Quando i commentatori stranieri si occupano della Polonia di solito si concentrano sulle divisioni politiche del paese: liberali e democratici contro populisti, filoeuropei contro nazionalisti e via discorrendo. Queste analisi colgono l’essenza della situazione, ma sono parziali. Perché i due schieramenti hanno anche una caratteristica in comune: un legame ossessivo con la sovranità nazionale.

In un sondaggio condotto dopo l’invasione russa dell’Ucraina, l’84 per cento dei polacchi ha dichiarato di aver paura che il conflitto possa arrivare nel loro paese. Da allora è passato oltre un anno, ma in Polonia non esiste parola più importante di “sovranità”. Di solito equiparata al concetto di sicurezza, la sovranità è diventata onnipresente nel dibattito pubblico. In un certo senso i polacchi sono abituati alle guerre combattute ai loro confini orientali. Sono preoccupati per problemi quotidiani di dimensione europea (inflazione) e locale (crisi della sanità pubblica). Ma la minaccia di un’invasione russa è sempre in cima ai loro pensieri. La questione della sovranità è dunque essenziale, specialmente nei periodi di campagna elettorale, come quello che il paese sta vivendo in vista del voto del 15 ottobre.

L’importanza della sovranità industriale, sanitaria e in materia di politica migratoria oggi è discussa in tutto il mondo. Tuttavia gli stati dell’Europa centrale e orientale, compresa la Polonia, considerano il problema nel più classico dei modi: hanno paura di essere cancellati dalle mappe geografiche o di finire assoggettati a governi manovrati dall’estero. Per paesi come la Polonia e la Lituania queste paure non sono teoriche. Guadagnare e poi perdere l’indipendenza è un’esperienza che negli ultimi trecento anni hanno già sperimentato. E ogni volta il collasso dello stato ha portato con sé esplosioni di violenza, la scomparsa delle vecchie forme di vita pubblica, emigrazione, confische di beni, incarcerazioni e terrore.

Queste paure collettive sono basate sulla storia reale e sono trasmesse nei discorsi pubblici e privati. Costituiscono il prisma attraverso cui sono giudicate le scelte politiche ed è immaginato il futuro. In Polonia la guerra in Ucraina sta riportando in vita questo trauma, ma va detto che la visione “post-traumatica” della sovranità ha forgiato la politica estera e interna del paese fin dal 1989.

Per fare un esempio, le due più importanti decisioni geopolitiche prese negli ultimi anni dagli stati dell’Europa centrorientale – l’ingresso nella Nato e quello nell’Unione europea – sono state motivate dal desiderio di migliorare il benessere materiale ma, soprattutto, da quello di sfuggire a vecchie trappole storiche. Varsavia, Vilnius, Riga e Tallinn avevano cercato per secoli di allontanarsi dalla sfera d’influenza di Mosca.

Tra est e ovest

Questo ci riporta alla situazione politica della Polonia di oggi. Al momento ci sono due partiti dominanti. Diritto e giustizia (Pis), populista e illiberale, è al potere, mentre l’europeista e liberale Piattaforma civica (Po), guidata da Donald Tusk, è all’opposizione. L’atteggiamento nei confronti della sovranità è diventato il criterio principale per giudicare un avversario politico. Per il governo populista le minacce alla sovranità arrivano da est ma anche da ovest. Il Pis, infatti, mette quasi sullo stesso piano Bruxelles e Mosca, posizione che lascia interdetti i commentatori europei ma convince i sostenitori del governo.

Da sapere
Cosa dicono i sondaggi

◆ Il 15 ottobre 2023 la Polonia andrà alle urne per le elezioni legislative, in un voto che avrà conseguenze rilevanti sugli equilibri politici nell’Unione europea. In testa ai sondaggi, con il 36 per cento delle intenzioni di voto, c’è il partito ultraconservatore e sovranista Diritto e giustizia (Pis), guidato da Jarosław Kaczyński. Al potere dal 2015, il Pis ha spesso avuto contrasti con l’Unione europea per violazioni dello stato di diritto e del principio della separazione dei poteri. A sei punti di distacco c’è la principale forza di opposizione, Coalizione civica (Ko, europeista e liberale), costruita intorno al partito Piattaforma civica dell’ex premier e presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Le altre forze di opposizione sono Lewica (Sinistra, 10 per cento delle intenzioni di voto) e l’alleanza di centrodestra Terza via (Trzecia droga in polacco, 10 per cento). Con il 9 per cento delle intenzioni di voto, c’è il partito ultranazionalista ed euroscettico Konfederacja, che potrebbe sottrarre voti al Pis da destra.


Sul fronte opposto, la formazione di Tusk ritiene che i problemi provengano principalmente da est. Piattaforma civica accusa il Pis di demonizzare l’occidente, fino al punto di ipotizzare l’uscita di Varsavia dall’Unione europea. Se questo accadesse, la Polonia si troverebbe ancora una volta in una zona grigia tra est e ovest, e in pratica tornerebbe nella sfera d’influenza della Russia, in una situazione simile a quella di Ucraina, Bielorussia e Moldova.

La concezione post-traumatica della sovranità riguarda sia le forze governative e antieuropee sia quelle progressiste ed europeiste. In proposito vanno sottolineati due aspetti. Anche se il concetto di “sovranità post-traumatica” può sembrare astratto, per gli europei dell’est è figlio dell’esperienza reale. Come prima conseguenza, spinge a dotarsi di un esercito sempre più potente. A prescindere da chi governerà, la spesa militare polacca è destinata ad aumentare, perché le preoccupazioni legate alla sicurezza sono condivise dagli elettori di tutti gli orientamenti.

In secondo luogo, la “sovranità post-traumatica” comporta una spinta verso gli Stati Uniti. I paesi dell’Europa centrorientale stanno cercando di garantirsi un appoggio concreto in caso di aggressione, e per loro ormai la Nato e gli Stati Uniti coincidono. In questo senso non sono diversi da Finlandia e Svezia, che dopo lo scoppio della guerra in Ucraina hanno abbandonato la loro tradizionale neutralità per chiedere di entrare nella Nato.

Per paesi come la Polonia, tuttavia, è anche importante mantenere una certa distanza da Germania e Francia. Le preoccupazioni economiche legate alle politiche europee sono certamente rilevanti, ma non quanto la difesa della sovranità. Anche perché senza sovranità non può esserci successo economico, tesi confermata non solo dal tragico destino dell’Ucraina, ma anche dai trent’anni di prosperità che la Polonia ha vissuto dopo essersi allontanata dall’orbita di Mosca. ◆ as

Jarosław Kuisz è un politologo polacco, direttore della rivista Kultura liberalna.

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Questo articolo è uscito sul numero 1533 di Internazionale, a pagina 39. Compra questo numero | Abbonati