Anne e Sigrid, madre e figlia, insegnante di scienze e medica. La più grande ha 67 anni, la più giovane appena quaranta. La loro casa è una piccola fattoria in un villaggio nella Norvegia occidentale. Sigrid si è trasferita da tempo a Oslo con il marito e i figli. Non sopporta il villaggio, il luogo in cui tutto è andato storto da quando era bambina. Non riesce nemmeno a dimenticare le cure insufficienti di sua madre, e il suo tradimento quando suo padre Gustav ebbe un ictus dopo l’altro. L’uomo ora è in una casa di riposo, distante nello sguardo e nei pensieri. Anne e Sigrid sono le narratrici in prima persona del libro e si alternano ritmicamente l’una con l’altra in ogni capitolo. Tra vecchi e nuovi rancori, amarezze e aspettative, la vita di Anne è quasi finita. Sta per andare in pensione e ne ha paura, ma poi prevale la stanchezza, le forze l’abbandonano. Ha un cancro, che sembra sotto controllo ma poi si diffonde. Flatland scrive in modo diretto, evidenzia il lato prosaico di questo dramma familiare. Le sue frasi sono ponderate e ben formate, ma non indulgono mai in sperimentazioni o abbellimenti. Mentre il testo procede senza scosse, il lettore può percepire e registrare tutte le emozioni che lo accompagnano. Fino alla fine è un romanzo che si ricorda a lungo. Il percorso di queste persone fragili può essere doloroso da leggere. Ma Flatland dimostra che il romanzo realistico ha ancora il suo posto nel mondo. Anche grazie a un finale eccezionalmente bello: vita e morte in un’unica soluzione.
Leif Ekle, Nrk

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1532 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati