La parola prequel mi fa venire l’orticaria. Spesso ormai non significa molto di più di un cinico modo per spemere un altro po’ di succo da una serie già esaurita, o un reboot che aggiunge un velo di ironia a un originale molto amato dal pubblico. Prey è diverso. Diretto da Dan Trachtenberg (10 Cloverfield lane), rimane fedele all’essenza del primo Predator (1987) ma è anche un film soddisfacente preso di per sé. È ambientato nella nazione comanche, trecento anni fa. La protagonista è Naru (la formidabile Amber Midthunder), una guerriera e abile cacciatrice impegnata in un lungo corpo a corpo con una società patriarcale. Il selvaggio sfondo naturale, con lupi, foreste e tramonti infuocati, sembra uscito da una cartolina, almeno finché non è ricoperto dal sangue e dalle membra strappate di un gruppo di orribili coloni arrivati dall’altra sponda dell’Atlantico.
Wendy Ide, The Observer

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Questo articolo è uscito sul numero 1474 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati