Ali Smith scrive storie che si trasformano in incantesimi e scambi di battute che diventano dialoghi platonici e chiacchiere da music-hall. Tocca temi moderni come la crisi climatica, la migrazione e la pandemia, ma in modo obliquo. In Coda ci sono due filoni narrativi che s’intrecciano in modo soprannaturale. La protagonista di quello principale è Sandy. Suo padre è malato, così lei si trasferisce a casa sua per prendersi cura del cane. Una sera riceve una telefonata da un’ex compagna di scuola, Martina, che vuole raccontarle una storia. Le due non si sono mai piaciute molto. Le loro conversazioni sono scontrose, ma le storie che si scambiano le trasformano. Coda è una storia di lockdown. Le persone, tra cui Sandy, siedono fuori dall’ospedale e guardano le finestre del reparto in cui probabilmente stanno morendo i loro cari. La trama secondaria introduce una fabbra che viaggia nel tempo capace di costruire cose bellissime. Tra loro c’è una famosa serratura, tutta ricoperta di foglie d’edera in ferro battuto, che è al centro della storia raccontata da Martina. Le visioni liriche si alternano alla farsa e poi al commento esasperato sull’incongruenza tra le due cose. Echi shakespeariani risuonano nel libro. Le favole lo arricchiscono: sui padri e sulle figlie, sui fratelli intercambiabili, sugli animali magici e sull’indeterminatezza sessuale.
Lucy Hughes-Hallett, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1515 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati