La base di Multitudes è fatta di arrangiamenti ingannevolmente semplici. Ma sotto la superficie si trova sempre qualcosa di più complesso e attentamente calcolato. Il brano di apertura, In lightning, va subito al cuore dell’album di Feist con un clamore di voci che si affievoliscono per concentrarsi solo su di lei. Linee di synth aggiungono un po’ di colore, gli archi si alzano e si abbassano nel mix senza mai intromettersi, e in Forever before arrivano perfino dei rumori industriali. Ma la voce e i testi meravigliosamente evocativi della cantante canadese sono ancora l’attrazione principale, spesso accompagnati solo da una chitarra acustica: siamo in piena modalità Joni Mitchell (connazionale di Feist) offrendo un degno successore dei suoi magnifici lavori degli anni settanta. “Cosa deve finire perché cominci per sempre?”, chiede Feist in Forever before, riassumendo gli sconvolgimenti (nascita, morte) del periodo di gestazione del disco. Ma, a parte qualche grido in Borrow trouble, lei sembra imperturbabile, considerando le sue gioie e i suoi dolori con uguale rispetto. È un album maturo. Bisogna dedicargli molta attenzione, ma vale sempre la pena di scoprire cos’ha da dirci Feist.
Lewis Wade, The Skinny

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Questo articolo è uscito sul numero 1508 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati