La Slovacchia si sta preparando al quarto governo di Robert Fico, che dovrebbe entrare in carica entro la fine di ottobre. Resta da capire se sarà un esecutivo antioccidentale e antidemocratico o semplicemente più pragmatico, e in che misura la Slovacchia si avvicinerà al modello autoritario ungherese.

Con un’affluenza alle urne del 68,5 per cento, la più alta dal 2002, il partito Direzione- Socialdemocrazia(Směr) di Fico ha ottenuto 42 seggi. I liberali di Slovacchia progressista (Ps) ne hanno avuti 32, mentre i socialdemocratici di Hlas (voce) dell’ex premier Peter Pellegrini ne hanno ottenuti 27. Seguono Olano, la coalizione di un altro ex premier, Igor Matovič, con sedici deputati, il Movimento cristiano-democratico con dodici deputati, Libertà e solidarietà con undici, e il Partito nazionale slovacco (Sns), con dieci. I due partiti apertamente neofascisti non hanno superato la soglia di sbarramento.

Gli slovacchi andranno nuovamente alle urne la prossima primavera per eleggere il capo di stato, figura che dovrebbe fare da contrappeso al premier. La presidente in carica, la liberale Zuzana Čaputová, non correrà per un secondo mandato. Il voto sarà un altro capitolo della difficile lotta tra le fazioni politiche e civili del paese, che sta portando a una forte polarizzazione della società.

L’atteggiamento di Fico alla conferenza stampa dopo la vittoria è stato molto meno aggressivo di quello visto in campagna elettorale. Quando un giornalista straniero gli ha chiesto se stesse pensando all’uscita della Slovacchia dall’Unione europea, ha detto: “Siamo politici pragmatici, razionali, ma di sinistra”. Ha fatto di tutto per sembrare un leader occidentale, con opinioni solo leggermente diverse dagli altri sulla guerra in Ucraina.

“La mia priorità è il programma, a distribuire le cariche penserò dopo”, ha detto. Il che, in realtà, conferma i timori dei suoi avversari: Fico vuole sostituire i vertici della polizia e della procura, che considera politicizzati. E questo potrebbe bloccare le indagini su decine di casi di collusione tra la criminalità organizzata e la politica. Molti ritengono che con Fico al governo l’indipendenza di molte istituzioni democratiche, tra cui la magistratura, sarà minacciata.

“Fico è tornato. È pronto a prendere il potere, a governare e a vendicarsi. E per la Slovacchia non è una buona notizia. I temi più urgenti sono la sua voglia di vendetta e la posizione del paese sullo scacchiere internazionale”, ha commentato Peter Bárdy, direttore del sito d’informazione Aktuality.sk.

Il nodo del debito

Dalle prossime mosse del leader di Směr si capirà quali forze potrebbero comporre il governo e quello che i partner del partito di Fico chiederanno in cambio. La prima scelta potrebbe essere un’alleanza con l’ex compagno di partito Peter Pellegrini e con l’Sns, per arrivare a 79 deputati e a una maggioranza di quattro seggi. Ma questa opzione presenta diverse insidie e sarebbe malvista dalla comunità internazionale. Nei dibattiti tv durante la campagna elettorale, Pellegrini ha affermato che un governo di coalizione con il suo partito non avrebbe mai messo in discussione l’adesione all’Unione europea e alla Nato. Questo potrebbe essere un problema per l’Sns, che ha diversi deputati filorussi e antioccidentali. Per non sfigurare all’estero, e per avere maggior stabilità, a Fico converrebbe un alleato come il Movimento cristiano-democratico, il cui leader ha però escluso ogni collaborazione.

In teoria c’è una terza possibilità: se Fico non riuscisse a formare un esecutivo, i liberali del Ps potrebbero mettere in piedi una coalizione con le altre forze democratiche e Hlas. Tuttavia, quest’alleanza rischia di essere un’accozzaglia di breve durata. E se c’è una cosa che gli slovacchi temono è il caos politico.

I liberali, comunque, non si rassegnano. “Il Ps è un partito nato per negoziare, non ha fatto campagna contro gli avversari e non ha alimentato conflitti”, nota il politologo Grigorij Mesežnikov. Anche le dichiarazioni del leader Michal Šimečka sono state molto caute. I commentatori concordano sul fatto che se Šimečka fosse in grado di offrire a Pellegrini il posto di premier, Hlas abbandonerebbe Fico. “È tutto nelle mani di Pellegrini, che potrebbe anche decidere di allearsi con i democratici”, dice il sociologo Michal Vašečka.

La Slovacchia si trova quindi ad affrontare negoziati molto complicati che, in ogni caso, non possono essere trascinati all’infinito. Qualsiasi futuro governo dovrà occuparsi anzitutto della rapida crescita del debito pubblico. “La prima cosa da fare è rassicurare la comunità internazionale sulla stabilità del paese e la volontà di risanare le finanze pubbliche”, ha detto Štefan Kišš, nuovo deputato del Ps. A suo avviso la Slovacchia ha bisogno di riforme in tutti i settori per poter ricominciare a crescere.

Ma questa posizione è in contrasto con le promesse di nuovi sussidi che in campagna elettorale sono state il cavallo di battaglia non solo di Směr, ma anche del partito di Pellegrini. La scorsa settimana il consiglio di bilancio ha rivisto al rialzo la stima del deficit pubblico per l’anno in corso, portandola dal 5,5 al 5,7 per cento.

La Slovacchia, che dalla scorsa primavera è amministrata dal governo tecnico del primo ministro Ľudovít Ódor, rischia di dover affrontare un drastico taglio alla spesa pubblica se non sarà formato rapidamente un governo. Dato il livello del debito, per il prossimo anno il ministero delle finanze dovrà arrivare al pareggio di bilancio, anche considerate le regole europee sulla sostenibilità del debito pubblico nel quadro della riforma della governance economica dell’Unione.

Se l’esecutivo otterrà rapidamente il via libera dal parlamento, avrà due anni di tempo per mettersi in regola con le nuove norme europee. È un dettaglio importante, considerato che, secondo le previsioni del ministero delle finanze, in Slovacchia il pareggio di bilancio provocherebbe una recessione peggiore di quella causata dalla pandemia. ◆ ab

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Questo articolo è uscito sul numero 1532 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati