Courtney Barnett (Mia Mala McDonald)

Courtney Barnett non è proprio la voce della sua generazione. A 33 anni, ha solo alcune delle caratteristiche che definiscono i millennial, come il bisogno di giustizia sociale, le dipendenze tecnologiche e l’esplorazione di nuove identità etniche e di genere. Tuttavia nel suo terzo album la cantautrice australiana cattura profondamente qualcosa del modo in cui lei e i suoi contemporanei si relazionano l’uno con l’altro. Le canzoni, dolci e aperte, danno voce non solo alle ansie sociali di una generazione ma propongono anche una via empatica per confrontarsi. Things take time, take time realizza gli istinti melodici di Barnett e i temi che ha esplorato in passato. Le dieci canzoni contengono tutta la solitudine che ha provato mentre le scriveva, in lockdown a Melbourne. Così, invece della solita band che la accompagna in tour, al suo fianco c’è solo Stella Mozgawa, batterista delle Warpaint; il risultato è intimo e accogliente, con molti pezzi che si reggono su semplici basi di drum machine. Ma non è un album triste, anzi è la cosa più gioiosa che Barnett abbia scritto, perché rivela la sua perseveranza nel restare in contatto con il mondo invece di allontanarsene. Se Bob Dylan aveva il polso della sua generazione, Courtney Barnett mette una mano sulla spalla della sua.

Jeremy Winograd,Slant Magazine

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Questo articolo è uscito sul numero 1435 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati