13 settembre 2012 15:41

Hillsborough, Sheffield, 15 aprile 1989. Semifinale della coppa d’Inghilterra (Fa cup). Liverpool contro Nottingham Forest, in campo neutro (come sempre per la semifinale). Lo stadio è vecchio e pericoloso. [Già nel 1981][1] ci sono stati feriti durante un’altra semifinale di coppa. Più di 24mila tifosi del Liverpool devono entrare nel Leppings lane end, divisi in settori recintati. In più, l’accesso al campo è bloccato da reti alte e metalliche, com’era la prassi in quasi tutti degli stadi in quegli anni.

L’operazione delle forze di sicurezza si concentra sull’ordine pubblico, ma il capo è David Duckinfield, un poliziotto poco esperto di stadi e di Sheffield. In breve tempo la polizia perde il controllo della situazione. La folla non riesce a entrare attraverso i pochi tornelli. Duckinfield decide di aprire un cancello, ma è una scelta disastrosa. Moltissimi tifosi cominciano a entrare in fretta in un’area già piena di gente.

In pochi attimi cominciano a morire schiacciati, soffocati. La polizia non reagisce. Per loro i tifosi sono pericolosi. Bisogna fermarli. Sono quelli dell’Heysel. Fuori dello stadio ci sono decine di ambulanze, ma solo una entra in campo per aiutare i tifosi. Lo spettacolo è terrificante. Si vedono persone morire in diretta, davanti ai nostri occhi, con la polizia (non tutta) che li guarda dall’altra parte della rete.

Ci sono 95 vittime (un’altra, Tony Bland, morirà dopo anni di coma nel 1993). Sono soprattutto giovani. Trevor Hicks perde due figlie (Sarah, 15 anni, e Victoria, 19).

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Subito dopo il disastro, la polizia comincia a depistare e insabbiare la verità. La strategia è semplice. Danno la colpa alla vittime, sfruttando lo stereotipo dei sostenitori del Liverpool e dei tifosi in generale. “Erano ubriachi, senza biglietti, violenti, ladri”, viene detto. Queste bugie sono confezionate e rilasciate a un’agenzia di stampa.

Molti giornali riproducono questa versione dei fatti, ma solo uno la mette in prima pagina. Il Sun, popolare tabloid di Rupert Murdoch, pubblica tutto il 19 aprile. È una delle pagine più nere della storia del giornalismo. Il titolo è

The truth e l’articolo parla di tifosi che derubano i cadaveri e urinano sulla polizia che cercava di aiutare le vittime. Incredibilmente, questa versione rovesciata della realtà per molti diventa la verità. A Liverpool, dall’aprile del 1989 è molto difficile trovare una copia del Sun. Non hanno perdonato quell’articolo.

Le famiglie cominciano una lunga e faticosa battaglia per ottenere verità e giustizia. Trevor Hicks diventa uno dei leader della protesta. Intanto le reti negli stadi cadono, per sempre, in Inghilterra e Scozia. Ma l’insabbiamento della verità continuerà per molti anni nonostante una serie d’inchieste, processi, documentari e libri. Fino al 2009, quando il ministro laburista Andy Burnham ordina una nuova inchiesta, questa volta con tutti i documenti disponibili.

Finalmente, il 12 settembre 2012 è stato il giorno della svolta. Il premier David Cameron ha chiesto scusa, a nome dello stato ma anche della nazione intera, alle famiglie delle vittime. Il rapporto diffuso dal governo è devastante. La polizia ha aggiustato la verità, fin dall’inizio. Molte delle vittime potevano essere salvate.

Il disastro è stato creato da una combinazione di fattori – lo stadio, la polizia, le ambulanze chiuse fuori – ma non dai tifosi. La polizia ha fatto anche un test sul sangue delle vittime (anche dei ragazzi) e ha controllato la fedina penale dei morti. Cercavano già un po’ di fango da gettare addosso a quelli che non c’erano più. Persino il Sun alla fine ha chiesto scusa, dopo 23 anni. Adesso ci saranno dei processi. Molti poliziotti del 1989 sono ancora in servizio. Ma ci sono anche delle responsabilità politiche. Che cosa sapeva, esattamente, Margaret Thatcher? Perché nessun governo ha ascoltato le famiglie fino al 2009?

Intanto il calcio inglese è cambiato completamente. Gli stadi sono nuovi, puliti e sicuri. Si può andare anche con bambini in braccio e arrivare cinque minuti prima della partita. Il controllo dei flussi è molto efficiente. Basta andare a Wembley per capirlo. Il disastro di Hillsborough, dopo 23 anni, è servito da lezione.

E in Italia? La maggior parte degli stadi è vecchia, pericolosa e blindata. Con tornelli, reti, barriere e poliziotti in assetto da guerra. Andare alla partita è un’impresa. È scomodo, sporco e qualche volta umiliante. Ci sono delle isole felici (Juventus, Udinese) ma il sistema rimane imprigionato dentro la mentalità che vede la partita come una questione di ordine pubblico, non come uno sport.

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