Il 19 aprile in India cominciano le elezioni legislative, che si svolgeranno in più fasi fino al 1 giugno e vedranno il primo ministro Narendra Modi correre per un terzo mandato consecutivo. Su 1,4 miliardi di abitanti, gli aventi diritto al voto sono circa 970 milioni, e tra le persone registrate per votare ci sono 18 milioni di diciottenni o diciannovenni alla loro prima elezione e 8,2 milioni di anziani di più di 85 anni.

Per cosa si vota

Con le elezioni si rinnoveranno i 543 seggi della lok sabha, la camera bassa del parlamento, per una durata di cinque anni. Possono essere eletti tutti i cittadini con più di diciotto anni. Per formare un governo il partito (o la coalizione) che aspira a governare deve aggiudicarsi almeno 272 seggi.

Il Bharatiya janata party (Bjp), il partito di Modi, è riuscito ad assicurarsi la maggioranza alle ultime due tornate elettorali, nel 2014 e nel 2019, conquistando rispettivamente 282 e 303 seggi. Il Congress, la principale forza dell’opposizione, che dopo l’indipendenza era stato in grado di conquistare la maggioranza per sette volte, oggi è l’ombra di se stesso: nel 2014 e nel 2019 ha ottenuto rispettivamente 44 e 52 seggi in tutto.

In base al sistema uninominale secco in vigore in India, ciascun seggio è assegnato al candidato che prende più voti. Gli elettori non scelgono direttamente il primo ministro, sono i parlamentari a farlo. Di solito indicano il leader del partito o della coalizione di maggioranza, che poi è nominato dal presidente.

Le elezioni si svolgeranno in sette fasi, dal 19 aprile al 1 giugno. Con più di un milione di seggi elettorali allestiti e più di 15 milioni di funzionari federali e statalichiamati a organizzare le votazioni in tutto il paese, saranno il più vasto esercizio logistico in tempo di pace a cui il mondo abbia mai assistito. Un’impresa titanica che muoverà, tra le altre cose, 400mila veicoli.

Nei dieci anni di governo il Bjp ha consolidato la sua base elettorale indù

L’elezione dei record

I funzionari elettorali percorreranno il paese in lungo e in largo, usando elicotteri, barche, muli e perfino elefanti per raggiungere le aree più remote. Anche le forze di sicurezza sono schierate per garantire un voto senza violenze e contribuire al trasporto dei funzionari e delle apparecchiature per il voto. Come spiegano dalla commissione elettorale, tutto questo richiede tempo, perciò le elezioni durano settimane. Secondo le parole di Rajiv Kumar, capo della commissione, è “la più grande festa della democrazia al mondo”.

Elezioni su così vasta scala hanno costi enormi. La maggior parte degli aventi diritto voterà usando delle macchine elettorali elettroniche (evm). Ne sono state predisposte circa 5,5 milioni, mentre le persone sopra gli 85 anni e quelle con disabilità potranno votare via posta.

La commissione elettorale non ha fatto sapere quanto costeranno queste elezioni, ma secondo uno studio del Centre for media studies di New Delhi, nel 2019 tra le spese per organizzare le operazioni di voto e i fondi usati dai partiti (Bjp e Congress in particolare), si era arrivati a più di 550 miliardi di rupie (6,22 miliardi di euro), quasi il doppio rispetto al 2014. Quest’anno ci si aspetta un costo ancora maggiore.

Temi e candidati

Il Bjp ha prospettive di vittoria di gran lunga superiori rispetto alla coalizione India (Indian national developmental inclusive alliance), che si è formata di recente con lo scopo di battere il partito di Modi e raccoglie una decina di forze dell’opposizione. L’alleanza, guidata dal Congress, fatica a superare le differenze interne, i problemi legali che stanno affrontando i suoi dirigenti più noti e l’enorme divario con il Bjp in termini di finanziamenti.

Modi, che continua ad avere un carisma e un ascendente sugli elettori, è ancora una volta il candidato del Bjp alla carica di primo ministro, mentre l’opposizione non ha un candidato. “Il blocco India ha scelto di condurre una battaglia ideologica contro il Bjp: deciderà dopo aver vinto le elezioni chi sarà il leader e il primo ministro”, ha dichiarato Rahul Gandhi, alla guida del Congress.

Mentre il Congress sostiene che la democrazia e la costituzione del paese sono minacciate dall’amministrazione del Bjp, il partito al governo sbandiera i suoi programmi assistenziali per i poveri, lo sviluppo delle infrastrutture e la crescita registrata dall’economia. Secondo un sondaggio di India Tv-Cnx pubblicato all’inizio di aprile, il Bjp dovrebbe conquistare 342 seggi, mentre il Congress appena 38.

Nei dieci anni di governo il Bjp ha consolidato la sua base indù mantenendo le promesse fatte in campagna elettorale. Nel 2019 ha eliminato la parziale autonomia del Jammu e Kashmir, stato a maggioranza musulmana, e a gennaio ha inaugurato un grande tempio induista dedicato al dio Rama ad Ayodhya, sul sito dove sorgeva una moschea rasa al suolo dagli estremisti indù nel 1992. A marzo ha approvato una legge che concede la nazionalità agli indù e alle persone di altre fedi religiose in fuga dai paesi vicini, a maggioranza musulmana.

Il primo ministro fa spesso riferimento a quanto l’India si sia sviluppata da quando c’è lui al governo, anche se l’opposizione continua ad accusarlo di non creare abbastanza posti di lavoro e di favorire i miliardari. L’economia è cresciuta dell’8,4 per cento nel trimestre ottobre-dicembre dell’anno fiscale che si è chiuso il 31 marzo, superando di gran lunga le aspettative grazie all’attività manifatturiera e al settore delle costruzioni. A febbraio la società di intermediazione Jefferies ha previsto che l’India diventerà la terza economia mondiale entro il 2027. E ha sottolineato che nell’ultimo decennio ha raggiunto un tasso di crescita del 7 per cento all’anno, balzando dall’ottavo al quinto posto a livello globale.◆ gim

I commenti
Autocrazia elettorale

“Ci sono pochi dubbi sul risultato delle elezioni indiane: Narendra Modi otterrà facilmente un terzo mandato e il suo Bharatiya janata party sembra destinato ad aggiudicarsi una maggioranza ancora più ampia di quella ottenuta nel 2019”, scrive l’Irish Times in un editoriale che ha provocato una lettera di protesta dell’ambasciatore indiano a Dublino, Akhilesh Mishra.

Il quotidiano irlandese scrive che “l’indubbia popolarità personale e il successo economico di Modi giocheranno un ruolo cruciale nella sua vittoria. Ma il primo ministro ha fatto leva anche su un’ampia repressione della libertà di espressione e dei partiti d’opposizione, con centinaia di processi per corruzione e reati fiscali a parlamentari e leader avversari. Le credenziali democratiche dell’India sono state gravemente compromesse”. I casi più recenti a cui fa riferimento il quotidiano sono l’arresto di Arvind Kejriwal, leader dell’Aam Aadmi party e governatore di New Delhi, per un presunto scandalo che riguarda le licenze per la vendita di alcolici; e il congelamento dei conti bancari del partito del Congress ordinato dalle autorità fiscali, che ha impedito alla principale forza d’opposizione di finanziare la campagna elettorale.

L’editoriale prosegue spiegando come il nazionalismo indù abbracciato da Modi ha provocato tensioni e violenze antimusulmane nel paese a maggioranza indù, erodendo la tradizionale laicità politica del paese. “Il rischio che l’India diventi una democrazia solo di nome – una ‘autocrazia elettorale’ – è innegabile”, scrive il Guardian ricordando che anche la Bbc è nel mirino del governo . “Modi ha centralizzato il potere a un livello sorprendente, ha minato l’indipendenza delle istituzioni pubbliche come la magistratura e i mezzi d’informazione, e ha costruito attorno a sé un culto della personalità”, denuncia lo storico Ramachandra Guha su Foreign Affairs. ◆


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Questo articolo è uscito sul numero 1559 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati