Il 2 febbraio la Apple ha messo in commercio l’Apple Vision Pro, un visore che mette insieme la realtà virtuale e quella aumentata. Disponibile a un costo elevato, a partire da 3.500 dollari, questo strumento promette di cambiare il rapporto degli esseri umani con la tecnologia come l’azienda aveva fatto in passato con il personal computer, l’iPod e lo smart­phone. Stavolta però sembra che la magia non regga più di qualche minuto. Se già qualche segno di ridondanza tecnologica si era percepito con prodotti come l’iPad, il cui uso negli anni è stato relegato ad ambiti specifici come l’illustrazione, e l’Apple Watch, che si è rivelato un accessorio più estetico che funzionale, ora sembra che la distanza tra il mondo e i prodotti dell’azienda sia diventata abissale. In questo podcast che racconta le zone d’ombra della tecnologia Ed Zitron costruisce un test approfondito dell’Apple Vision Pro e i risultati della sua “autopsia” sono poco generosi. Secondo Zitron, l’Apple Vision Pro risulta magico per i primi minuti, ma subito ci si scontra con l’impossibilità di mandare una semplice email. Mancano applicazioni di altre aziende che ne giustifichino l’uso e non si tiene conto dell’esperienza dell’utente, segno di un periodo storico in cui la tecnologia è in mano a sviluppatori miopi poco interessati al mondo che li circonda. ◆

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1553 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati