Marc Noppenberger sa cos’è una macchina fatta bene. In passato, quando andava in giro per la città a bordo di una Bmw M3 o di una Mercedes Classe S, tutti si giravano a guardarlo. Lo considerava un buon segno, visto che di mestiere vende auto e per anni ha venduto ai tedeschi macchine tedesche – prima le Bmw e poi le Mercedes – convinto che fossero le migliori. Ecco perché nel 2023, quando il suo capo gli ha chiesto se poteva vendere anche quelle della Byd, è rimasto di sasso. All’epoca, tutto quello che sapeva di questa casa automobilistica cinese era che i suoi colleghi della catena di concessionarie Torpedo Gruppe la giudicavano con sufficienza: economica, sconosciuta, non una rivale temibile. Ma Noppenberger è un uomo curioso e voleva almeno provarne una. Così è salito su una Byd modello Han in un autosalone di Mannheim, nel land del Baden-Württemberg. Ricorda ancora lo stupore per l’ottima fattura e l’eleganza del volante. Ha pensato: “Mamma mia, che macchina!”. È tornato dal capo e gli ha detto di sì.

Byd è l’acronimo di build your dreams, realizza i tuoi sogni. Lo slogan compare perfino sui fanali posteriori. Per il produttore cinese almeno un sogno si è già avverato: dalla fine del 2023 è la casa automobilistica che vende più auto elettriche in assoluto, più della statunitense Tesla e, ovviamente, più di tutte le aziende tedesche. Nel quarto trimestre ne ha vendute 526.409 in tutto il mondo. Soprattutto in Cina, certo, ma presto le cose cambieranno. La Byd punta all’Europa, alla Germania e, sì, anche a Stoccarda. In città si respira più preoccupazione che entusiasmo: a novembre i cinesi hanno inaugurato una grande concessionaria nella Calwer Passage, il posto migliore in città. Il quotidiano locale, la Stuttgarter Zeitung, l’ha definita una “dichiarazione di guerra”.

Magie dell’ingegneria

Stoccarda è la capitale non ufficiale dell’auto in Germania e forse anche nel mondo. È qui che, quasi 140 anni fa, Gottlieb Daimler inventò il “motore a combustione interna ad alta velocità con accensione a tubo incandescente non comandata”. Ed è qui che hanno sede non solo la Porsche e la Mercedes, ma anche le aziende dell’indotto come la Bosch o la Mahle, che forniscono componenti indispensabili per le auto e offrono posti di lavoro. Gli abitanti di Stoccarda ci tengono alle loro automobili e sono fieri di produrre i motori migliori del pianeta, come i boxer a sei cilindri della Porsche e i diesel indistruttibili della Mercedes. Nel corso degli anni sono sempre riusciti a migliorarli: più potenza, più coppia, consumi più bassi. Miracoli dell’ingegneria. Solo che anche i miracoli finiscono.

Nel 2035 l’Unione europea vieterà le automobili che emettono anidride carbonica. Anche in altre parti del mondo le norme sui gas di scarico saranno inasprite. Insomma, il settore dell’auto si sta riorganizzando. In futuro non ci si chiederà più qual è il motore a quattro cilindri più potente, ma chi costruisce le auto elettriche migliori e più economiche. Alla Byd sono convinti di essere loro. Anche a Stoccarda.

Un venerdì di gennaio Noppenberger attraversa la sua concessionaria: pavimento in cemento levigato, luce fredda e cinque auto posizionate tra i pilastri, luccicanti come se fossero appena uscite dal catalogo. È il responsabile delle vendite delle auto Byd nella Germania sudoccidentale. La sua azienda, il Torpedo Gruppe, ha 29 saloni che per decenni hanno trattato soprattutto Mercedes. Poco più di un anno fa, però, nei suoi negozi sono apparse alcune Byd, anche perché la nuova proprietà è molto vicina ai cinesi: di recente, infatti, il Torpedo Gruppe è stato comprato dalla Hedin, importatore ufficiale delle Byd in Germania.

Un uomo cordiale

Insomma, con la nuova proprietà è arrivato anche un nuovo marchio. E Noppenberger, un uomo cordiale dalla tipica cadenza renana, deve convincere gli svevi, tendenzialmente scettici, che è un buon marchio. È convinto di poterci riuscire, d’altra parte fa il venditore. A sentirlo, però, non lo interessano i soldi facili, ma l’idea che un giorno potrà guardarsi indietro e dire: “Io c’ero fin dall’inizio e la Byd il suo successo lo deve anche a me”.

Si avvicina alla Dolphin, un’utilitaria: il nome, “delfino”, rievoca qualcosa di tenero, ma quest’auto potrebbe rivelarsi una minaccia per i produttori tedeschi. Nel 2023 è stata una delle vetture con motore elettrico più vendute in Cina, anche se per ora in Germania non ha avuto una grande diffusione, visto che ne sono state immatricolate solo 4.135, lo 0,1 per cento del mercato. Non è detto però che le cose restino così. Noppenberger apre la portiera, si china nell’abitacolo e picchia con forza sul cruscotto. “È fatta bene”.

La Dolphin accelera da zero a cento chilometri orari in sette secondi e pare abbia un’autonomia fino a 427 chilometri. Costava quasi cinquemila euro in meno della Id.3 della Volkswagen. Quando il governo tedesco ha ridotto gli incentivi per l’acquisto di auto elettriche, l’azienda tedesca ha abbassato il prezzo della Id.3 a 32.975 euro. La Byd si è adeguata e ha abbassato il prezzo del 15 per cento: ora la Dolphin costa 32.990 euro. Non ha intenzione di svendersi.

C’è chi dice che le case automobilistiche tedesche abbiano perso un treno. A forza di concentrarsi sulle macchine elettriche e ibride di fascia alta hanno dimenticato l’obiettivo: introdurre sul mercato modelli a prezzi convenienti, accessibili. È l’impressione che si aveva qualche mese fa all’Iaa mobility, il salone dell’automobile di Monaco di Baviera. Mentre nello stand della Byd si potevano ammirare sei nuovi modelli, quasi tutti già disponibili per l’acquisto, le aziende tedesche esponevano soprattutto vetture che saranno in vendita solo tra qualche anno. A Stoccarda uno dei rivenditori della Byd commenta: “I tedeschi devono sbrigarsi a mettere sul mercato qualcosa di decente e soprattutto a un prezzo decente”.

La Volkswagen è già in una situazione critica e per questo si sta affrettando ad abbassare i prezzi. Le auto elettriche della Byd, infatti, vanno forte soprattutto sul mercato di massa, da sempre dominato dall’azienda tedesca. Può darsi che per le grandi case automobilistiche di Stoccarda, la Porsche e la Mercedes, questa sia una buona notizia: secondo molti esperti sono in una posizione migliore per competere con i cinesi, visto che il lusso non perde mai colpi. Una classe S di Stoccarda resta uno status symbol.

Ma alla lunga basterà? Anche una Classe S ha bisogno di un buon software. Secondo l’esperto di automobili Stefan Bratzel, gliene serve uno decisamente migliore di quello che usano le macchine cinesi. Bratzel lo ripete: “Nell’industria automobilistica, se costi di più, devi anche essere più innovativo”. Anche perché sul prezzo le auto cinesi sono imbattibili.

Nella culla dell’industria

All’inizio la Byd non produceva automobili ma batterie, il cuore delle auto elettriche. E qui sta il punto di forza dei cinesi: sanno prodursi le batterie da soli e a un costo più basso. Eppure, per molto tempo nessuno ha preso sul serio quest’azienda. I dirigenti tedeschi si preoccupavano soprattutto della Tesla di Elon Musk. E Musk cosa pensava dei cinesi? In un’intervista del 2011, una giornalista di Bloomberg gli chiese un’opinione sulla Byd e la concorrenza di Pechino. Musk scoppiò a ridere: “Ma avete visto le macchine che fanno?”.

Un nave diretta in Germania con un carico di auto Byd, Shenzhen, Cina, 17 gennaio 2024 (Xinhua/Eyevine/Contrasto)

Ormai nessuno ride più, neanche in Europa. Le dichiarazioni fatte a settembre dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sulle auto elettriche cinesi trasmettevano un panico strisciante. Il mondo è “invaso da macchine elettriche cinesi particolarmente economiche”, avvertiva Von der Leyen, annunciando che avrebbe avviato indagini su eventuali distorsioni del mercato.

L’obiettivo di Pechino è chiarissimo: entro il 2025 vuole che una casa automobilistica cinese sia la leader globale del settore ed è pronta a investire miliardi. Poco prima di Natale del 2023 la Byd ha annunciato di voler aprire nei prossimi anni uno stabilimento a Szeged, in Ungheria. Così eviterebbe gli alti dazi europei sulle importazioni e potrebbe vendere i suoi modelli elettrici a prezzi più convenienti, facendo una concorrenza ancora più spietata. Secondo Ferdinand Dudenhöffer, esperto del settore, “la Byd riuscirà a imporsi”.

Noppenberger, da uomo della Byd, queste cose non vuole neanche sentirle. “Nel segmento di alta gamma la Mercedes ha ottimi prodotti”, ribatte.

La Porsche? No, loro sono in un’altra gara. Piuttosto la Volkswagen, che vende macchine di qualità paragonabile e a prezzi simili. L’understatement fa parte della strategia cinese. Anche al salone di Monaco i dirigenti della Byd sfoggiavano grande cortesia. Alla conferenza stampa uno di loro ha definito l’Europa “la culla dell’industria automobilistica”, aggiungendo che erano altri – la Tesla, la Volkswagen – a dominare il mercato. Stavano mostrando il dovuto rispetto o volevano semplicemente sembrare gentili mentre sbaravagliano la concorrenza?

Finora in Germania gli affari della Byd sono andati un po’ a rilento. L’anno scorso la squadra di Noppenberger ha venduto settecento automobili, ma lui si dice “contentissimo” del risultato, visto che la Byd in Germania è ancora semisconosciuta. È su questo fronte che bisogna concentrarsi. Ecco il perché di un salone come questo. Un altro negozio è stato aperto alla fine di gennaio a Francoforte sul Meno. E ci sono progetti per Amburgo, Monaco e Berlino.

Qui a Stoccarda, un venerdì all’ora di pranzo, l’interesse per le auto della Byd – la sportiva Seal, la potente Tang – sembra piuttosto contenuto. In un’ora e mezza entrano a guardarle poche persone. In serata, spiega Noppenberger, c’è un po’ più di movimento. Allora torniamo la sera. La concessionaria è praticamente deserta. Si ferma un passante sulla sessantina, che chiede: “Che c’è scritto? P – y – d?”. Poi ne arriva un altro. Ha già cinque auto, “di quelle vere”, precisa: cinque Mercedes.

Forse i tedeschi si sono resi conto troppo tardi che i tempi erano cambiati

In teoria la concessionaria sarebbe già chiusa quando arriva un uomo con un po’ di tempo e d’interesse in più. Spiega che lavora alla Porsche e sembra pronto a trovare pessime queste auto cinesi. Del resto siamo a Stoccarda, mica a Shenzhen. “Questa è la terra della Porsche e della Daimler”, commenta sedendosi nella Seal e afferrando il volante. Da zero a cento in 3,8 secondi, gli spiega il venditore. L’uomo ascolta annuendo e poi esclama: “Prestazione notevole”. Un commento da non sottovalutare.

Poco prima di Natale, in un bar sulla Schlossplatz, incontriamo una persona che aveva già previsto tutto questo anni fa: Günther Oettinger, esponente dei cristiano-democratici (Cdu), ex capo del governo del Baden-Württemberg e poi commissario europeo, da sempre appassionato di Mercedes. Nel corso della sua carriera politica, Oettinger ha pronunciato molte frasi che hanno lasciato il segno, tra cui un monito alle case automobilistiche tedesche: non è il caso di riposare sugli allori, perché i cinesi “si alzano prima e fanno la doccia con l’acqua più fredda”.

Oettinger osserva che forse la Germania ha sperato per troppo tempo di poter salvare i suoi motori a combustione e si è resa conto troppo tardi che i tempi erano cambiati. In passato, per produrre e vendere auto in Cina, il più grande mercato automobilistico del mondo, i tedeschi collaboravano con le aziende cinesi perché erano costretti. Oggi invece vogliono farlo: la Volkswagen dal 2023 lavora con la Xpeng e sui software spera di imparare dai cinesi. Al salone di Monaco l’amministratore delegato della Volkswagen, Ralf Brandstätter, ha parlato di “forze diverse ma complementari”, cosa un tempo impensabile per un dirigente tedesco.

In passato sarebbe stato impensabile anche per Oettinger che, quindici anni fa, proprio a Monaco osservava auto cinesi che erano “scatole informi”: più che un pericolo, uno scherzo. E oggi? “Il design è elegantissimo, i software straordinari e il prezzo imbattibile”.

È ora di fare un giro di prova. Noppenberger scende nel garage dove ha parcheggiato l’auto aziendale: una berlina blu scuro modello Han che costa quasi 70mila euro e che dovrebbe fare concorrenza alla Mercedes Eqe. Si accomoda sul sedile in finta pelle destinato al passeggero, accendiamo il motore elettrico e partiamo. A un venditore come lui non sfugge la giovane coppia che osserva la Byd immettersi nel traffico cittadino: “Vede come ci stanno guardando?”.

Vecchie sfide

In un certo senso, a Stoccarda la nuova potenza automobilistica sta fronteg­giando la vecchia. Difficile dire come andrà a finire. Ma chi fa il tifo per i tedeschi dovrebbe parlare con Marcus Breitschwerdt. Lo incontriamo nel suo ufficio in una giornata di sole poco prima di Natale. Breitschwerdt è il capo della Mercedes Benz Heritage ed è anche il responsabile del museo dell’azienda a Bad Cannstatt, un distretto di Stoccarda.

La tomba di Gottlieb Daimler è a pochi chilometri, e dall’altra parte della strada c’è il quartier generale della Mercedes. Breitschwerdt ci tiene a chiarire subito una cosa: non è la prima volta che qualcuno afferma che l’industria automobilistica tedesca è sull’orlo del collasso. All’inizio degli anni novanta erano i giapponesi con le loro Toyota che facevano tremare i tedeschi. “Auto meglio equipaggiate, di migliore qualità e molto più economiche. Inizialmente non riuscivamo a crederci”. I tedeschi si misero a studiare l’avversario: una gestione improntata al perfezionismo, una produzione just-in-time, coordinata con le vendite. Giù a Zuffenhausen, quelli della Porsche fecero venire dei tecnici giapponesi per controllare e semplificare le fasi del processo di fabbricazione.

“La concorrenza”, osserva Breitschwerdt, “è un fatto positivo”. Naturalmente è consapevole che i rapporti di forza stanno cambiando, che in borsa la Tesla vale più di tutte le case tedesche messe insieme e che i cinesi stanno diventando più sicuri di sé. Ma la Germania non resterà indietro. Perché i tedeschi, soprattutto qui al sud, sanno come affrontare le sfide. D’altra parte è così che è nata la Daimler! Prima la gente non aveva niente, né risorse naturali né ricchezze, solo molta ambizione e molto zelo.

Nel museo della Mercedes si respira questa storia. È esposta l’automobile brevettata da Carl Benz, la prima macchina a benzina del mondo e, più avanti, si vedono la 300 di Adenauer, la papamobile di Giovanni Paolo II e l’auto rossa che Lady Diana dovette restituire dopo le proteste del governo e dei sindacati britannici: la principessa del Galles non poteva usare una macchina tedesca. Tutta questa tradizione, tutto questo orgoglio, e ora? Chissà se Daimler e Benz si stanno rivoltando nella tomba scoprendo che il loro motore a scoppio è vicino alla scadenza. Ma Breit­schwerdt scuote la testa: “Quelli erano pionieri e sono sicuro che direbbero: ‘Bella sfida. La vinceremo’”.

Alla Byd, invece, sono convinti del contrario. Se non fosse così, Noppenberger non venderebbe macchine cinesi. Armeggia con il display dell’auto e attiva una telecamera che mostra la berlina dall’alto, come in un videogioco. Cosa aveva detto prima nel salone? Che il vero concorrente dei cinesi è la Volkswagen, la più grande casa automobilistica tedesca, una multinazionale con 675mila dipendenti. Sostenere che la Dolphin della Byd diventerà la nuova Golf sembra ancora un azzardo, ma i cinesi non cederanno. Noppenberger alza il volume dello stereo: rock canadese. Solo che la batteria è al 6 per cento e dobbiamo andare verso le colonnine di ricarica davanti all’agenzia delle entrate. Tutte occupate, purtroppo. La Byd sarà pure pronta, ma la Germania ancora no. ◆ sk

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Questo articolo è uscito sul numero 1553 di Internazionale, a pagina 56. Compra questo numero | Abbonati