandese con sede in Svizzera e leader mondiale nel commercio di petrolio, stava diventando più prudente a causa di una serie d’indagini sulla sua attività. Per questo motivo la rete di società offshore che i tre avevano usato per incanalare le tangenti avrebbe dovuto essere chiusa e ricostruita. “È tutto più complicato”, commentò uno degli altri due uomini.

“Ma non impossibile. Solo più complicato”, rispose Aguilar, prima di raccontare tra una risata e l’altra una storia degli anni settanta in cui i narcotrafficanti volavano in Svizzera a bordo di jet privati pieni di contante. “Scaricavano i soldi e nessuno faceva domande. Así se hacía güey (le cose andavano così, amico)”.

In quel momento Aguilar non aveva idea che gli agenti dell’Fbi stavano registrando ogni sua parola. I due uomini con cui stava pranzando, i fratelli ecuadoriani Antonio ed Enrique Peré, collaboravano in segreto con il governo degli Stati Uniti. Enrique stava filmando l’incontro grazie a una telecamera nascosta nel suo orologio. Quest’anno i fratelli Peré sono stati i testimoni principali nel processo a carico di Aguilar che ha svelato la portata della corruzione nel mercato delle materie prime.

Fin dai tempi di Marc Rich, fondatore del colosso svizzero Glencore e famigerato padrino del commercio delle materie prime, il settore è noto per le tangenti. Ma il processo contro Aguilar ha svelato un meccanismo moderno di tangenti con una quantità di dettagli senza precedenti, tra testimonianze di funzionari governativi corrotti, libri contabili scottanti e più di una decina di intercettazioni ambientali. Il 23 febbraio 2024 la giuria ha condannato Aguilar per corruzione e riciclaggio di denaro. Considerando che il massimo della pena prevista è trent’anni, Aguilar è uno dei primi commercianti di materie prime a rischiare una lunga detenzione per corruzione. I suoi legali sostengono che partecipava inconsapevolmente a un piano organizzato da altri e hanno dichiarato che ricorreranno in appello.

Le rivelazioni emerse durante il processo sono andate ben oltre la figura di Aguilar e l’attività della Vitol. I testimoni hanno fatto luce su un periodo in cui in Ecuador la corruzione era sistematica e non si limitava all’industria del petrolio. Alla prima udienza un ex funzionario ecuadoriano ha ammesso di aver ricevuto mazzette non solo dalla Vitol, ma anche dalla Trafigura e dalla Gunvor, cioè da tre dei quattro maggiori trader indipendenti di petrolio. Il quarto, la Glencore, non è implicato in Ecuador, ma nel 2022 ha riconosciuto il suo coinvolgimento in fatti di corruzione in altri otto paesi.

Il processo ha definito il quadro di un’industria che ha continuato a scrivere le sue regole anche quando le aziende principali sono diventate così importanti per la fornitura di energia da convincere i governi di mezzo mondo, dalla Germania all’Arabia Saudita, a finanziarle. Queste aziende continuano ad agire senza alcun controllo, anche se un operatore come la Vitol è ormai un colosso del commercio globale: con 505 miliardi di dollari di entrate nel 2022, è diventata la quinta azienda al mondo per fatturato, dopo la Walmart, Amazon, la Saudi Aramco e la compagnia elettrica statale della Cina.

Trasferimento a Houston

A fare le spese di questo meccanismo è stato l’Ecuador, penalizzato da intermediari e funzionari corrotti che hanno fatto perdere centinaia di milioni di dollari (se non addirittura miliardi) a uno stato in cui un quarto della popolazione vive in condizioni di povertà. A un certo punto del processo, ad Antonio Peré è stato chiesto se avesse mai aiutato un cliente a fare affari con il governo senza pagare una tangente a un funzionario. “Non ne sono sicuro”, ha risposto. “Ma non mi pare che sia mai successo”.

Aguilar, ingegnere chimico messicano, non ha per nulla l’aspetto di un genio del crimine. Basso, tarchiato e con un cespuglio di capelli neri, a quarant’anni era ancora un operatore alle prime armi nella sede londinese della Vitol, prima che gli venisse offerto il ruolo che gli avrebbe cambiato la vita: un trasferimento a Houston, uno degli snodi dell’industria globale dell’energia. Aguilar avrebbe dovuto siglare nuovi contratti per la vendita di petrolio ed espandere l’attività del gruppo in America Latina.

La sede statunitense della Vitol era un tempio del profitto. Pochi anni dopo l’arrivo di Aguilar, una gigantesca opera d’arte è stata installata su una balconata che sormontava la sala delle contrattazioni. Composta da decine di enormi banconote – dollari, euro, sterline e pesos – l’opera s’intitolava “flusso di contante”. In quel periodo, intorno al 2015, l’Ecuador si era imposto come una sorta di paradiso per i commercianti di petrolio in cerca di nuove opportunità in America Latina. Il paese è un produttore di petrolio di media grandezza, con circa 500mila barili al giorno, ma all’epoca era governato dall’esuberante presidente di sinistra Rafael Correa, ed era disperatamente alla ricerca di contanti. Nel mercato delle materie prime la combinazione tra petrolio e disperazione è sinonimo di guadagni vertiginosi, e in Ecuador gli investitori capitalisti non provarono alcun rimorso all’idea di favorire un governo socialista. Correa aveva promesso di escludere gli intermediari dalle vendite di petrolio del paese, ma la Trafigura, la Gunvor e altre aziende avevano trovato il modo di aggirare le barriere. La compagnia petrolifera statale Petroecuador, infatti, poteva assegnare appalti senza una gara preliminare, a condizione che l’azienda selezionata fosse a sua volta controllata da un governo nazionale. Un ex funzionario della Petroecuador ha dichiarato in tribunale che la Trafigura e la Gunvor avevano cominciato a usare compagnie petrolifere statali cinesi, tailandesi e uruguaiane come copertura per accaparrarsi ricchi contratti, incassando centinaia di milioni di dollari.

In quel periodo la Vitol era uno spettatore frustrato di queste operazioni. Leader mondiale del settore, gestiva abbastanza petrolio da rifornire quotidianamente la Germania, la Francia, l’Italia e la Spagna. Ma in Ecuador era tagliata fuori, mentre i rivali si assicuravano un contratto dopo l’altro. Aguilar aveva il compito di cambiare la situazione. L’uomo a cui si rivolse per riuscirci, a metà del 2015, era Antonio Peré. Nato a Guayaquil, vivace città portuale dell’Ecuador, Peré aveva lavorato per il governo prima di riciclarsi come consulente e stabilirsi a Miami, negli Stati Uniti. Quando incontrò Aguilar, Peré aveva avviato insieme al fratello Enrique un’azienda che aiutava i trader interessati a fare affari in Ecuador. In pratica, i fratelli Peré avevano messo in piedi un centro di smistamento per le tangenti destinate ai funzionari del governo ecuadoriano.

Antonio, all’epoca cinquantenne, era un uomo socievole che sfoggiava un pizzetto brizzolato e aveva il dono dell’ironia. Il suo nome in codice nei rapporti con
l’Fbi era Leonardo, “come Leonardo DiCaprio, ma vecchio e grasso”, ha dichiarato in tribunale. Il suo compito era gestire i rapporti con i funzionari e gli intermediari, mentre Enrique – calvo, tozzo e taciturno – si occupava dei libri contabili, calcolando meticolosamente chi doveva versare denaro a chi, e quanto.

Javier Aguilar, ex operatore della Vitol, New York, Stati Uniti, 20 febbraio 2024 (Stephanie Keith, Bloomberg/Getty)

I Peré sapevano benissimo a chi far arrivare le bustarelle. Nilsen Arias, capo del commercio internazionale della Petroecuador, ha confermato di aver ricevuto denaro dai due fratelli per selezionare la Vitol, negoziare i termini dei contratti e finalizzarli. Enrique e Antonio sapevano anche usare le compagnie petrolifere statali come copertura, perché lo avevano già fatto diverse volte per la Trafigura e la Gunvor.

Un giorno Antonio chiese ad Aguilar se la Vitol avesse in mente una compagnia statale da usare per ottenere un contratto. Aguilar aveva già pronta la risposta: la sezione commerciale della compagnia petrolifera statale dell’Oman, che la Vitol aveva contribuito a creare. E così un giorno del dicembre 2016 l’aereo presidenziale dell’Ecuador atterrò a Dubai con a bordo il ministro delle finanze e l’amministratore delegato della Petroecuador, arrivati per firmare un contratto per la vendita di 17,1 milioni di barili di nafta all’Oman in cambio di un pagamento anticipato (a tutti gli effetti un prestito) di trecento milioni di dollari.

Una fotografia scattata per commemorare l’evento mostra i funzionari ecuadoriani in una sala conferenze insieme all’amministratore delegato della Oman Trading International. Nella foto non c’è nessun rappresentante della Vitol ma, secondo le testimonianze rese in tribunale, i trecento milioni provenivano dalle casse del gruppo. La Vitol avrebbe dunque preso in consegna la nafta e ne avrebbe incassato i profitti.

Il contratto era stato creato ad arte da Javier Aguilar e Antonio Peré. Niente lascia pensare che la Oman Trading International, i suoi dirigenti o i suoi dipendenti fossero stati coinvolti nella frode. Rispondendo alla richiesta di un commento, un portavoce dell’azienda ha dichiarato che “la Oq Trading (come si chiama oggi la Oman Trading International) ha sempre agito rispettando le leggi nell’ambito del contratto con la Petroecuador. La Oq Trading non è coinvolta nel procedimento giudiziario né in nessuna attività illegale”.

È dalle nazionalizzazioni delle attività petrolifere in Medio Oriente e Sudamerica, negli anni settanta, che il commercio dell’energia è stato caratterizzato dalla corruzione e dalle bustarelle. I funzionari governativi, generalmente con bassi stipendi ma incaricati di assegnare contratti miliardari, hanno ceduto spesso alla tentazione, una tentazione che i commercianti di materie prime hanno creato senza troppi scrupoli. Marc Rich lo ha spiegato senza giri di parole. “Le tangenti erano indispensabili per fare affari”, ha detto al suo biografo Daniel Ammann, riferendosi all’accusa di aver corrotto funzionari in Iran e Nigeria per ottenere ricchi contratti.

Il metodo Rich

Le tangenti dall’estero sono state dichiarate illegali anche in paesi come la Svizzera, dove il governo aveva chiuso un occhio per anni. Oggi le aziende che commerciano con le materie prime hanno preso le distanze dall’oscuro passato del settore. Alle domande dei giornalisti, la Vitol ripete che adotta una “politica di tolleranza zero rispetto alla corruzione”. Tuttavia il processo contro Javier Aguilar ha dimostrato che i trader hanno semplicemente adattato la tattica di Marc Rich al ventunesimo secolo. Aggiungendo diversi passaggi tra le imprese e i funzionari corrotti, hanno creato una fiorente attività fatta di consulenti, di intermediari e di una pletora di conti bancari offshore. “In Ecuador tutti sapevano che per fare affari con il governo bisognava quasi sempre pagare tangenti”, ha spiegato Antonio Peré.

Mentre Aguilar e i fratelli Peré facevano la spola tra Houston, Miami e l’Ecuador, il loro denaro era amministrato in un piccolo ufficio della tranquilla isola caraibica di Curaçao da Lionel Hanst, oggi 62 anni, una persona molto lontana dal mondo di Aguilar e dei Peré, che lo prendevano in giro per l’ingenuità, la pressione alta e la passione per l’alcol. “È solo una pedina, amico”, spiegava Aguilar ad Antonio Peré durante una conversazione intercettata dal governo statunitense.

Nato e cresciuto a Curaçao, in precedenza Hanst aveva lavorato per altri commercianti internazionali di petrolio, tra cui la Addax e la Mercuria. Fino a quando, in una stanza affittata da suo fratello (che non è stato coinvolto nel processo) cominciò a creare alcune società di facciata che avrebbero redistribuito il denaro della Vitol a più di una decina di intermediari. Da Curaçao il denaro veniva inviato ai Peré, che lo usavano per corrompere i funzionari ecuadoriani. Per dare una patina di rispettabilità all’operazione, la Vitol firmava falsi contratti di mediazione con le aziende create da Hanst.

In seguito Aguilar raccontò ai Peré di aver conosciuto Hanst attraverso un collega della Vitol che aveva lavorato con lui per conto della Addax. Il collega, Marc Ducrest, è stato descritto dalle autorità statunitensi come un complice nelle attività illecite, ma non è stato formalmente incriminato. Ducrest non ha voluto rilasciare dichiarazioni. “Tutto passava da un tizio su un’isola. Mi sembrava di essere in un film di James Bond”, ha dichiarato in seguito Aguilar.

Davanti alla possibilità di usare i servizi di Hanst, Aguilar non aveva avuto crisi di coscienza. Al contrario, aveva dimostrato di apprezzare il lato paradossale della vicenda, creando immediatamente due indirizzi email con pseudonimi che contenevano il numero in codice di James Bond, 007: “perezmarcos007@gmail.com” e “sixtotomas007@gmail.com”. Gli uomini coinvolti nella frode comunicavano in linguaggio cifrato e usavano nomi inventati. Aguilar, originario del Messico ma residente in Texas, era “TexMex.” Antonio Peré era “Tuco”, mentre Enrique, che secondo qualcuno somigliava a Bruce Willis, era “Bruce”. Arias era “El Gordo”, il grasso. A volte l’inclinazione per lo pseudo-spionaggio rasentava l’assurdo. Nelle loro conversazioni la Svizzera era “il paese del formaggio”.

I guadagni, invece, erano assolutamente reali. Hanst incassava il 5 per cento del contante che transitava dalle società di facciata; Aguilar ha ricevuto da Hanst versamenti sul suo conto personale per un totale di più di 600mila dollari. Poca roba in confronto al valore delle sue azioni nella Vitol, che nel 2020 superava i 75 milioni di dollari.

La Vitol accettò un patteggiamento pagando 164 milioni di dollari

Ricorrendo ai servizi di Hanst, la Vitol non ha corrotto solo i funzionari ecuadoriani: Hanst inviava denaro a un altro mediatore che lo consegnava, a volte in un parcheggio di Houston, ad alcuni dipendenti della compagnia petrolifera statale messicana Pemex. Questi si scambiavano messaggi entusiasti a proposito dell’arrivo “delle caramelle”. Secondo le prove presentate in tribunale contro Hanst, un intermediario venezuelano avrebbe versato tangenti per conto della Vitol a un alto funzionario della Citgo, un’azienda petrolifera statunitense di proprietà della compagnia energetica statale venezuelana.

La Vitol non era l’unica a corrompere i funzionari ecuadoriani. Quando Nilsen Arias, il manager della Petroecuador, ha dovuto elencare in tribunale le altre aziende da cui aveva ricevuto illecitamente denaro, ha consegnato una lista che includeva le imprese più importanti del commercio petrolifero: Trafigura, Petredec, Sargeant Marine, Gunvor e Noble Americas. La Gunvor e la Sargeant Marine hanno ammesso le loro responsabilità, mentre un portavoce della Trafigura ha dichiarato che l’azienda “non è coinvolta nel processo” a carico di Aguilar e ha rifiutato di fornire ulteriori precisazioni. La Noble e la Petredec non hanno voluto rilasciare commenti.

Arias ha ricevuto 13,5 milioni di dollari in tangenti da vari trader. La cifra comprende un orologio Patek Philippe in oro a 18 carati comprato dalla Gunvor, mentre la Vitol ha pagato la fattura da 120mila euro per la posa di pavimenti di marmo e la ristrutturazione dei quattro bagni della sua casa in Portogallo.

Arias e Antonio Peré hanno fatto i nomi dei funzionari ecuadoriani che hanno incassato mazzette, tra cui il viceministro delle finanze e il capo dello staff del presidente. I due sono stati incriminati in vari processi per corruzione celebrati in Ecuador negli ultimi anni. Ma sono stati i Peré ad arricchirsi più di tutti: i fratelli hanno ammesso di aver incassato cento milioni di dollari da chi voleva fare affari in Ecuador, tenendone per sé la metà.

È difficile quantificare le perdite dello stato ecuadoriano, ma è certo che i profitti degli operatori ammontano a centinaia di milioni. Un’indagine condotta dal parlamento ecuadoriano nel 2022 è arrivata alla conclusione che una serie di accordi petroliferi firmati dalla Petroecuador è costata al paese 4,8 miliardi di dollari.

Nel 2019 gli autori della frode internazionale si stavano ormai godendo il frutto dei loro successi. Antonio Peré aveva comprato uno yacht di venti metri, mentre Arias aveva una Porsche da 165mila dollari. Il contratto tra la Petroecuador e l’Oman stava per scadere, ma Antonio era convinto che sarebbero riusciti a rinnovarlo. “Siamo ancora molto lontani”, scriveva Aguilar in un messaggio Whats­App nel luglio 2019. “Ma raggiungeremo l’obiettivo”, rispondeva Antonio.

Alla fine la fiducia di Antonio si è rivelata un eccesso di arroganza. Nel momento in cui Peré scriveva queste parole, l’Fbi era ormai vicina a inchiodarlo. Presto l’intera frode delle tangenti sarebbe emersa alla luce del sole. Nell’agosto 2019 gli agenti perquisirono l’ufficio di Antonio Peré a Coral Gables, un ricco sobborgo di Miami. Le prove che trovarono illustravano il ruolo di primo piano dei fratelli Peré in una vasta rete composta da trader e funzionari ecuadoriani. Cataste di appunti e documenti contenevano i dettagli sulla spartizione delle tangenti. A quel punto Enrique Peré, in preda al panico, volò in Spagna, ma nel giro di poche settimane i due fratelli accettarono di collaborare con il governo statunitense. Così l’Fbi cominciò a intercettare le loro telefonate. I Peré registrarono numerose conversazioni con Aguilar, ma anche con Arias (che all’epoca non lavorava più per la Petroecuador) e con tre dipendenti della Gunvor.

Nel corso della prima metà del 2020 le maglie della rete cominciarono a stringersi. Un’indagine segreta sulla corruzione in Brasile aveva preso di mira diverse aziende, tra cui la Vitol, la Trafigura e la Glencore. I trader erano sempre più preoccupati. “State attenti! Non fidatevi a parlare d’affari, non fidatevi di nessuno. Fate tutto all’aperto, per carità!”, implorava Arias in una telefonata del gennaio 2020. Lo stesso Aguilar stava diventando più inquieto e cercava di evitare ogni rischio. In una telefonata con Antonio Peré spiegava di servirsi di un telefono personale per aggirare i controlli della Vitol. “Sono tutti schizofrenici, amico”, raccontava Aguilar. “C’è gente che ci ha detto che per certe cose non dobbiamo usare il computer o il telefono dell’ufficio”.

Le tensioni stavano crescendo anche all’interno della Vitol. L’azienda esitava a fare pagamenti già concordati e Aguilar temporeggiava davanti alle richieste di Antonio Peré e altri. Nel marzo 2020 la situazione non era ancora risolta, così Aguilar incontrò i Peré a Houston, senza sapere che due agenti dell’Fbi aspettavano poco lontano mentre Enrique filmava la conversazione. In quell’occasione Aguilar spiegò che la Vitol non aveva prove delle attività illecite, ma stava comunque chiudendo le strutture esistenti, per precauzione. Da quel momento in poi il denaro sarebbe stato versato attraverso un’altra struttura, aveva precisato. Il 10 luglio 2020 Javier Aguilar atterrò a Houston alle otto del mattino a bordo di un aereo partito da Città del Messico. L’aeroporto era quasi deserto a causa della pandemia. Mentre Aguilar si avvicinava al controllo passaporti, un uomo gli andò incontro mostrando un distintivo. “Mi chiamo Paul Zukas, sono dell’Fbi”, gli disse prima di scortarlo in una stanza senza finestre dove gli mostrò una fotografia del suo pranzo a Houston con i Peré. Poche ore dopo fu emesso un mandato d’arresto a carico di Aguilar.

Il governo statunitense aveva prove in abbondanza contro la Vitol. Nel dicembre 2020 l’azienda accettò un patteggiamento pagando 164 milioni di dollari e ammettendo di aver corrotto funzionari in Messico, Ecuador e Brasile per quindici anni. Rispondendo ad alcune nostre domande, l’azienda ha fatto riferimento a un comunicato diffuso all’epoca dall’amministratore delegato Russell Hardy, in cui si sosteneva che la Vitol s’impegnava “a rispettare le leggi e a non tollerare la corruzione o le pratiche imprenditoriali illecite”. I Peré, Hanst e Arias si sono dichiarati colpevoli, così come la Gunvor, che a marzo ha versato 622 milioni per chiudere i procedimenti negli Stati Uniti e in Svizzera. “Non neghiamo che la Gunvor abbia commesso errori. Siamo dispiaciuti e abbiamo operato per rimediare”, ha dichiarato il presidente Torbjörn Törnqvist.

Trent’anni di prigione

Aguilar rischia trent’anni di prigione, anche se con ogni probabilità la condanna sarà significativamente ridotta rispetto al massimo previsto. Inoltre dovrà affrontare un processo separato a Houston in cui è accusato di corruzione in Messico. Se l’appello dovesse confermare le accuse, Aguilar sarà il primo trader delle materie prime ad andare in prigione per corruzione negli ultimi trent’anni.

Vari ex operatori della Glencore e della Gunvor si sono dichiarati colpevoli e sono in attesa di giudizio, mentre in Svizzera e nel Regno Unito sono in corso altri processi e indagini a carico di alti dirigenti della Glencore e della Trafigura. È ancora troppo presto per stabilire se questi procedimenti produrranno un cambiamento nel settore o ridurranno la corruzione dei paesi petroliferi. Secondo Adrià Budry Carbó, investigatore per conto dell’ong svizzera Public eye, “sono un segnale molto forte del fatto che nell’industria c’è qualcosa che non quadra”. Le conversazioni intercettate tra Aguilar e i Peré suggeriscono che la corruzione facesse parte delle operazioni standard all’interno della Vitol. In diverse occasioni Aguilar ha citato altri “mezzi” simili alle società di facciata fondate da Hanst. “Fatemi controllare se c’è un altro ‘Lionel’ con cui posso mettervi in contatto”, aveva proposto ai Peré in un’occasione.

Il denaro destinato ad Hanst era inviato da un conto bancario londinese della Vitol dal personale della sede di Ginevra. Questi versamenti si potevano fare solo con l’approvazione del dipartimento contabile della Vitol. L’azienda e altri operatori del settore hanno reagito revisionando le procedure interne, mettendo a punto meccanismi di controllo sull’operato dei dipendenti e creando linee dirette per chi volesse denunciare gli illeciti. Oggi non è più possibile fare pagamenti al di fuori del sistema di conformità, a prescindere dal grado nella gerarchia aziendale.

Diverse grandi società, tra cui la Trafigura e la Gunvor, hanno dichiarato di aver smesso di ricorrere agli agenti esterni, cioè ai consulenti come i Peré. La Vitol, invece, continua a usarli. Un suo portavoce ha precisato che “in alcune occasioni e all’interno della normale attività, l’uso degli intermediari può essere ritenuto appropriato”. Ancora oggi, tuttavia, lontano da orecchie indiscrete, gli operatori raccontano storie di funzionari governativi che trovano il modo di chiedere denaro in cambio dei loro servizi. In qualche modo i contratti continuano a essere stipulati.

Gli Stati Uniti cantano vittoria. “Abbiamo cambiato l’industria del commercio dell’energia”, ha detto la viceministra della giustizia Nicole Argentieri. Ma non tutti ne sono convinti. “Ai primi sospetti le aziende garantiscono di non aver commesso illeciti. Poi quando partono le inchieste, dicono di non poter rilasciare dichiarazioni. A cose fatte, ripetono che le accuse sono roba vecchia e che le loro procedure sono cambiate”, spiega Budry Carbó. “Ma l’unica cosa che cambia è il livello di complessità dei loro imbrogli”. ◆ as

Da sapere

◆ Il 4 aprile 2024 il colosso delle materie prime Trafigura ha ammesso che il suo fondatore ed ex amministratore delegato Claude Dauphin ha approvato il pagamento di tangenti per ottenere alcuni contratti petroliferi in Brasile. Dauphin ha guidato la multinazionale con sede a Singapore dal 1993 fino alla sua morte, avvenuta nel 2015. È la prima volta che i massimi vertici di un’azienda di questo tipo sono direttamente implicati nelle inchieste sulla corruzione del settore energetico avviate negli Stati Uniti. Secondo gli inquirenti, tra il 2003 e il 2014 vari dirigenti della Trafigura hanno pagato tangenti per circa 19,7 milioni di dollari per ottenere accordi con la compagnia petrolifera di stato brasiliana Petrobras. Il giro di corruzione ha coinvolto anche due delle principali concorrenti della Trafigura, la Vitol e la Glencore.Bloomberg
◆ Nel 2023 l’azienda olandese con sede in Svizzera Vitol ha registrato utili record per il secondo anno consecutivo. Dopo aver incassato 15,1 miliardi di dollari nel 2022, l’anno scorso ha chiuso l’esercizio con un attivo di tredici miliardi. Anche se in calo rispetto al 2022, l’utile è comunque più del triplo dei quattro miliardi del 2021. Negli ultimi tre anni la Vitol ha registrato un utile netto complessivo più alto di quelli incassati nei trent’anni precedenti messi insieme. Financial Times


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Questo articolo è uscito sul numero 1558 di Internazionale, a pagina 58. Compra questo numero | Abbonati